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31 Ottobre 2022
9:00

I sensi del cane: i soliti 5 o più?

Gli organi di senso nel cane sono 5: gli occhi per la vista, le orecchie per l’udito, la pelle per il tatto, la lingua per il gusto e il naso per l’olfatto. Vediamo come sono sviluppati, come li utilizzano e quali sono i sensi "extra" che noi uomini non abbiamo.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Tutti gli esseri viventi si interfacciano con il mondo attraverso quelle che vengono definite «finestre percettive» rappresentate da organi di senso, e questo vale sia per gli animali che per i vegetali. Il regno animale, in particolare, è ricco di organi di senso giacché nella storia evoluzionistica della vita sulla Terra la natura ha avuto tempo e modo di sperimentare un po’ di tutto.

Per quanto concerne i mammiferi, ai quali apparteniamo naturalmente noi e i cani, gli organi di senso sono 5: gli occhi per la vista, le orecchie per l’udito, la pelle per il tatto, la lingua per il gusto e il naso per l’olfatto. Naturalmente però le sfide evoluzionistiche delle varie specie animali hanno plasmato gli organi di senso e le componenti cognitive ad essi legati in modo peculiare. Quindi, benché si possano condividere organi simili tra le diverse specie, essi possono anche essere strutturati e funzionare in modi molto diversi. Vediamo i 5 sensi del cane, confrontandoli ai nostri per scovare similitudini e differenze.

La realtà è soggettiva

Gli organi di senso mettono un individuo in contatto con la realtà che lo circonda in modo tale che possa vivere assolvendo ai suoi bisogni e trasmettere con la riproduzione il proprio patrimonio genetico alle generazioni future. Ma ogni specie animale vive in una realtà differente dalle altre specie e questo è facilmente comprensibile soprattutto se si confrontano animali separati nella storia evoluzionistica da milioni di anni, come per esempio accadrebbe nel paragonare la realtà percepita da un gatto e da una lumaca.

Più complesso quando si confrontano un cane e un gatto che hanno organi di senso molto simili ma anche in questo caso si parla di due mondi molto diversi e non solo per come funzionano i sensi ma soprattutto per come le informazioni da essi rilevate vengono elaborate a livello cognitivo.

Inoltre va detto che non ci sono solo differenze tra specie e specie, ma anche all’interno della stessa specie la realtà è percepita a livello soggettivo, quindi anche a parità di organi di senso la ricostruzione cognitiva, le rappresentazioni mentali interne  possono differire grandemente. Questo soprattutto per dire che noi e i nostri cani, pur condividendo grossomodo le stesse finestre percettive, viviamo immersi in realtà differenti che certamente hanno dei punti in comune. Grazie a ciò però possiamo capirci e comunicare tra di noi e questo fatto è abbastanza raro tra altre specie soprattutto se pensiamo a quanto raffinata può essere l’intesa con il cane. Talvolta tanto raffinata da gareggiare con l’intesa che noi stessi abbiamo con i nostri simili. Ma questa è un’altra storia.

La vista del cane

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Partiamo dalla vista, il senso che meglio possiamo comprendere, se non altro perché è quello che noi umani stimoliamo maggiormente soprattutto nella società odierna, dove gli altri sensi sono messi un po' in secondo piano. Il cane è un animale crepuscolare, a differenza nostra che siamo diurni, e ha quindi sviluppato il senso della vista per essere maggiormente efficace nelle fasce orarie in cui la luce scarseggia, in pratica dal tramonto all'alba.

I recettori che ha sulla retina (coni e bastoncelli) sono simili ai nostri, ma lui ha solo due tipi di coni, che sono i recettori dei colori: ha quelli del giallo e del blu, manca quello del rosso. In sostanza ciò significa che il cane il verde, il giallo e il rosso li percepisce come differenti tonalità di giallo/grigio, mentre è molto bravo a discriminare le varie tonalità del blu.

Se ci pensiamo è logico che un animale crepuscolare che si muove quando il sole è già tramontato, non percepisca il rosso: a cosa gli servirebbe? Mentre il blu è il colore prevalente del crepuscolo ed essere bravo nel distinguere le varie tonalità significa essere più capace a rilevare le possibili prede che si nascondono nell'ombra. Inoltre i bastoncelli, gli altri fotorecettori che popolano la retina, nel cane sono molto sensibili e con una maggior concentrazione nella parte centrale della retina, e questo li aiuta a rilevare con maggior accuratezza il movimento, oltre che ad amplificare l'intensità della luce.

