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30 Gennaio 2022
17:00

In Africa i safari tornano dopo la diffusione del covid-19: la guida racconta le emozioni dell’incontro con gli animali

Massimo Vallarin è ranger e guida safari di lungo corso. In Kenya dal '92, accompagna i turisti per vivere la straordinaria emozione di un incontro ravvicinato con gli animali più iconici del pianeta.

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Giornalista
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Si riparte. Si torna ad annusare l’odore di savana, la polvere alzata dai fuoristrada. L’Africa chiama e, con lei, i suoi animali. Leoni, innanzitutto. E poi elefanti, ippopotami, rinoceronti e coccodrilli. L’Africa delle grandi scimmie, dei gorilla e delle giraffe. L’Africa che tutti, almeno una volta nella vita, sognano di incontrare. Massimo Vallarin, che di mestiere fa la guida safari in Kenya, quest’Africa la vive ogni giorno dal 1997. L’ha scelta e voluta, poi l’ha sposata per sempre. Solo il covid ha interrotto i suoi safari. Ma oggi, finalmente, è tornato sulle strade d’Africa. «Dopo due anni d’inattività, con il turismo italiano, finalmente sono ripartito ieri per un safari di ben 15 giorni con quattro professionisti, giunti in Kenya per ragioni lavorative – ci racconta dall’altro lato del Mediterraneo. – Visiteremo i migliori parchi e riserve nazionali del Kenya incluse alcune Wildlife Conservancy come Lewa Downs e Ol Pejeta».

Alla scoperta degli animali più iconici, in quel viaggio nella savana che non si dimentica

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Il lungo tour è iniziato dal Parco Nazionale di Nairobi, subito fuori dalla città. Ed è stato salutato dall’incontro inaspettato con un rinoceronte nero, che ha attraversato la strada all’auto condotta da Vallarin. «Se il buon safari inizia dal primo giorno, non possiamo che pensare che sarà un gran safari». Già, perché a questo servono i safari. Ad incontrare gli animali, nel loro territorio, dove sono i padroni di casa. Ammessi eccezionalmente nei loro grandi spazi, accolti silenziosamente là dove si muovono a loro agio, in un perfetto equilibrio con la natura che li circonda. Magari armati di macchine fotografiche perché una foto, quella si è un ”trofeo” prezioso da portare a casa, insieme ai ricordi.  «Fotografarli non è difficile ma possono essere animali pericolosi», dice Massimo mentre cominciamo a parlare di elefanti. Specialmente se sono branchi di femmine con cuccioli o maschi in condizione di “must” o “musth”, cioè quando raggiungono livelli di testosterone parecchie volte superiori al normale. Si nota dalle secrezioni che colano dalle ghiandole temporali».

Gli elefanti: maestosi e fantastici. Ma attenzione alla distanza e anche a dove tira il vento

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Ma gli elefanti, con la loro disarmante maestosità, sono il sogno di ogni safari. Si fa fatica a pensarli pericolosi, malgrado la stazza. «Beh, incutono rispetto, diciamo così. Sono animali che raggiungono le 5 tonnellate, quindi fanno un po’ impressione. Animali fantastici». Massimo ne ha incontrati parecchi in questi anni di vagabondaggi turistici nella savana. Li ha osservati a lungo, in varie occasioni, studiandone le reazioni e quindi concettualizzando un comportamento se non ideale, almeno utile da adottare in loro presenza. «Una guida safari deve conoscere molto bene il loro carattere e il loro comportamento e dai loro atteggiamenti deve capire se sono tranquilli, aggressivi o se ti stanno tenendo d’occhio – spiega – Molte volte sembrano tranquilli, ma possono girarsi di colpo e caricarti». Ci sono però delle buone regole che è sempre bene tenere presente. «Bisogna fare molta attenzione ad avvicinarsi. Bisogna considerare la distanza da loro, la loro posizione rispetto al veicolo, la direzione del vento e, importantissimo, considerare sempre di avere una via di fuga davanti o lateralmente. In retromarcia e in una pista, non si può sfuggire ad un elefante che può raggiungere i 40 km all’ora».

