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6 Agosto 2023
13:00

I gatti hanno mai causato l’estinzione di una specie?

Secondo alcuni scienziati, i gatti sono tra i predatori che hanno causato maggior danni alla natura e causato l'estinzione di numerose specie. Per limitare il numero dei gatti domestici inselvatichiti e impedire che i nostri gatti arrechino un danno all'ambiente, veterinari e biologi hanno pensato ad alcune soluzioni.

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Il gatto domestico appartiene alla famiglia dei felidi e come tutti gli animali attualmente inseriti in questo gruppo è una specie predatrice, che presenta piccole e medie dimensioni. La sua lunga evoluzione è iniziata 30 milioni di anni fa, con la comparsa del più antico gatto conosciuto, Proailurus lemanensis. I suoi progenitori inoltre hanno continuato ad abitare i boschi e i diversi ambienti aperti che ricoprivano l'Eurasia e l'Africa preistorica, finché alcuni gatti selvatici cominciarono ad avvicinarsi alle comunità umane, iniziando a subire il processo di domesticazione, tra 6.000 e 10.000 anni fa.

Da allora, il gatto domestico (Felis catus) ha cominciato a farci compagnia all'interno delle nostre attività quotidiane, diventando dall'antichità un nostro importante alleato contro le infestazioni di ratti, topi e di altri animali molesti. Ultimamente tuttavia questo animale è stato spesso preso in considerazione quando si dibatte di quanti danni abbiano provocato alla fauna selvatica, essendo stato inserito da vari esperti all'interno della ristretta check list delle specie domestiche che hanno causato più estinzioni in natura. Un'accusa che ha fatto infuriare (e non di poco) parte del movimento animalista, tanto che il civile confronto fra chi accusa i gatti di essere responsabili di buona parte dell'estinzioni locali e chi invece li difende si è talmente logorato da assumere ormai i contesti di una vera e propria diatriba ideologica, che ha provocato anche degli scontri accessi.

Gli stessi ricercatori che hanno lavorato per stabilire quali potessero essere i danni provocati da questi animali hanno infatti dovuto affrontare sia i tentativi di delegittimazione di coloro che affermano che i dati sono insufficienti per determinare se il gatto ha provocato seri danni ad altri animali, sia l'impazienza di chi ritiene, dall'altra parte della barricata, che le conseguenze ecologiche della presenza dei gatti nelle aree naturali siano ormai sotto l'occhio di tutti, in particolar modo sulle isole. E che non sia quindi necessario perdere altro tempo, per effettuare delle ricerche sul campo.

Inoltre, i fieri difensori dei gatti che ritengono questi animali completamente innocenti, a prescindere dai risultati ottenuti dalla ricerca, più volte hanno tentato di sminuire o screditare il lavoro degli scienziati, utilizzando risultati parziali o opinioni personali, con alcuni casi celebri di disinformazione che hanno interessato anche alcuni nomi italiani.

Ciò che è certo è che per quanto riguarda questo tema l'opinione pubblica sembra essersi spaccata in due schieramenti contrapposti (a favore o contro la teoria dell'estinzioni provocate dai gatti), con la "verità scientifica" – ovvero che i gatti sono responsabili di alcune estinzioni delle specie selvatiche – che risulta essere molto difficile d'accettare per chi considera questi animali parte della loro famiglia. Almeno questa è l'opinione di alcuni ricercatori come Scott R. Loss, che già nel 2013 conosceva bene le criticità connesse a questo filone della ricerca, essendo stato infatti interessato da diverse polemiche provenienti da alcune associazioni animaliste, di seguito alla pubblicazione di un suo articolo su Nature, che dimostrò come i gatti siano divenuti attualmente i predatori più micidiali del Nord America e responsabili di decine di estinzioni locali.

