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1 Novembre 2022
15:00

È possibile studiare i carnivori da 400 chilometri di distanza?

Fare rilevamenti in natura, soprattutto negli studi sui carnivori, è spesso difficile, ma grazie agli strumenti di rilevazione presenti nella missione Global Ecosystem Dynamics Investigation (GEDI) della NASA, gli scienziati possono ottenere delle preziose informazioni anche a 400 chilometri di distanza.

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Fare rilevamenti in natura, soprattutto negli studi sui carnivori, è spesso faticoso e scomodo poiché alle volte è necessario inerpicarsi in luoghi impervi o inaccessibili. In questi casi è ben accetta tutta l'assistenza possibile e una nuova ricerca ci mostra come questo aiuto possa arrivare da enti internazionali che non ci aspetteremmo mai: grazie agli strumenti di rilevazione presenti nella missione Global Ecosystem Dynamics Investigation (GEDI) della NASA gli scienziati possono ottenere delle preziose informazioni per le proprie ricerche sulla fauna selvatica anche a 400 chilometri di distanza.

Gli strumenti in mano ai ricercatori per effettuare rilevamenti in un'area non sono mai abbastanza. Alcuni sono sicuramente molto utili, come ad esempio le fototrappole, un'invenzione fenomenale per i ricercatori: piccole fotocamere mimetizzate con l'ambiente circostante che catturano i movimenti di tutti gli animali gli passano davanti. Però, come possono testimoniare i ricercatori che studiano i binturong (Arctictis binturong), animali schivi, notturni, arboricoli e molto rari, piazzarle non è semplice.

Con uno sforzo di immaginazione accompagniamo i ricercatori a studiare questi carnivori e immediatamente ci ritroviamo a inerpicarci sugli scoscesi pendii dei sistemi montuosi indocinesi. Posizionate alcune fototrappole decidiamo di arrampicarsi su alti alberi nel fitto delle foreste primarie della regione, inondati da fameliche zanzare e sotto la pressione del caldo umido tropicale che fa sì che il nostro viso sia imperlato di una miriade di minuscole goccioline di sudore.

Lo studio dei binturong è solo un esempio e, indipendentemente dal carnivoro in esame, riuscire a ottenere dei dati sul suo comportamento in relazione allo spazio dove vive è sempre complesso. Spesso le fototrappole non bastano e per avere un'idea chiara dell'ambiente circostante sono necessarie immagini satellitari catturate da strumenti raffinati, proprio come quelli della missione GEDI della NASA. In un nuovo studio pubblicato sulla rivista Forest Ecology and Management i ricercatori dell'Università del Wyoming ci offrono un esempio di come semplificare la vita di migliaia di studiosi: hanno descritto alla perfezione tutte le caratteristiche del grande ecosistema di Yellowstone, uno dei più famosi parchi nazionali americani, e per farlo hanno utilizzato uno strumento laser installato sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS).

Come può la NASA aiutare la ricerca sui carnivori

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Immagine che mostra la divisione spaziale applicata da GEDI durante i rilievi, Austin B.Smith et al. 2022

La missione GEDI è stata avviata dalla NASA nel 2018 con un costo totale di 94 milioni di dollari ed è ufficialmente gestita dall'Università del Maryland in collaborazione con il Goddard Space Flight Center della NASA. Il suo compito principale è produrre osservazioni tramite apparecchiature laser ad alta risoluzione della struttura 3D della Terra. Quanto è alta la volta di una foresta? Quanti rilievi montuosi ci sono nelle vicinanze e a che distanza? Queste e molte altre sono le domande alle quali è possibile rispondere senza neanche doversi allontanare dalla scrivania grazie a GEDI.

A operare la "magia", però, è nello specifico un laser geodetico per la misurazione delle distanze chiamato Light Detection and Rang (LiDAR). Il complesso di strumenti è composto da 3 laser che producono 8 tracce parallele di osservazioni e ognuno si attiva 242 volte al secondo illuminando un punto ogni 25 metri. Così facendo lo strumento misura la composizione altimetrica di una zona nel dettaglio, fornendo alla fine una mappa 3D. La macchina è stupefacente ed è di un'efficienza sconcertante: in 24 mesi può produrre in media circa 10 miliardi di osservazioni.

Per scoprire come questa enorme quantità di dati possa essere utile ai ricercatori, gli studiosi americani hanno voluto rappresentare nel dettaglio quanto i carnivori del Parco Nazionale di Yellowstone utilizzassero gli spazi della riserva integrando i rilievi del programma GEDI con foto e video di 107  fototrappole e telecamere posizionate in tutta l'area per tre inverni consecutivi.

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Immagine di una volpe catturata da una fototrappola, Austin B.Smith et al. 2022

Così facendo gli studiosi hanno scoperto i territori nei quali martore, volpi e coyote sono soliti vivere e persino a quali altezze riescono ad arrampicarsi per cacciare. Dunque, l'abbinamento dei dati GEDI con altri sensori ha portato a un sostanziale miglioramento nella caratterizzazione della struttura forestale verticale e orizzontale, sottolineando un'evidenza importante: siamo soliti pensare che gli animali sfruttino principalmente lo spazio orizzontale e ci dimentichiamo come molti carnivori siano anche eccellenti scalatori. 

Sebbene alcuni studiosi potrebbero ritenere l'evidenza scientifica poco interessante, bisogna ricordarsi una cosa: tutto questo è stato possibile grazie a un'apparecchiatura che, galleggiando a 400 chilometri di distanza sopra le nostre teste, è riuscita a fornirci una gigantesca mole di dati in brevissimo tempo.

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