Ma i cani hanno in serbo un'altra meraviglia della biologia, il tapetum lucidum. Di cosa si tratta? Beh, è un prodigio che consente agli animali crepuscolari e notturni di amplificare la scarsa luce ambientale per vederci bene anche di notte: quando a noi pare ci sia buio pesto, loro sono in grado di vederci. Si tratta di una membrana riflettente posta dietro la retina del cane. La luce che entra nella pupilla colpisce la retina (coni e bastoncelli) poi colpisce il tapetum lucidum riflettendosi una seconda volta sulla retina, con l'effetto di amplificare moltissimo l'intensità della luce.

Inoltre la vista del cane può contare su un campo visivo più ampio rispetto al nostro, che è di circa 180°, nel cane arriva anche ad essere di 220°. Naturalmente questo ha a che fare con una differente disposizione dei bulbi oculari che nell’uomo sono frontali. Va comunque detto che questo parametro deve tener conto delle differenti morfologie del cranio tipiche delle molteplici razze canine.

Inoltre, data la conformazione del cristallino e la posizione della retina, i cani sono molto più efficienti nel mettere a fuoco a distanza. E anche questo ha un senso per un predatore che attua una caccia ad inseguimento, dove l’avvicinamento alla preda è graduale. Serve essere bravi a vedere i propri bersagli già da lontano in campo aperto, rilevare anche il più piccolo movimento a grandi distanze.

L’olfatto del cane

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Quando si parla del senso più sviluppato nel cane non si può sbagliare: è l'olfatto. In questo caso, come vedremo, viene molto difficile fare un paragone tra l'olfatto del cane e il nostro, vi è infatti una disparità tale che per noi è praticamente impossibile comprendere cosa significhi percepire il mondo attraverso il naso come fa un cane. Credo che la persona che sia stata più in grado di descrivere il mondo attraverso questo senso sia stato Patrick Suskind con il suo strepitoso romanzo "Il profumo", dove non si parla certo di cani, ma attraverso la sua arte narrativa Suskind è in grado di avvicinarci a quello che forse un cane percepisce.

L’olfatto è il senso che fornisce una descrizione chimica dell’ambiente attraverso il naso, che nel cane prende il nome di tartufo, data la sua conformazione e colore che ricorda proprio il prezioso tubero (o forse è vero il contrario?). Non ve n’è uno uguale ad un altro: il pavé fatto di migliaia di microsolchi che lo ricoprono è una firma identificativa, in pratica è come per le nostre impronte digitali.

Le molecole odorose fluttuanti nell’aria, o sparse sulle superfici e il terreno, vengono inspirate attraverso le narici (che hanno anche un’apertura laterale e sono molto mobili) nella canna nasale dove si depositano sulla mucosa olfattiva. Ed è soprattutto qui che appare chiara l’enorme disparità tra esseri umani e cani: il cane ha una superficie epiteliale olfattiva che, se fosse distesa a mo’ di fazzoletto, avrebbe una superficie di 150 cm2, in alcune razze particolarmente dotate anche molto più estesa, mentre noi arriviamo a malapena a 3 o 4 cm2. Ciò rende la capacità del cane di identificare e discriminare le sostanze odorose di qualcosa come 100.000 volte superiore alla nostra.

Sulla mucosa olfattiva si trovano i recettori delle molecole odorose, che sono circa 150.000 per centimetro quadrato, i quali inviano impulsi al bulbo olfattivo posto nella parte ventrale del cervello attraverso il nervo olfattivo. Il bulbo olfattivo primario è una sorta di centralina di analisi che invia principalmente informazioni alla corteccia olfattoria del cervello del cane dove, a livello cosciente, il cane analizza il significato degli odori e li immagazzina nella memoria. Una memoria incredibile per quanto concerne questo tipo di informazioni. Se un cane vi ha annusato e registrato il vostro odore lo ricorderà per tutta la vita, soprattutto se legato ad emozioni intense (nel bene e nel male, ovviamente).

