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8 Novembre 2022
12:47

Dieci paesi africani chiedono maggiori misure a tutela degli ippopotami

Dieci paesi dell'Africa occidentale hanno chiesto con una lettera aperta di aumentare le restrizioni al commercio degli ippopotami. Il loro destino verrà deciso nel corso della imminente Cop di Panama.

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Dieci paesi dell’Africa Occidentale hanno chiesto di rivedere le disposizioni della Convenzione di Washington relative alla tutela degli ippopotami durante l'imminente Cites Cop di Panama, in programma dal 14 al 25 novembre 2022.

Secondo i 10 paesi firmatari – Benin, Burkina Faso, Gabon, Guinea, Liberia, Mali, Niger, Repubblica Centrafricana, Senegal e Togo – serve un divieto internazionale totale al commercio di prodotti e manufatti a base di ippopotamo.

Caccia illegale e commercio di carne hanno influito negativamente sulle popolazioni di questa specie che continuano ad essere oggetto di bracconaggio per poi essere rivenduti nei mercati occidentali, soprattutto europei. «Gli ippopotami stanno morendo silenziosamente da 30 anni – hanno scritto i paesi firmatari – Dobbiamo agire rapidamente prima che si estinguano. L'Unione Europea sta mettendo a repentaglio le possibilità della regione dell'Africa occidentale e centrale, che ospita più della metà delle popolazioni di ippopotami, di garantire adeguatamente la sopravvivenza della specie».

Secondo i dati delle Ong internazionali relative ai trofei di caccia, nel periodo che va dal 2014 al 2018 sono stati importati legalmente nell'UE trofei di almeno 15.000 mammiferi protetti a livello internazionale, e l’Italia risulta il primo importatore europeo di trofei di ippopotamo. Proprio in ragione del declino della popolazione della forte riduzione del loro areale di diffusione, a partire dal 2016 gli ippopotami sono stati inseriti nella lista rossa delle specie vulnerabili a rischio di estinzione dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN).

ippopotami africa
Mappa della distribuzione degli Ippopotami in Africa (Fonte Wikimedia Commons)

Mariagrazia Midulla, referente del Wwf Italia alla Cop27 di Sharm el Sheikh sul clima, aveva segnalato a Kodami come a pagare il conto più salato delle emissioni generate dai paesi occidentali fossero proprio le realtà del continente africano: «Siamo davanti a un continente che ha un bassissimo numero di emissioni pro capite ma che per contro è flagellato da eventi climatici catastrofici le cui notizie non arrivano affatto in Occidente. Ci aspettiamo che questo richiamo morale venga esercitato da paesi africani e ascoltato da tutti altri in occasione della Cop27. Si tratta di una sfida cruciale per le persone e la biodiversità dei paesi africani».

Il medesimo discorso vale, secondo i firmatari della missiva, anche per ciò che concerne la tutela della fauna, e per questo chiedono di cambiare le disposizioni della Cites spostando gli ippopotami dall’Appendice II alla I della Convenzione di Washington.

Le specie dell'Appendice I, infatti, sono quelle ritenute a rischio di estinzione più elevato e per questo hanno il più alto livello di protezione. Il commercio di esemplari di origine selvatica di queste specie non è consentito, e anche i traffici non commerciali sono rigorosamente controllati, e richiedono che un permesso di importazione e un permesso di esportazione siano rilasciati dalle autorità di gestione in ciascun paese in ogni caso.

Sono inseriti nell’Appendice I animali a rischio come  il panda rosso (Ailurus fulgens), il gorilla occidentale (Gorilla gorilla), le tigri (Panthera tigris), l'elefante asiatico (Elephas maximus), e altri.

Gli ippopotami sono inseriti invece nell’Appendice II, la più corposa, che include specie non necessariamente minacciate di estinzione ma il cui commercio deve essere controllato. Tuttavia, secondo l’analisi elaborata dall'IUCN proprio in vista della Cop di Panama, non ci sarebbero i presupposti per inserire gli ippopotami nell’Appendice I poiché il numero globale di ippopotami non è diminuito di oltre il 50% nell'ultimo decennio.

La discussione alla Cop panamense vedrà quindi ancora una volta contrapposti gli interessi commerciali dell'Occidente e la volontà dell'Africa di tutelare le proprie risorse.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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