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12 Agosto 2021
12:46

La storia dei tori in fuga a San Gillio: «No all’abbattimento, accogliamoli in rifugio»

Il 6 maggio scorso cinque esemplari di razza Camargue sono fuggiti da un maneggio disperdendosi sulle colline piemontesi. Tre sono morti, ne restano due, che per ordinanza dei sindaci e del prefetto in caso di cattura verrebbero abbattuti. La Lav di Torino lancia l’appello per salvarli offrendosi di trasferirli in un posto protetto.

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tori san gillio
Credit Sos Gaia

«Non abbattete i tori superstiti di San Gillio»: a lanciare l’appello è la Lav Torino, che insieme con altre associazioni ambientaliste si è mobilitata per offrire un rifugio ai due – o uno solo, le tracce non sono chiare – tori scappati da un maneggio ormai tre mesi fa.

Un passo indietro: al centro della vicenda ci sono cinque tori di razza Camargue che lo scorso 6 maggio sono fuggiti da una stalla facendo perdere le loro tracce nelle campagne piemontesi della val Ceronda. Gli animali si erano divisi ed erano stati avvistati e fotografati in zone diverse, ma nessuno è mai riuscito a catturarli, neppure con i proiettili al sonnifero che gli operatori della Asl avevano pronti e neppure sfruttando i droni per le ricerche: i tori sono riusciti ogni volta ad allontanarsi e nascondersi, diventando imprendibili.

La situazione si è fatta complessa quando la fuga degli animali ha avuto ripercussioni sulla sicurezza pubblica. Uno dei tori ha provocato un incidente stradale, morendo sul colpo, e un altro ha ferito lievemente una donna che stava accudendo alcuni cavalli in zona La Cassa. I sindaci del territorio, insieme con il prefetto, hanno quindi emesso un’apposita ordinanza che ne autorizza l’abbattimento, destino toccato proprio al toro che ha ferito la donna. Un terzo esemplare è stato invece trovato morto, probabilmente per denutrizione anche se le cause non sono ancora chiare, e all’appello ne mancherebbero ancora due, anche se le tracce indicano la presenza di uno soltanto nella zona.

Perché i tori non possono restare in libertà?

Enrico Moriconi, medico veterinario e garante per i Diritti degli Animali della Regione Piemonte, ha cercato anche di fare chiarezza, analizzando anche le possibili cause alla base della mancata cattura.

«La vicenda merita anche una osservazione etologica, poiché evidenzia che il gruppo dei cinque animali si è diviso assecondando le abitudini naturali che spingono gli esemplari maschi a non convivere insieme ma a cercare strade individuali – ha spiegato – Gli enti ufficiali sanitari hanno cercato di mettere in atto delle iniziative volte alla cattura con esiti non favorevoli, come dimostra la realtà dei fatti. In certi momenti dei tori si erano perse le tracce e qualcuno aveva ipotizzato un loro esodo in altre aree, forse anche in montagna, ipotesi al momento non realistica. Il toro, o i due tori rimasti si dimostrano eccezionalmente abili nel sottrarsi poiché fiutano la presenza delle persone e si allontanano, nascondendosi nel folto dei boschi e rendendo difficile la loro cattura».

Moriconi ha chiarito anche perché a oggi, vista la conformazione del territorio, non è possibile lasciare che i tori vivano in libertà: «Purtroppo l’antropomorfizzazione del territorio (il Piemonte proprio in questi giorni viene indicato come il maggior sviluppatore di nuove costruzioni) rende quasi impossibile la loro permanenza allo stato libero – ha spiegato – e perciò si deve dare atto che le autorità preposte hanno insistito con le iniziative incruente per catturare senza uccidere gli animali; proprio per questo la conclusione di questa vicenda non può che essere il destinare il toro, o i due tori catturati ad un rifugio dove continuare la vita in tranquillità».

Da qui l’annuncio di Lav Torino, che si è detta disponibile a farsi carico degli animali: «Ci impegniamo a trovare una sistemazione in rifugio per l'ultimo toro rimasto – si legge in una nota – Facciamo appello al proprietario affinché  qualora l'animale venisse catturato, non lo mandi al macello».

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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