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27 Febbraio 2024
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Giornata Internazionale dell’orso polare: animale simbolo della crisi climatica

Oggi, 27 febbraio, si celebra la Giornata Internazionale dell’orso polare, un momento per riflettere su questa specie iconica simbolo degli impatti della crisi climatica sulla biodiversità.

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orso polare

Oggi 27 febbraio si celebra la Giornata Internazionale dell’orso polare, una specie iconica simbolo degli impatti della crisi climatica sulla biodiversità. Sul Pianeta restano poco meno di 30mila orsi polari divisi in 19 sottopopolazioni.

Si tratta di un mammifero carnivoro della famiglia Ursidae che vive negli ambienti polari dell'emisfero settentrionale e, insieme all'orso kodiak (Ursus arctos middendorffi), viene considerato il più grande carnivoro della terraferma.

Proprio per il suo habitat è tra gli animali che più risentono degli effetti del cambiamento climatico.  Un esempio che testimonia il declino di questa specie è rappresentato dal caso della popolazione di orso polare della baia di Hudson in Canada che dal 1987 al 2017 ha subito una riduzione del 30%.

Purtroppo, le previsioni per il futuro prossimo sono drammatiche: gli scienziati stimano che, se lo scenario rimanesse invariato, la specie potrebbe vedere la propria popolazione totale ridotta di 1/3 nei prossimi 30 anni, e potrebbe addirittura estinguersi in natura entro la fine del secolo. A lanciare l'allarme  è Isabella Pratesi, direttrice del Programma di Conservazione del WWF Italia: «L’orso polare, come tutti i grandi predatori, è un animale che sta al vertice delle catene alimentari; quindi, quando viene a mancare si rompono una serie di equilibri molto importanti perché la presenza di questi grandi predatori serve a mantenere in equilibrio e in salute anche le popolazioni di foca. E poi a seguire tutto quello che dipende dalla loro presenza e dal loro ruolo ecologico. Purtroppo, la loro scomparsa è un indicatore di qualcosa di catastrofico che sta succedendo. Il riscaldamento globale rischia di portare all’estinzione l’orso polare (Ursus maritimus) e poi tante altre specie, e poi chissà cosa succederà alla nostra».

Il ghiaccio marino artico, habitat dell’orso polare, si sta riducendo sia in estensione che in spessore a una velocità senza precedenti, diminuendo così anche l’effetto fondamentale dello “schermo bianco” in grado di riflettere energia termica nello spazio e regolare così il clima del nostro Pianeta. La fusione del permafrost terrestre e della banchisa polare causa da un lato una drammatica accelerazione dell'immissione di gas climalteranti in atmosfera, e dall’altro diminuisce anche l’effetto benefico che la distesa glaciale artica ha sul clima a livello globale. I più recenti rilevamenti confermano che l'aumento della temperatura in Artico è drammaticamente superiore alla media mondiale, con alcune regioni che presentano un aumento fino a 2.7°C ogni dieci anni, corrispondente addirittura a 5-7 volte il tasso di crescita globale della temperatura.

Gli orsi polari sono minacciati da anni a causa dello scioglimento dei ghiacci dovuto all’aumento di temperatura delle acque marine. Uno studio pubblicato su Science Advances dimostra che l’areale di questi animali in Groenlandia è in diminuzione da 20.000 anni, ma la crisi climatica degli ultimi decenni ha spaventosamente accelerato il processo.

Con la riduzione dei ghiacci si riducono le tradizionali zone di caccia degli orsi polari, di conseguenza, questi perdono peso fino a rischiare di morire di fame e fino ad avere conseguenze drammatiche sulla loro fertilità. Questo accade nonostante gli orsi stiano provando a trovare nuovi adattamenti, come andare a caccia di uccelli (invece che cacciare foche, le loro prede abituali, sulla banchisa polare) oppure ridurre i consumi di energia, entrando in una sorta di “letargo” estivo e riducendo gli spostamenti. Lo mostra anche il recente studio guidato da Anthony Pagano, del Servizio geologico degli Stati Uniti di Anchorage in Alaska, pubblicato sulla rivista Nature Communication, che per 3 anni ha monitorato le infruttuose strategie di sopravvivenza al caldo tentate da 20 orsi polari: 19 orsi su 20 hanno mostrato, infatti, drammatiche perdite di peso.

La ricerca di cibo porta gli orsi anche ad avvicinarsi ai villaggi, creando così occasioni di conflitto con le comunità locali. L’integrità dell’habitat è ulteriormente minacciata dalle industrie di estrazione di gas e petrolio, sempre più interessate ai giacimenti artici, con il conseguente aumento del rischio di possibili incidenti. Infine, attraverso l’ingestione di prede contaminate dagli inquinanti sempre più diffusi nei mari, gli orsi polari rischiano di accumulare sostanze tossiche (processo noto come “biomagnificazione”), che possono causare danni fisiologici permanenti agli animali e avere drammatici effetti sulle loro capacità riproduttive.

Una nuova tecnologia, il DNA Ambientale, sta cominciando ad essere utilizzato proprio dal WWF per monitorare gli orsi polari dell’Artico, nel tentativo di aumentare la conoscenza delle 20 popolazioni di polari oggi esistenti malgrado i cambiamenti climatici che, giorno dopo giorno, stanno letteralmente sciogliendo il suo habitat. Tra i progetti più vasti portati avanti dal WWF per la conservazione dell’Artico c’è anche “Last Ice Area”, tra il Canada e la Groenlandia, che ha come obiettivo la tutela dell’area per garantire la sopravvivenza degli orsi polari e delle altre specie artiche.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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