Naturalmente abbiamo qui semplificato il complessissimo sistema olfattivo del cane, sistema che lo proietta in una realtà che ai nostri occhi, o forse sarebbe meglio dire “nasi”, non avrebbe senso. Un cane è in grado di rilevare 1 ml di sangue disciolto in 700 ml d’acqua e posto su varie superfici anche ad un anno o più di distanza. Ma con tutti gli esempi che possiamo fare ci rimane difficile comprendere se non con un notevole sforzo di fantasia.

I cani sono in grado di fiutare i giorni, le ore, il tempo che passa. Questo per noi non ha molto senso, come non l’avrebbe chiederci che odore ha una bella giornata, ma per loro sì. Sono in grado di rilevare il nostro stato emotivo e stato di salute. Sono in grado di rilevare cellule cancerogene nel corpo umano meglio delle più sofisticate attrezzature mediche di diagnosi. Attraverso l’olfatto il cane percepisce il presente, ma anche il passato e il futuro: tutto in una frazione di secondo infinitesimale.

Studi relativamente recenti (2011), condotti in Italia dal noto scienziato Giorgio Vallortigara, che hanno visto coinvolte le università di Trento e di Bari, hanno evidenziato alcune curiosità in merito al tartufo del nostro Fido. Si trattava di studi sulla lateralizzazione del cervello. Tra le varie cose si è compreso che i cani farebbero un uso differente delle narici. Mentre si potrebbe essere portati a credere che quando un cane fiuta utilizzi contemporaneamente le due narici, dunque, le ricerche hanno mostrato che quando il cane è in presenza di un odore nuovo, sconosciuto, utilizzi prevalentemente la narice destra e, solo dopo aver maturato una certa familiarità con le sensazioni generate da quel nuovo odore, passerebbe all’uso della narice sinistra.

Il para-olfatto dei cani

Ma non è tutto per quanto concerne la percezione chimica dell’ambiente: c’è anche l’organo di Jackobson (o vomeronasale, scoperto da Ludwig Jackobson, 1811) che assolve una funzione importante e qui non si tratta di vero e proprio olfatto, ma di para-olfatto: in pratica un senso aggiuntivo ai 5 canonici. Di fatto è un organo a sé stante, indipendente dal sistema olfattivo, ed è connesso al bulbo olfattivo accessorio, non a quello principale di cui sopra.

Quest’organo, che si trova nella cavità nasale, al di sopra del palato, ha la funzione di percepire i feromoni. Questi ultimi sono sostanze biochimiche molto importanti, ve ne sono di diverse tipologie, e sono rilasciati nell’ambiente per mezzo di ghiandole esocrine apposite (le cui emissioni sono cioè rivolte verso l’esterno del corpo, a differenza delle ghiandole endocrine) come le perianali, quelle sottocaudali, le sebacee del solco intermammario, le ghiandole periorali (sul muso del cane), le podali (tra i cuscinetti plantari), eccetera.

Queste sostanze hanno la funzione di inviare messaggi specifici ad individui della stessa specie. Vi sono feromoni (o ferormoni) d’allarme, sessuali, d’adozione, di identificazione, eccetera. La loro particolarità è quella di agire sullo stato dell’individuo ricevente modificandone il comportamento, ma senza che il soggetto ne sia cosciente. Infatti l’organo di Jackobson invia informazioni direttamente al sistema limbico che non vengono sottoposte a processi elaborativi a livello cognitivo.

In pratica quando il cane viene investito da un flusso di feromoni reagisce a livello emotivo: hanno il potere di modificarne lo stato ormonale (azione dell’ipotalamo), ma anche di agire sul suo stato reattivo e questo elemento è quello che va a orientare il conseguente comportamento del cane (evitamento; inibizione; aggressione; acquietamento…).

Anche noi abbiamo l’organo di Jackobson? Bella domanda, sembra che ci sia ancora del dibattito intorno alla questione. Certamente l’organo negli esseri umani è ben visibile in fase embrionale, ma pare che poi si atrofizzi o rimanga in forma vestigiale come residuo dell’evoluzione. Per altri scienziati invece l’organo è ancora funzionante (Kohl et al.) e ritengono che la percezione feromonale nell’uomo mantenga ancora un ruolo molto importante nelle interazioni sociali e nel suscitare risposte emozionali.

