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21 Agosto 2023
15:04

È possibile identificare gli orsi polari tramite le loro impronte?

Alcune ricercatrici, aiutate da un team di massimi esperti, hanno inventato da poco un nuovo metodo che permette agli scienziati di seguire e riconoscere gli orsi polari, partendo dallo studio delle loro impronte.

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Alcuni ricercatori dell'Università dell'Idaho hanno appena compiuto un grande passo in avanti per identificare gli orsi polari, usando un nuovo metodo che valuta esclusivamente le loro impronte. Un'innovazione tecnica molto importante, visto che consentirà agli esperti di seguire gli spostamenti degli animali senza doverli per forza avvistare ad occhio nudo e di semplificare così notevolmente gli studi che vengono effettuati in uno degli ambienti più inospitali del pianeta: il polo nord.

Questa notizia ci giunge grazie ad un articolo pubblicato sulla rivista Frontiers in Conservation Science che ha tra gli autori Jennifer AdamsLisette Waits, ricercatrici che da anni studiano questi animali per consentire la loro sopravvivenza di fronte alla minaccia del cambiamento climatico.

Come funziona però questo metodo?In realtà non prende in considerazione l'impronta in sé ma il suo straordinario contenuto. Altri scienziati avevano tentato di risolvere la questione dell'identificazione degli animali studiando le forme e le dimensioni delle orme, lasciate sul ghiaccio, nella speranza che – come le nostra dita – i cuscinetti plantari degli orsi polari disponessero di "impronte" in grado di garantire il riconoscimento dell'identità di un esemplare. Questo approccio però non è mai risultato efficace, in parte perché la neve non riesce a conservare bene le impronte, in parte perché è difficile trovare delle orme fresche che non siano state già ricoperte da strati di ghiaccio.

Adams e Waits, insieme ad altri tre ricercatori del North Slope Borough Department of Wildlife e dell'Alaska Department of Fish and Game, hanno così deciso di interessarsi al DNA ambientale che gli orsi polari solitamente lasciano sulla neve camminando.

«Gran parte di questo DNA proviene dalle cellule epiteliali e dalla pelliccia dell'animale – ha specificato Jennifer Adams – È sufficiente per permetterci di identificare e distinguere gli orsi, tanto che abbiamo cominciato a pensare di utilizzare questi dati per studiare le parentele e comprendere quali possono essere le probabilità di un eventuale riproduzione fra consanguinei».

Per estrarre il DNA, gli esperti si sono spinti fino ai confini dell'Alaska più selvaggia e hanno adoperato cazzuola e paletta per raschiare il sottile strato di neve contenente le sequenze genetiche dalle impronte fresche dell'orso: tutto a meno di dieci gradi centigradi e con il vento che spinge a scivolare sul pack ghiacciato.

Dai test effettuati, che comprendevano il prelievo di 15 campioni in natura, è stato possibile così estrarre il DNA in laboratorio di ben 11 animali diversi, garantendo l'efficacia sperimentale che i ricercatori attendevano da tempo. Questo metodo inoltre è anche poco invasivo, è economico e può essere applicato anche da non addetti ai lavori.

Quest'ultimo è un obiettivo molto importante che è stato raggiunto, visto che a queste latitudini gli scienziati spesso cercano il confronto e la collaborazione delle popolazioni locali, come gli Inuit, che hanno una maggiore esperienza del territorio e maggiori probabilità di effettuare nuovi incontri con gli orsi e le loro impronte. «A nostra conoscenza, questa è la prima volta che gli orsi polari, o qualsiasi altra specie, sono stati identificati utilizzando il DNA ambientale raccolto dalla neve», ha aggiunto Adams.

Lo studio del DNA ambientale è divenuto nel tempo economicamente meno gravoso per gli enti di ricerca e più diffuso grazie al progresso delle biotecnologie. Questa metodologia sta permettendo agli scienziati di studiare animali che sono da sempre molto difficili da rincorrere e osservare. Fra queste specie abbiamo per esempio alcune tipologie di pesci, la fauna presente all'interno di alcune ristrette aree di bosco, la foca monaca e anche alcune tipologie di scimmie.

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Il nuovo metodo consiste di raschiare gli strati di ghiaccio dall’orma, per ricavare le sequenze geniche utili per dare un nome all’animale
Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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