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25 Gennaio 2022
13:12

I mammut hanno vissuto più a lungo del previsto secondo uno studio sul DNA nel permafrost

Mammut lanosi, rinoceronti ed altri animali della megafauna sarebbero sopravvissuti, anche se con pochi individui, in zone remote e isolate dell'emisfero settentrionale. È quanto emerso dall'analisi del DNA ritrovato nel permafrost.

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Un recente studio su tracce di DNA antico ritrovate precedentemente nel 2010 in piccoli nuclei di sedimento nel permafrost in alcune zone dello Yukon centrale da un team dell'Università dell'Alberta ci offre nuove informazioni sulle estinzioni della fauna pleistocenica come i mastodontici mammut lanosi. Il lavoro è stato portato avanti dai paleogenetisti del McMaster Ancient DNA Center ed hanno visto l'utilizzo di nuove tecniche genomiche.

Migliaia di anni fa la fauna mondiale annoverava animali molto diversi da quelli attuali, come cervalci, leoni delle caverne, rinoceronti lanosi ed i famosissimi mammut. Molte di queste specie rinvenute erano di grosse dimensioni, portando i paleontologi a ribattezzare la comunità di quel periodo come Megafauna del Pleistocene. Purtroppo molte di queste creature si estinsero bruscamente all'inizio dell'epoca geologica attuale, l'olocene, probabilmente a causa della competizione con i nostri progenitori.

Tesori genetici sepolti nel permafrost

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Molte delle informazioni che abbiamo degli organismi delle ultime decine di migliaia di anni derivano, oltre che dai numerosi ritrovamenti fossili, dai tesori che possiamo ritrovare cristallizzati nel permafrost, un terreno tipico delle regioni fredde dell'estremo nord Europa, della Siberia e del nord America dove il suolo è perennemente ghiacciato: da interi organismi mummificati a piccoli campioni di sedimento ricchi di DNA di innumerevoli esseri viventi estinti.

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Questi "microfossili genetici" provengono da tutti i componenti di un ecosistema inclusi batteri, funghi, piante e animali, fungendo da "macchina del tempo"  nell'esplorazione di ecosistemi perduti da tempo come la steppa dei mammut,  ambiente scomparso circa 13.000 anni fa.

Il primo step effettuato dai ricercatori è stato quindi quello di eliminare tutto il DNA batterico, fungino e non identificabile tramite nuove tecniche di estrazione ed isolamento. Tale frazione da scartare costituisce oltre il 99,99% di un campione ambientale, al fine di recuperare selettivamente la minuscola frazione dell'antico DNA vegetale e animale datato tra 4mila e 30mila anni, utile a comprendere meglio il crollo dell'ecosistema della steppa dei mammut.

Ma non solo. Le attuali tecnologie hanno permesso di riassemblare i pezzi di questo "puzzle genetico" nei genomi e studiare le storie evolutive degli organismi ritrovati.

Ne è emersa una notizia interessante: sono state trovate prove riguardo una sopravvivenza tardiva di mammut lanosi e cavalli preistorici nella regione del Klondike, per tremila anni dopo la loro presunta estinzione.

Le trasformazioni ambientali tra Pleistocene e Olocene

La transizione Pleistocene-Olocene, avvenuta circa 11.700 anni fa, fu un periodo di enormi cambiamenti in tutto il mondo. Nella Beringia orientale (il punte di terra oggi scomparso tra Alaska e Eurasia) , questo periodo ha visto il crollo del bioma della steppa mammut e la sua graduale sostituzione con la foresta boreale come la conosciamo oggi.

Ciò ha portato alla perdita di iconici megaerbivori dell'era glaciale come il mammut lanoso (Mammuthus primigenius) , il cavallo dello Yukon (Equus lambei) e il bisonte delle steppe (Bison priscus) , insieme a predatori come la tigre dai denti a sciabola (Smilodon fatalis) e il leone beringiano (Panthera leo vereshchagini).

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I ricercatori sono riusciti anche ad osservare come gli ecosistemi siano cambiati con l'aumento di arbusti legnosi circa 13.500 anni fa e come ciò fosse correlato al declino del DNA di mammut lanosi, cavalli e bisonti delle steppe: senza questi erbivori a brucare germogli e piccole piante, la vegetazione poté svilupparsi diversamente.

Tyler Murchie, uno dei leader del progetto di ricerca ha affermato: «C'era una sorprendente coerenza nelle diverse informazioni, suggerendo che i nostri dati erano effettivamente rappresentativi delle tendenze ecologiche nella regione».

La sopravvivenza tardiva di megaerbivori in zone isolate

Inoltre, sono stati raccolti segnali consistenti della persistenza del mammut lanoso e del cavallo dello Yukon nell'Olocene, fino a settemila anni dopo la loro scomparsa dai reperti fossili. «Se abbinate ad altri documenti, le nostre ricostruzioni genetiche suggeriscono che la transizione dall'ultimo periodo glaciale potrebbe essere stata più protratta di quanto suggerirebbero le sole ossa datate».

Secondo i ricercatori quindi i mammut potrebbero essere diminuiti migliaia di anni prima rispetto ad altre specie della megafauna, il che è potenzialmente correlato alla prima potenziale testimonianza di esseri umani nell'area, ma tuttavia essere riusciti a sopravvivere con pochi individui in zone isolate non raggiunte dall'uomo.

Fino a poco tempo fa, non c'erano prove della sopravvivenza dei mammut fino alla metà dell'Olocene. Ma gli studi hanno ora dimostrato che i mammut sono sopravvissuti fino a 5.500 e 4.000 anni fa sulle isole artiche. Anche altri lavori sono arrivati alle stesse conclusioni: i ricercatori del Center for GeoGenetics di Copenaghen hanno trovato prove della sopravvivenza tardiva di cavalli e mammut in Alaska fino a 7.900 anni fa, e fino a 3.900 anni fa in Siberia, insieme a rinoceronti lanosi  almeno 9.800 anni fa.

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Allo stesso modo è stato scoperto che il bisonte delle steppe, che si pensava fosse scomparso e sostituito dal bisonte americano durante il Pleistocene, pare sia sopravvissuto addirittura fino a 400 anni fa.

La crescente sofisticatezza dei metodi di indagine del DNA ambientale ci mette a disposizione un "database" incredibile. Il permafrost è l'ideale per preservare il DNA antico, ma poiché questo terreno perennemente congelato si scongela e si degrada con il riscaldamento dell'Artico , così anche il materiale genetico conservato al suo interno e i misteri evolutivi che un tempo custodivano rischiano di perdersi.

Ecco un crescente corpo di prove che molta della megafauna dell'era glaciale probabilmente sia sopravvissuta all'inizio della storia umana registrata, vagando per il nord durante l'età del bronzo, mentre gli schiavi lavoravano alle piramidi d'Egitto.

Ma non illudetevi: siamo comunque noi i principali indiziati per la loro scomparsa, e queste prove non ci scagionano dall'accusa principale di averli portati all'estinzione.

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