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6 Luglio 2023
10:13

Un metodo innovativo per attirare e studiare le cernie giganti dell’Atlantico

Gli scienziati sono riusciti per la prima volta a trovare un metodo per convincere le cernie atlantiche a uscire dai loro nascondigli per poterle studiare durante le campagne di monitoraggio.

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Tra i pesci dalle dimensioni più imponenti, oltre a squali e tonni, abbiamo anche diverse specie di cernie, che, in particolar modo nell'Atlantico settentrionale, raggiungono dimensioni considerevoli. Infatti, gli esemplari di cernia gigante atlantica o Golia, Epinephelus itajara, possono superare i 3 metri di lunghezza e raggiungere il peso di 360-370 kg. Nonostante siano tra i pesci più grossi della barriera corallina, però, sono molto difficili da osservare e non amano allontanarsi dai loro rifugi, tant'è che i biologi marini hanno sempre trovato delle difficoltà per studiarli.

Le ragioni per cui le cernie non rispondono alle esche utilizzate dai ricercatori sono diverse, ma tra le principali c'è sicuramente l'essersi adattate a un ambiente ricco di pericoli, in cui anche un singolo errore può essere fatale. Ad esempio, molti subacquei hanno assistito agli scontri tra questa specie e diversi squali, tra cui lo squalo limone, che pattugliano la barriera alla ricerca di prede. Fortunatamente, però, un nuovo team di ricerca, guidato dalla Florida Atlantic University (FAU), ha trovato una soluzione per attrarre questi animali, sviluppando dopo anni di ricerca un vero e proprio richiamo.

La cernia Golia abita tutta la costa Est degli Stati Uniti, i Caraibi e arriva fino alle coste del Brasile e produce dei caratteristici versi che sono stati studiati dai ricercatori statunitensi per riprodurre un canto di richiamo che possa convincere gli esemplari ad uscire dalle loro tane. Questo metodo è simile a quello utilizzato da alcuni ornitologi con i passeriformi, con la differenza che nei pesci le vocalizzazioni vengono prodotte dalla vescica natatoria, che nella cernia è stata convertita in un organo simile a un tamburo.

Il suono prodotto da questi animali, quando i muscoli che contraggono la vescica natatoria sbattono contro le pareti dell'organo e ricorda un "boom" improvviso: i ricercatori raccontano che nonostante questo suono raggiunga dei picchi solo nella bassa frequenza –  di circa 60 hertz – produce un onda sonica "policiclica", che aumenta rapidamente di ampiezza fino a uno o due cicli d'onda, diminuendo poi in modo esponenziale fino a scomparire fra i flutti.

I ricercatori hanno registrato i suoni prodotti dalle cernie giganti all'interno di una barriera corallina artificiale, costruita per finalità di recupero nel Golfo del Messico, per poi produrre una lista di suoni oculatamente selezionati per far sì che le cernie rispondano al richiamo, dando vita ad uno strumento che molto ultime nelle prossime campagne di studio e monitoraggio della barriera.

I risultati dello studio sul nuovo metodo d'interfacciarsi con questi grossi pesci sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista The Journal of the Acoustical Society of America, una delle più importanti al mondo in campo di bioacustica. I modelli utilizzati dagli scienziati per produrre il richiamo potranno essere utilizzati anche per elaborare automaticamente grandi quantità di dati acustici e fornire così i movimenti dettagliati degli organismi marini che si spostano nell'oceano producendo rumori a bassa frequenza.

«Localizzare i richiami della cernia Golia nel loro habitat può darci l'opportunità di conoscere i modelli di attività di questi animali in una gamma di spazio e tempo, rumore e condizioni ambientali – ha affermato Hanqi Zhuang, autore, presidente e professore presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Informatica della FAU. – Il metodo di localizzazione che abbiamo utilizzato è applicabile anche a impulsi sonori simili emessi da balene, delfini, aragoste, granchi e altri crostacei. Per questo promette di divenire uno degli strumenti più utilizzati i futuro dai biologi marini».

«I richiami della cernia Golia possono essere identificati in modo univoco mediante un filtraggio del suono, che utilizza un modello generico dell'impulso da identificare, tramite le registrazioni che abbiamo ottenuto. Questo sistema quindi, attraverso il suo design specifico, mitiga anche alcuni problemi nell'identificazione degli animali – ha affermato invece Laurent Chérubin, professore di ricerca presso la medesima università. – Questo approccio non invasivo e automatizzato elabora in modo efficiente grandi set di dati acustici per mappare continuamente l'evoluzione della distribuzione spaziale della sorgente sonora con una precisione relativamente elevata».

Le cernie, perciò, potrebbero essere soltanto la prima specie di pesce che verra studiata e monitorata grazie a questo metodo innovativo, che promette grandi applicazioni in futuro anche per altre specie.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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