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7 Dicembre 2022
13:03

Il Comune può vietare di tenere gatti in casa?

Il Comune può vietare di avere gatti in casa? Per rispondere a questa domanda bisogna tenere presente che il Sindaco è l'autorità locale e ufficiale di Governo, ha quindi il potere di adottare provvedimenti d’urgenza anche in relazione agli animali domestici. Vediamo però in che termini.

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gatto

Il Comune può vietare di avere gatti in casa? Per rispondere a questa domanda bisogna tenere presente che il Sindaco, quale autorità locale ma anche quale ufficiale di Governo, ha il potere di adottare – sempre motivandoli adeguatamente – provvedimenti d’urgenza al fine di allontanare dei gatti domestici da un’abitazione, qualora le modalità di custodia degli stessi provochino evidenti problemi di natura igienico-sanitaria. Tali provvedimenti devono basarsi su relazioni di accertamento redatte dalla polizia locale e dall’autorità sanitaria competente per territorio.

Quando il Comune può vietare di tenere gatti in casa?

Le statistiche ci raccontano come il numero dei gatti che abitano nel nostro Paese sia in costante crescita. Anche se ancora (purtroppo) non è possibile avere dei numeri esatti, la cifra stimata si attesta attorno agli otto milioni di esemplari. Oltre due milioni tra questi vivono liberi e si organizzano in colonie; i restanti, quasi sempre, vivono all’interno delle nostre abitazioni.

Perché quel quasi? Perché in taluni casi le condizioni della loro custodia non sono certo ottimali ed anzi vanno a compromettere il benessere degli stessi animali e persino a causare situazioni di elevato rischio dal punto di vista igienico-sanitario. Si pensi, per fare un esempio tipico, ai casi in cui si verificano dei veri e propri “accumuli” di gatti in spazi ridotti e nei quali non vengono raccolte le deiezioni. Animali e persone si trovano a vivere letteralmente tra gli escrementi, con grave pericolo per la salute degli uni e degli altri.

Ci si chiede se in tali evenienze il Sindaco possa intervenire ed emanare delle ordinanze urgenti per allontanare i gatti dall’abitazione.

Ebbene, la risposta offerta da costante giurisprudenza è affermativa. I giudici amministrativi in più occasioni hanno avuto modo di chiarire come il Sindaco, nella propria veste di autorità locale ma anche quale ufficiale di Governo, abbia il potere di adottare – sempre motivandoli adeguatamente – dei provvedimenti d’urgenza (ordinanze) col fine di risolvere evidenti ed urgenti problemi di natura igienico-sanitaria. Nell’esercizio di tale potere il Sindaco deve sempre prima verificare che sussistano determinati presupposti essenziali quali, appunto, la ragione di sicurezza e igiene pubblica, l’attualità e imminenza del fatto eccezionale da rimuovere con urgenza, il preventivo accertamento della situazione di pericolo da parte delle autorità a ciò competenti.

Nel caso di cui si parla (allontanamento dei gatti), affinché il Sindaco possa legittimamente emanare un’ordinanza con la quale disponga l’allontanamento è essenziale che vi sia stata una previa verifica dello stato dei luoghi, delle persone e degli animali, da parte dell’autorità sanitaria pubblica territorialmente competente e della Polizia Locale. L’ordinanza si deve fondare su relazioni circostanziate da cui risulti un evidente problema igienico e di benessere dei gatti, dei loro custodi e di eventuali terzi. Allo stesso tempo, i Giudici chiariscono come una volta risolte le problematiche ed eliminata la condizione di urgenza – sempre che ciò sia possibile tenuto conto delle particolarità del caso concreto – i gatti devono tornare a vivere con i loro custodi.

Cosa è permesso dalla legge?

Salvi i casi particolari trattati nel paragrafo precedente, nei quali è sicuramente interesse di tutti l’allontanamento (quantomeno) temporaneo dei gatti, c’è da chiedersi se vi siano altre ipotesi in cui agli amati felini sia precluso vivere all’interno di un’abitazione.

Anche in questo caso la risposta è affermativa. Infatti, sia in ambito condominiale che nel caso delle locazioni è ben possibile avere dei divieti di detenere gatti in casa.

Nella prima ipotesi, a fronte di una normativa (articolo 1138, ultimo comma, del Codice civile) che stabilisce come le norme del regolamento condominiale non possano vietare di possedere o detenere animali domestici, la giurisprudenza ritiene che quelle del regolamento condominiale avente natura contrattuale possano invece legittimamente farlo. Per i giudici il regolamento originario del condominio (quello che può essere modificato soltanto all’unanimità) può impedire di convivere con uno o più gatti in appartamento.

Allo stesso modo, il proprietario di un immobile, quando lo offre in locazione, può scegliere liberamente di inserire nel contratto una clausola che vieti all’inquilino di accudirvi gatti o altri animali. In quest’ultimo caso se il conduttore sottoscrive il contratto ne sta accettando il contenuto e, di conseguenza, sta accettando anche quella clausola di divieto espresso. Non potrà successivamente lamentarsene.

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Salvatore Cappai
Avvocato
Avvocato con la passione per la divulgazione. Mi occupo di diritto civile, con particolare riguardo ai campi della responsabilità civile, dell’assistenza alle imprese e del “diritto degli animali”. Mi sono avvicinato a quest’ultima materia circa dieci anni fa, quando ho incontrato Gaia, la mia cagnolina, che ha stravolto la mia visione sul mondo degli animali e sulla vita assieme a loro. La mia community social, nella quale da anni informo con semplicità su tematiche giuridiche, conta oltre 350.000 iscritti.
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