Attenzione alla distanza e alle dimensioni del parco. L'imprevedibilità può essere un pericolo

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Quindi che tipo di accortezze deve prendere una guida safari per evitare pericoli per se, per gli ospiti e, ovviamente, per gli animali che si incontrano? «Nel caso degli elefanti, se le condizioni di sicurezza non sono ideali, non ci si deve fermare. A volte i miei ospiti vorrebbero fermarsi in un determinato punto per fare foto più belle ma se reputo che la sicurezza non è al 100%, non mi fermo. Con gli elefanti, in particolare, decido io dove e quando fermarmi. E quando mi fermo, devo continuamente tenere sotto controllo i pachidermi».

Ma anche le caratteristiche del parco dove si svolge il safari possono fare la differenza, spiega Massimo a Kodami che dice di essersi sentito attratto dall’Africa prima ancora di averla visitata, come per un “mal d’Africa” precoce. «Possono essere pericolosi anche quando non sono abituati ai veicoli – sottolinea – tipo nel Parchi Nazionali di Tsavo Est e Ovest perché sono parchi molto grandi, in particolare Tsavo Est, in maggior parte non visitato dai turisti. In posti così è addirittura sconsigliato spegnere la macchina in loro prossimità. Perché sono molto imprevedibili. Meglio essere sempre pronto a partire. Soprattutto in Tsavo».

Il conflitto uomo/animale che mette in pericolo la sopravvivenza degli animali selvatici

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In Africa dal ’92, quando compra la prima casa, guida safari da ’97, dopo aver studiato e dato gli esami per diventare guida certificata, Massimo è vicepresidente dell’Associazione Italiana Esperti d’Africa ma, soprattutto, direttore onorario del Kenya Wildlife Service, l’istituzione che conserva e gestisce la fauna selvatica kenyota. Dice di ricordare ancora oggi perfettamente il primo “incontro” importante.

«Certo. Un branco di 16 leoni in una riserva privata. Difficile al giorno d’oggi trovarne così tanti in una volta. La loro diminuzione di nota benissimo. E il problema più grande per la loro conservazione è il conflitto uomo/animale. Gli animali sono diminuiti a causa dell’aumento della pressione dell’uomo sulle aree selvagge, parchi e riserve. Molto semplicemente le vacche dei pastori invadono le zone selvagge e i leoni uccidono le vacche. Allora i leoni vengono uccisi col veleno dai pastori. Oppure i coltivatori coltivano vicino alle aree selvagge e gli elefanti gli distruggono le coltivazioni. E allora i coltivatori uccidono gli elefanti con lance e frecce. Viene chiamato “human/wildlife conflict” ed è la peggior forma di bracconaggio qui in Kenya».

Mai vicino agli animali e nessun contatto

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Hai mai avuto incidenti? «Incidenti no ma fughe improvvise molto spesso… Il figlio di mia moglie, Tiziano, guida professionista in Sudafrica anche lui, è stato caricato e ribaltato con la macchina da un maschio in must sbucato da dietro una curva in una pista stretta e vegetata. Impossibile fuggire. Non c’è stato neppure il tempo, oltre che lo spazio. È stato molto fortunato ad uscirne vivo e per fortuna era da solo in auto».

Senti la responsabilità di avvicinare troppo gli uomini agli animali? Temi in qualche modo che l’assuefazione alla presenza umana potrebbe danneggiarli? «No, perché io non porto gli uomini vicino agli animali e neppure interagisco con loro. Una guida eticamente non può farlo. Io porto un auto con degli uomini vicino agli animali. Gli animali non associano l’auto all’uomo. Anzi, gli animali selvatici, per natura, si tengono lontani dall’uomo. A meno che quest’ultimo non invada il loro territorio. Allora o fuggono o si difendono».

La legge della natura prima di ogni altra cosa

Cosa racconti ai tuoi ospiti mentre li porti nella savana speranzosi di fare uno di quegli incontri che non dimenticherai mai più? «Io sono anche un ranger. Devo proteggerli ma rispettando però le leggi della natura. Sai, io devo parlare della natura in genere e devo sensibilizzare sulle problematiche della conservazione. E poi racconto dell’Africa. Devo far in modo che i miei ospiti tornino a casa più consapevoli e innamorati anche loro di questo meraviglioso Paese e devo dire che ci riesco abbastanza bene. La maggior parte dei miei ospiti tornano in safari con me, prima o poi, o lo consigliando ad altri. Con molti, nasce un’amicizia vera». Un’ultima piccolissima domanda. Cosa ti hanno insegnato gli animali in tutti questi anni? «Ad agire d’istinto e la libertà». Forse la cosa più importante.

Tutte le foto dell'articolo sono su gentile concessione di @MassimoVallarin

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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