Il tatto nel cane

L’organo più esteso di cui disponiamo noi e i cani è quello che invia informazioni tattili al nostro cervello, ossia la pelle. La pelle è composta da molti strati (epidermide, derma e tessuto sottocutaneo) ed è cosparsa di recettori che inviano informazioni sull’ambiente fisico che circonda il nostro cane come per esempio la temperatura, la trama delle superfici, la consistenza dei materiali eccetera. Un flusso continuo e ininterrotto di input che consentono a livello cognitivo la mappatura fisica di un ambiente.

Il tatto nel cane è in pratica il primo tra i sensi a svilupparsi in quanto consente al cucciolo appena nato (cieco e sordo) di percepire ed orientarsi verso la fonte di calore più prossima, ossia la madre e i fratellini, dato che lui non è in grado di termoregolarsi e senza il calore emesso da questi morirebbe in brevissimo tempo.

È anche attraverso il senso del tatto che ci facciamo un’immagine mentale di noi stessi, ciò prende il nome di propriocezione. Una buona immagine del sé si costruisce con il tempo, con l’esperienza, e ha a che fare con la stabilità e l’equilibrio caratteriale dell’individuo.

Come detto ci sono molti tipi di recettori e si trovano nello strato detto "derma": vi sono i termocettori, specializzati nel trasmettere informazioni relative alla temperatura; i nocicettori, che danno informazioni in merito a stimoli intensi e dolorosi; i propricettori (menzionati poco sopra) che trasmettono informazioni in merito alla posizione del proprio corpo e al movimento.

Inoltre la pelle del cane è irta di peli di varia tessitura. Tra questi vi sono le vibrisse, peli tattili rigidi e più grossi dei peli di copertura. Sono peli tattili rigidi forniti di terminazioni sensoriali che si trovano sulle labbra superiori, nella zona sopracciliare e vi sono vibrisse mandibolari e vibrisse guanciali. Questi particolari peli sono molto sensibili e aiutano il cane a “toccare” l’ambiente soprattutto quando si muove alla cieca, inoltre danno informazioni circa la distanza del muso dalla superficie analizzata e sono in grado di dare informazioni sulla forma di un oggetto e sulla sua consistenza grazie alla loro mobilità. Infatti i cani possono spingerle in avanti o in dietro e questo ha a che fare anche con il loro stato emotivo. Attenzione: bisogna evitare di tagliare questi particolari sensori, quindi occhio soprattutto quando si toeletta il nostro beniamino.

Ci sono infine i cuscinetti plantari, ricchi anch’essi di recettori che forniscono informazioni sulle superfici e registrano anche le microvibrazioni del suolo fornendo al cane informazioni su ciò che si muove attorno a lui, anche a grande distanza.

L’udito del cane

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Ecco qui un altro senso per il quale il cane è più attrezzato di noi esseri umani: l'udito. Innanzi tutto possiamo dire che già possiamo notare delle notevoli differenze se confrontiamo la morfologia delle nostre orecchie. È vero che i cani di razze differenti possono avere orecchie molto diverse (pendenti, erette, semi-erette…) e questo può certo avere un impatto sulle facoltà uditive, per esempio nel limitare le capacità di orientamento dei padiglioni. Ma a parte le varie lunghezze della pinna dell’orecchio, esse appaiono molto corrugate nella parte interna e i canali uditivi (orecchio esterno) sono molto profondi, soprattutto quello orizzontale che conduce alla membrana del timpano: da lì si va alla cavità dell’orecchio medio, agli ossicini uditivi (martello, incudine e staffa) e poi si trova il vestibolo e la coclea (orecchio interno). Il tutto confluisce poi in una moltitudine di terminazioni nervose che inviano input al cervello attraverso il nervo vestibolo-cocleare fino all’area acustica della corteccia cerebrale laddove gli input vengono elaborati e memorizzati.

Grazie alla raffinatezza dell’apparato uditivo il cane è in grado di percepire suoni in una ampia gamma di frequenze fino a 40.000 Hertz, il doppio delle frequenze udibili a noi umani che si fermano a 20.000. Da lì iniziano gli ultrasuoni, ossia sopra l’udibile… umano.

