episodio 3

Facciamo davvero l’amore come i conigli?

Quanto c'è di vero nel detto “fare l’amore come conigli”? Non troppo in realtà: i conigli hanno evoluto una strategia riproduttiva basata sull’avere un gran numero di figli, noi esseri umani, invece, seguiamo meccanismi diversi.

12 Ottobre 2023
20:00
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È vero che facciamo l’amore come i conigli? In realtà no. Sia l’accoppiamento che la strategia riproduttiva dei conigli sono molto diverse dalla nostra. I conigli si riproducono molto spesso ma l’atto in sé è molto breve: la monta, tra due conigli che si accoppiano, dura pochi secondi o al massimo un minuto. Subito dopo il maschio risulterà stremato e verosimilmente andrà a stendersi da qualche parte per un po’. Il vero talento evolutivo dei conigli è un altro e sta nel numero di parole che sono in grado di generare. Probabilmente sarebbe dunque più corretto dire “fare figli come conigli”.

La strategia riproduttiva dei conigli è detta di tipo “r”, basata sul potenziale riproduttivo. Ciò vuol dire che le popolazioni di queste specie hanno ritmi di crescita esponenziali e, in breve tempo, colonizzano l'ambiente fino a raggiungere il limite dettato dalla capacità portante dell'ambiente, ovvero possono raggiungere un numero tale da consumare tutte le risorse disponibili fino al punto da iniziare a morire di fame. Questo causa una drastica riduzione della popolazione e si ritorna temporaneamente ad un punto di equilibrio.

Come fa quindi l'ecosistema a non collassare? Ogni animale ha la sua nicchia ecologica, ovvero il suo ruolo, cosa fa e a cosa serve nel suo ambiente. Ogni specie presente in un determinato habitat ha un ruolo diverso: gli animali che regolano le popolazioni e preservano le risorse dell’ambiente sono i carnivori, considerati spesso delle vere e proprie specie chiave, che grazie alla predazione mantengono l’equilibrio dell’ecosistema.

Diverso è, però, il caso di in cui un piccolo animale dalla strategia riproduttiva particolarmente prolifica arriva, magari per azione dell’uomo, in un’area dove non è nativo e non ha predatori naturali. Come ad esempio è successo proprio con i conigli in Australia, che, nonostante oggi siano piuttosto diffusi, non sono nativi dell’isola. Una femmina di coniglio partorisce fino a 14 cuccioli in una volta, e in un anno i parti possono arrivare a cinque. Quando alcuni conigli scappati dalla cattività hanno iniziato a riprodursi in natura hanno dato il via ad una crescita incontrollata che ha messo in seria difficoltà le popolazioni native di marsupiali, rendendo i conigli, di fatto, una vera e propria specie aliena invasiva.

Gli esseri umani non si riproducono come i conigli ma seguono un’altra tipologia di strategia riproduttiva, detta strategia “K”, diametralmente opposta e basata sulla capacità di adattamento e sopravvivenza. Le popolazioni delle specie K hanno ritmi di crescita lenti e si assestano su un numero in equilibrio con la capacità dell’ambiente.

Le specie r sono caratterizzate da elevata prolificità, sviluppo e vita brevi con rapido raggiungimento della maturità sessuale, taglia piccola, gran numero di prole per gravidanza, elevata mortalità, capacità invasive e instabilità con l’ambiente se non adeguatamente controllate, e quindi una forte competizione con i conspecifici per le risorse ambientali. Oltre ai conigli e le lepri, altri animali sono topi, criceti e altri roditori, la maggioranza dei pesci, gli insetti, le rane e gli altri anfibi, alcuni rettili e, se non ci limitiamo agli animali veri e propri, possiamo considerare anche i batteri.

La strategia K, invece, prevede una crescita demografica lenta ma stabile, cicli di sviluppo lenti, età relativamente più lunga e raggiungimento della maturità sessuale dopo anni, possibilità di raggiungere col tempo dimensioni notevoli, basso tasso di mortalità e popolazioni che comprendono più generazioni diverse, numero limitato di prole per parto e lunghe gravidanze, ma soprattutto cure parentali, ovvero la protezione e la cura dei piccoli da parte di uno o entrambi i genitori. Tipici esempi di specie K sono i grandi erbivori come elefanti, giraffe e antilopi, molti uccelli e alcuni rettili, i marsupiali, i mammiferi marini come le balene e chiaramente i primati, umani compresi.

Noi come tutti questi altri animali investiamo molte energie nella prole, che per questo è poco numerosa ma nasce già piuttosto grande e sviluppata, e grazie alle cure che possono durare anche anni, ha molte chance di sopravvivere fino all’età adulta. Applicare la strategia “r” invece significa mettere al mondo quanti più piccoli possibile, senza tener conto delle loro reali possibilità di sopravvivenza, perché tra i tanti nati qualcuno riuscirà a sopravvivere fino all’età adulta e continuare la discendenza della specie. Non esiste una strategia migliore dell’altra e non dobbiamo umanizzare questi comportamenti: la natura ha selezionato entrambe le strade, che, per quanto diverse, consentono allo stesso modo alle specie di continuare ad esistere.

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Yuri Digiuseppe
Redattore
Classe '94, appassionato di animali e scienze sin da piccolissimo, sono un naturalista di formazione, specializzato in paleontologia e divulgazione. Mi è sempre venuto spontaneo spiegare agli altri le bellezze della natura e passare intere giornate ad osservare piante e animali di ogni tipo ovunque andassi, per poi tornare a casa e disegnarli. Vorrei contribuire ad avvicinare il pubblico all'ambiente ed essere parte di una ritrovata armonia uomo-natura, per il bene e la salvaguardia di ogni specie.
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