Dagli anni immediatamente successivi alla pubblicazione di questo articolo, altri scienziati sono riusciti comunque a studiare quanto siano dannosi i gatti per la biosfera ed è ormai chiaro come i essi risultano essere ormai fra le minacce principali che devono affrontare molte specie, in tutti i continenti. I gatti, infatti, essendo fra gli animali più adattabili alle diverse tipologia di clima e di ambienti, sono stati in grado di colonizzare buona parte delle terre emerse, il più delle volte grazie all'intervento dell'uomo, ma in diversi casi anche indipendentemente. E da animali elusivi e quasi esclusivamente boschivi, hanno raggiunto tutti gli ecosistemi conosciuti, arrivando persino sulle isole più isolate degli oceani.

Nel tempo, tanti esemplari sono inoltre sfuggiti al controllo umano e hanno iniziato a percorrere autonomamente savane, piccoli tratti di mare, lande ghiacciate, foreste e deserti, formando colonie lontane dalle realtà rurali ed urbane. Confidando esclusivamente solo nelle loro abilità di caccia, molto più marcate rispetto a quelle dei canidi, i gatti infatti hanno avuto l'opportunità, con l'indebolimento di molte specie selvatiche, di espandere enormemente il loro territorio, avere un maggior successo riproduttivo rispetto altri predatori e contribuire a far estinguere le specie, al di là della presenza dell'uomo nello stesso territorio.

Le specie estinte a causa dei gatti

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Secondo alcuni report, come quello pubblicato su Nature nel 2013 che abbiamo citato sopra, i gatti domestici inselvatichiti ogni anno porterebbero alla morte decine di miliardi di animali, andando a colpire 1,3-4,0 miliardi di uccelli e 6,3-22,3 miliardi di mammiferi solo all'interno degli Stati Uniti. Un numero spaventoso, che fa capire bene sin da subito come mai i biologi della conservazione si sono allarmati, quando hanno cominciato a verificare come la presenza dei gatti domestici randagi all'interno di molte riserve naturali sparse per il mondo andava di pari passo alla scomparsa delle specie più sensibili.

Un altro dato che è possibile utilizzare per capire come questi nostri fidati amici a quattro zampe possono rivelarsi una minaccia per gli ecosistemi è quello inerente alla decisione da parte di alcuni governi nazionali di limitare le libertà a questi animali, con l'istituzione di vere e proprie leggi che impediscono ai loro pet mate di lasciarli incustoditi.

Esempi di legislazioni simili sono quelli voluti dalle autorità di Canberra, in Australia, nella primavera del 2022, che hanno istituito un vere e proprio coprifuoco notturno, per limitare che i gatti durante le ore serali, scorrazzando in giro, andassero a caccia di animali selvatici in città come nelle campagne. Nella sola Australia d'altronde ogni anno il numero di morti provocati da questi animali sarebbe estremamente alta e secondo un documento pubblicato nel 2022 dal governo australiano i gatti avrebbero estinto almeno 20 specie di piccoli mammiferi, nel corso dell'ultimo secolo.

Un altro studio indipendente pubblicato su Diversity and Distributions afferma invece che F. catus avrebbe ucciso oltre 466 milioni di rettili, 265 milioni di uccelli e 815 milioni di piccoli mammiferi nel corso degli ultimi decenni. Una vera ecatombe, che rischia di porre la parola fine alla salvaguardia di moltissimi organismi.

Quali sarebbero però le specie più importanti che i gatti avrebbero estinto nel corso del tempo? Secondo uno studio uscito nel 2011, che prende in considerazione solo quegli ecosistemi che sono presenti all'interno di varie isole minori, sparsi per il globo, le principali vittime di questi animali sono soprattutto di piccole dimensioni e appartengono a specie inserite all'interno di un gruppo abbastanza variegato di creature che svolgono funzioni ecosistemiche essenziali per il benessere del pianeta.

Tra questi animali abbiamo per esempio gli uccelli Caracara lutosa di Guadalupe come la Turnagra capensis minor della Nuova Zelanda, che disperdono i semi di certe piante e la cui perdita condizionerebbe i boschi di queste regioni, ma anche i muridi Peromyscus guardia mejiae Oryzomis nelson messicani, che svolgevano la stessa funzione, si sono estinti per colpa della predazione dei gatti. Anche però i rettili hanno subito l'impatto negativo di questi predatori domestici, con alcune specie come il Leiocephalus eremitus o l'italianissima Podarcis sicula sanctistephani, che un tempo abitava l'isola di Santo Stefano, vicino Ventotene, che si sono estinti in relativo breve tempo per colpa della voracità dei felini.