Il gusto nel cane

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Nel caso del senso del gusto tra esseri umani e cani vi è, ancora una volta, disparità, ma in questo caso alla rovescia. Infatti il senso del gusto nel cane non è molto sviluppato e viene compensato dall’infinita raffinatezza dell’olfatto per l’analisi del cibo. Nel cavo orale umano vi sono circa 9000 recettori specializzati per il gusto, mentre in quello del cane solo 1700.

Ciò nonostante anche i cani sono in grado di percepire i 5 gusti fondamentali: il dolce, il salato, l’aspro, l’amaro e l’umami. In realtà, alcune ricerche suggeriscono che vi possano essere altri due gusti, ovvero quello del grasso e quello del fritto, ma qui si parla di esseri umani e non di cani nello specifico, anche se ci verrebbe da pensare che per un predatore carnivoro come il cane quello del "grasso" sarebbe sensato.

L’organo deputato alla percezione del senso del gusto è la lingua sulla quale sono distribuite le papille gustative e ve ne sono di quattro tipi: le papille filiformi, le fungiformi, le foliate e le circumvallate. All’interno di queste vi sono i recettori che inviano informazioni al cervello attraverso uno dei tre nervi craniali: il nervo intermedio del facciale, il glossofaringeo o il nervo vago.

I cani non amano molto i gusti amari e acidi che possono essere associati a sostanze velenose e tossiche, mentre mostrano di gradire il dolce e il salato, un po’ come noi. Ma a differenza nostra i cani non sminuzzano il cibo con i denti attraverso una lunga masticazione: tendono ad inghiottire e i denti hanno funzioni di spezzare e tagliare, non di macinare come nel nostro caso.

Questo significa che il cibo rimane pochissimo nel cavo orale del cane e molto più a lungo nella nostra bocca. Ed è qui che i gusti vengono analizzati con maggior dettaglio da parte nostra. Abbiamo sviluppato un retrolfatto maggiore rispetto al cane, ossia noi “annusiamo” le sostanze che si liberano durante la masticazione dall’interno, grazie alla connessione retronasale che consente agli aromi di raggiungere l’epitelio olfattivo dalla bocca. Il cane ha sviluppato, come detto, grandemente l’olfatto ortonasale e molto poco quello retronasale. Tutto ciò per rimarcare il fatto che i cani non “gustano” molto il cibo una volta che gli è finito in bocca, sia per una minor capacità percettiva sia perché l’analisi intensa degli alimenti viene svolta prima dall’olfatto.

La bussola biologica

Si affaccia un’ulteriore senso all’attenzione dei ricercatori e appassionati di cani. A quanto pare i cani sarebbero in grado di percepire il campo elettromagnetico terrestre e utilizzarlo per orientarsi. Insomma pare che siano equipaggiati con una "bussola biologica".

In realtà ci sono ancora pochi studi su questo affascinante argomento e per ora si avanzano ipotesi e si fanno osservazioni, ma quale sia l’organo che consenta di percepire questo campo di forze resta per ora ignoto, e nemmeno negli animali che da più tempo sono studiati, avendo indubbiamente dimostrato questo tipo di percezione, come per esempio i piccioni viaggiatori. Quello che si è visto nel cane fa intuire che essi abbiano una certa abilità nell’orientarsi sull’asse nord-sud, ma è ancora tutto da studiare. Ne abbiamo parlato in modo più approfondito nell'articolo "Come fanno i cani a ritrovare la strada di casa?".

Quindi, quanti sono i sensi del cane? Se consideriamo il paraolfatto come senso a sé stante e la bussola biologica allora sono ben sette gli organi di senso che consentono al nostro beniamino di muoversi nel mondo, ma si ha anche l’impressione che più li studiamo e scopriamo cose, più ve ne siano ancora molte da comprendere e scoprire su queste fantastiche creature che ci trotterellano accanto.

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Luca Spennacchio
Istruttore cinofilo CZ
Ho iniziato come volontario in un canile all’età di 13 anni. Ho studiato i principi dell’approccio cognitivo zooantropologico nel 2002; sono docente presso diverse scuole di formazione e master universitari. Sono autore di diversi saggi.
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