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10 Gennaio 2021
11:42

Perché non mettere il collare con campanellino al gatto

L’applicazione del campanellino al collare di un gatto è una pratica molto diffusa nel mercato dei pet, tanto che sembra impossibile trovarne di sprovvisti. Tuttavia, esistono ragioni molto valide per fare a meno di questo strumento che, prima di ogni altra cosa, mette a repentaglio la sicurezza del gatto.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Entrando in un qualunque negozio di articoli per animali alla ricerca di un collarino per gatti, è improbabile trovare modelli che non prevedano un campanellino integrato. In molti è cucito all’interno di una apposita tasca della fibbia e, se lo si volesse rimuovere senza rovinare il collarino, sarebbe necessaria una certa abilità sartoriale.

Sembra che il connubio gatto-campanellino sia irrinunciabile. Da un punto di vista simbolico, il campanellino restituisce una potente immagine di docilità del gatto (inconsciamente pensiamo che solo un animale molto remissivo tolleri di farselo mettere), conferisce un calore familiare, rassicurante, ce lo fa sentire più vicino o, se estraneo, sicuramente  casalingo. Non un ramingo, non un reietto ma qualcuno di socialmente integrato. Da un punto di vista pratico, la maggior parte delle persone che scelgono di usare questo oggetto lo ritengono un valido strumento di controllo. “Così so che c’è, anche se non lo vedo” e “Mi rendo conto se si allontana” sono due delle giustificazioni che ho sentito più spesso. Ma ultimamente aumenta sempre di più l’esercito di coloro che sono ostili al suo impiego.

I motivi per cui non mettere il campanello al gatto

Ciclicamente, sui social e sui siti, girano meme, locandine e info-grafiche che cercano di sensibilizzare su quanto l’uso del campanellino possa causare danni all’equilibrio psico-fisico del gatto perché il perenne tintinnio sotto le sue orecchie iper-sensibili è irritante e, quindi, potenzialmente stressante sul piano sensoriale. Inoltre, causerebbe danni fisici all’apparato uditivo.

Riguardo la prima obiezione sono piuttosto d’accordo: nessuno di noi sopporterebbe una tortura simile per se stesso che, se vogliamo immaginarla, somiglia all’esperienza dell’acufene (e chi ne soffre, sa quanto sia fastidiosa). Ho qualche dubbio sulla seconda obiezione, giacché non mi risulta esistano studi scientifici che abbiano mai dimostrato alcun danno fisico all’apparato uditivo del gatto causato dal campanellino. Questa argomentazione, dunque, è un po’ debole di per sé.

Al di là di questo, però, il motivo principale per cui l’uso del campanellino andrebbe scoraggiato, e che viene citato troppo poco spesso, è legato ai rischi per l’incolumità fisica del gatto.

Perché il campanellino al collare del gatto è pericoloso

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Il gatto è per sua natura – sua e di tutti i suoi progenitori selvatici – un animale che basa sull’elusività e sul mimetismo la sua principale strategia difensiva dalle minacce dell’ambiente in cui si muove. I gatti hanno mantelli tigrati e cuscinetti plantari che attutiscono i rumori dei passi proprio perché la loro sopravvivenza, oltre che il loro successo come predatori, dipendono dalla loro abilità a confondersi con lo sfondo, a non farsi vedere né sentire, a muoversi nello spazio come fantasmi, a non dare nell’occhio. Questo consente loro di mettersi al sicuro da eventuali competitori che potrebbero sfidarli o trascinarli in uno scontro fisico non voluto, così come da predatori (cani, esseri umani o altri animali) che potrebbero mettere a repentaglio la loro incolumità. Mandare in giro un gatto con un campanello al collo lo espone allora ad un doppio danno, che si va ad aggiungere all’irritazione per lo stimolo acustico. Non solo, dunque, lo rende oggettivamente riconoscibile da potenziali fonti di pericolo che potrebbero intercettarlo in ogni momento – il che era esattamente quello che si voleva evitare, credendo di poter controllare sempre i suoi spostamenti! – ma lo priva anche di una delle sue più importanti strategie di sopravvivenza, portandolo ad un perenne stato ansioso legato alla percezione di pericolo.

E se anche il gatto vivesse in appartamento e, quindi, al sicuro da fonti esterne di minaccia, questo non modificherebbe la sua insicurezza di base dovuta al dover rinunciare alla sua principale strategia salvavita, la più importante, la prima messa a disposizione dal suo armamentario biologico.

Campanellini ai gatti a tutela delle prede

Qualcuno obietterà che il campanellino è un modo di neutralizzare il gatto come predatore e salvaguardare le sue potenziali prede. È un ragionamento comprensibile che, però, pecca di una contraddizione di base: per tutelare certe specie, se ne mette a repentaglio un’altra, il che ribalta il ragionamento rendendolo ugualmente iniquo. È probabile che la sopravvivenza delle specie aviarie e dei piccoli mammiferi selvatici passi da scelte e da azioni più complessive, ad ampio raggio, se vogliamo tenere salda la rotta del rispetto di tutte le specie animali.

Indurre il mercato a cambiare

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C’è da sperare che, diventando tutti consumatori più consapevoli, le nostre scelte possano un giorno dettare le proposte del mercato e non, viceversa, farci condizionare passivamente  da esse nel ritenere cosa vada bene e cosa no per un gatto. Un gran passo in avanti sarà segnato, per esempio, quando in tutti negozi di articoli per animali troveremo collarini senza campanellino (o facilmente removibile) tanto quanto quelli dotati. Sempre che – e anche questo meriterebbe una riflessione – il collare per un gatto sia una scelta davvero necessaria.

Le informazioni fornite su www.kodami.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra il paziente ed il proprio veterinario.
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Sonia Campa
Consulente per la relazione uomo-gatto
Sono diplomata al Master in Etologia degli Animali d'Affezione dell'Università di Pisa, educatrice ed istruttrice cinofila formata in SIUA. Lavoro come consulente della relazione uomo-gatto e uomo-cane con un approccio relazionale e sono autrice del libro "L'insostenibile tenerezza del gatto".
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