Ovviamente studiare queste estinzioni è molto difficile, poiché non è semplice seguire gli effetti provocati dai gatti domestici in natura. Di certo, tuttavia, gli studi specifici su questo tema si stanno moltiplicando e la ricerca ha sempre più chiaro in mente quanto sia importante tenere a bada la popolazione in natura dei gatti domestici per limitare il numero di morti arrecati alle specie più vulnerabili. Tra l'altro anche il Mediterraneo comincia a subire sempre più pesantemente l'espansione demografica dei gatti rinselvatichiti, con uno studio italiano pubblicato nel 2020 che si è deliberatamente concentrato sugli effetti arrecati all'ecosistema italiano.

Le possibili soluzioni per prevenire o ridurre l'impatto dei gatti sulle altre specie

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Per limitare il numero dei gatti domestici inselvatichiti o anche impedire che i nostri gatti possano arrecare un danno all'ambiente, mentre giocano temporaneamente all'aria aperta, i veterinari e i biologi hanno pensato a delle possibili soluzioni che riducano l'impatto di questa specie sulla fauna selvatica.

Il primo consiglio che forniscono gli esperti è quello di fornire ai nostri gatti dei giochi e degli arricchimenti ambientali che gli permettano di attuare il loro comportamento predatorio dentro casa. Spesso infatti i gatti uccidono gli animali selvatici non tanto per fame, ma per gioco, in quanto sono animali estremamente curiosi e la noia li può spingere a compiere queste uccisioni.

Il secondo consiglio è quello di abituarli sin da piccoli ai campanellini, ma qui bisogna fare una precisazione. È vero che i campanellini rendono "visibili" i gatti agli altri animali, impedendogli così di uccidere lucertole o piccoli uccelli, ma è anche vero che questi strumenti stressano gli animali. Per questa ragione bisogna fargli indossare i campanellini solo quando avete deciso di farli giocare fuori casa, nel vostro giardino, in modo così da disincentivare la cattura delle specie selvatiche. Al momento però di tornare a casa, togliete i campanelli, in modo tale che tale strumento preventivo non diventi una tortura per le orecchie del vostro animale. All'interno di casa infatti lo scampanellio può risultare molto più fastidioso ai gatti e indurgli una sorte di nervosismo, che se accumulato, può provocare disagi a voi e ai gatti.

Il terzo consiglio che i veterinari e i biologi danno è quello di sterilizzare i gatti. Se infatti non desiderate dei cuccioli o siete vicini a delle aree naturali, è meglio sterilizzare il vostro gatto in modo tale che se anche dovesse scappare non rischi di provocare delle nascite incontrollate in territorio protetto, andando così ad incentivare il randagismo dei gatti rinselvatichiti, responsabili del 90% delle morti provocati da questi animali.

Inoltre, non incoraggiate il vostro gatto ad avere dei comportamenti mordaci, visto che questi comportamenti gli potrebbero insegnare che è gratificante inseguire, avventare e mordere un altro animale, anche per soddisfare il proprio pet mate umano, accentuando così i problemi che gli scienziati stanno cercando di arginare.

Infine, è molto importante che i pet mate accettino che il gatto domestico deve stare il maggior tempo tempo possibile all'interno di casa, per limitare qualsiasi possibilità di fuga o desiderio di predare selvatici. I gatti non abituati a stare all'aperto non sono particolarmente predisposti a inseguire una preda e per abituare il vostro gatto a non cacciare selvatici, potete fornendogli tutto il necessario per divertirsi e sopravvivere dentro casa.

Alcuni esperti consigliano anche dare ai gatti la giusta compagnia, quindi di fornirgli degli amici che possono essere esemplari di sesso opposto o altri animali domestici, come i cani. È stato dimostrato infatti che un gatto socialmente attivo è meno triste e spinto a sfuggire, rispetto agli esemplari che non godono della compagnia altri esemplari. Facendo questo andrete inoltre così anche a migliorare la qualità della sua vita e di quella degli altri animali.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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