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23 Luglio 2023
9:00

Cosa significa quando il gatto si isola

Un gatto può scegliere di isolarsi per “staccare la spina”, perché spaventato da qualcosa o persino perché ammalato o in punto di morte: ecco le possibili motivazioni per cui un gatto si isola improvvisamente.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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I gatti si isolano spesso, per diversi motivi. Un gatto può scegliere di isolarsi come normalissima routine quotidiana per “staccare la spina” e rifiatare dal contesto fisico e sociale, perché spaventato da qualche evento imprevisto, perché incapace di adattarsi alle situazioni o persino perché ammalato o in punto di morte.

L’isolamento è uno dei bisogni fondamentali del gatto. Spesso si tende a trascurarlo, in molti nemmeno lo sanno ma questa esigenza è sotto gli occhi di tutti: ogni volta che si appisola in cima ad un armadio, sotto le coperte, al fresco della cantina o sotto un cespuglio in giardino, il gatto sta sicuramente riposando ma sta anche esprimendo la necessità di starsene un po’ per fatti suoi, per ricaricare le energie. Il gatto, del resto, è un animale che ha sviluppato tratti di socialità solo di recente sul piano evolutivo e questa esigenza di “staccare la spina” è un po’ il risultato di un retaggio antico ma tutt’altro che sopito.

Tuttavia, l’isolamento potrebbe anche essere motivato dal fatto che il gatto è spaventato o addirittura terrorizzato. Potrebbe aver subito uno spavento momentaneo. Oppure potrebbe essere stabilmente così perché fatica ad adattarsi all’ambiente in cui vive e restare rintanato è l’unica strategia in grado di abbassare l’ansia che lo devasta.

Quando il gatto sta male si isola?

Ma il gatto può scegliere di isolarsi anche quando sta male fisicamente o, addirittura, in punto di morte. Questo perché essere in cattiva salute significa essere vulnerabili e un modo per celare la vulnerabilità ai propri predatori è proprio l’isolamento. Si potrà ribattere che il nostro amato gatto di famiglia non deve fronteggiare alcun predatore ma attenzione: molti dei comportamenti dei gatti sono dettati dalla genetica, dall’appartenenza di specie, dal fatto di essere “gatti”, e non solo dal contesto in cui attualmente vivono. Proteggersi dai predatori è un meccanismo difensivo atavico esattamente come lo è per noi difenderci dai nemici.

Devo avvertire il veterinario se il gatto si isola?

In linea di massima non è mai necessario rivolgersi al veterinario se il gatto si isola e poi torna a svolgere la sua vita normalmente. Come detto, l’isolamento è espressione di un comportamento sano. Ma se questa tendenza si cronicizza oppure emerge all’improvviso, se rompe schemi o abitudini consolidate e, soprattutto, se è accompagnata da altri segnali di malessere quali inappetenza, mancanza di vivacità, febbre, difficoltà a deambulare o a respirare, perdita di peso, allora è il caso di consultare un veterinario.

Come aiutare un gatto che si isola

Capire le ragioni per cui un gatto si isola, dunque, è cruciale per capire se c’è ragione di preoccuparsi oppure no e per decretare se e come intervenire. Se a determinare il comportamento è la paura, per esempio, possiamo tentare di rimuovere ciò che nell’ambiente gli crea disagio oppure creare ulteriori nascondigli che aumentino il suo senso di protezione. Se la difficoltà è di adattamento ad un nuovo contesto, a volte è sufficiente avere pazienza e, magari, ricreare prima possibile attorno a lui una situazione di calma e di serenità, che evochi situazioni note.

Se il problema è fisico, il veterinario potrà senz’altro prescrivere una terapia adeguata. Ma se siamo in presenza di un gatto che, semplicemente, ama prendersi degli spazi per conto suo, possiamo aumentare il suo benessere mettendo a sua disposizione nicchie, anfratti, scatole, postazioni dove nessuno lo disturbi. Questo lo farà sentire più a casa e, paradossalmente, più disponibile all’interazione sociale nel momento in cui il suo bisogno di isolamento ha trovato pieno appagamento.

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Sonia Campa
Consulente per la relazione uomo-gatto
Sono diplomata al Master in Etologia degli Animali d'Affezione dell'Università di Pisa, educatrice ed istruttrice cinofila formata in SIUA. Lavoro come consulente della relazione uomo-gatto e uomo-cane con un approccio relazionale e sono autrice del libro "L'insostenibile tenerezza del gatto".
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