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4 Marzo 2022
14:10

Cosa c’è dietro la storia del cucciolo di Pastore Tedesco che prevede gli attacchi nemici

Il cucciolo di pastore tedesco Bayraktar sente avvicinarsi l'arrivo dell'attacco nemico prima ancora che possa essere percepito dagli uomini. La sua storia però va ben oltre questo: parla di un terreno inedito dove si sta concentrando lo scontro tra russi e ucraini.

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cane polizia ucraina

Un cucciolo di Pastore tedesco, di nome Bayraktar, sente avvicinarsi l'arrivo dell'attacco nemico prima ancora che possa essere percepito dagli uomini e dalla loro tecnologia. È stata la Polizia ucraina a raccontare sui social le doti del loro giovane collega a quattro zampe. Bayraktar è nato nel centro cinofilo della Polizia, ciò significa che in tempo di pace sarebbe stato addestrato per lavorare sul campo al fianco degli agenti come cane anti droga, oppure impiegato per il controllo delle strade.

Un po' come fa il suo collega italiano Zorro che insieme alla sua conduttrice Chiara Barone sorveglia le strade di Napoli.

Ma la storia del Pastore tedesco ucraino insegna che anche la vita degli animali, e non solo degli esseri umani, è stata sconvolta dall'invasione iniziata nella notte del 24 febbraio 2022 dal presidente russo Vladimir Putin. Di conseguenza anche il destino di Bayraktar ha preso una piega inaspettata, ritrovandosi sul campo di battaglia al fianco dei militari, per i quali è diventato «un talismano portafortuna», come hanno raccontato i militari sui loro social.

Bayraktar, infatti, «qualche tempo prima dell'inizio delle esplosioni comincia ad abbaiare con forza e non smette fino a quando l'azione nemica non è terminata». Una caratteristica utile ai militari, che così hanno una manciata di minuti in più per predisporre la loro controffensiva, ma che ha anche un alto valore emotivo per i combattenti: «Bayraktar sostiene la Polizia e i militari durante tutto il tempo dello scontro», hanno sottolineato.

«Il contributo di Bayraktar è fondamentale durante ogni vittoria dei difensori dell'Ucraina», concludono i poliziotti. Una storia commovente, in grado di strappare un sorriso e che permette di sodalizzare, attraverso Bayraktar, con le truppe ucraine al fronte.

La storia di Bayraktar è stata condivisa, su Facebook e su Telegram  da migliaia di persone, tra queste c’è anche il consigliere del ministro dell'Interno ucraino, Anton Gerashchenko, il quale regolarmente tramite i suoi canali fornisce aggiornamenti sulle fasi della guerra, e sulle vicende che riguardano i combattenti ucraini.

Non è un caso che a diffondere questi contenuti sia un funzionario del governo ucraino. Il campo sul quale si combatte la guerra in atto non è solo fisico, ma anche virtuale.

Animali come arma della guerra dell'informazione

Gli schieramenti in campo forniscono un gran numero di informazioni, tramite i social network o i media tradizionali, cercando anche in questo caso di conquistare posizioni, solo che invece delle armi devono usare il consenso. È quella che i politologi italiani definiscono “infowar”, una guerra dell’informazione che coinvolge contemporaneamente social network, influencer e informazione tradizionale.

A essere sfruttati, fin dalle primissime fasi del conflitto, sono stati anche gli animali. Le immagini degli ucraini che fuggono con al seguito i loro animali domestici all'indomani dello scoppio della guerra hanno colpito fortemente l'opinione pubblica. Un interesse che ha generato una vera e propria mobilitazione internazionale per aprire le frontiere a cani e gatti senza passaporto e che è stata riproposta più e più volte dalle prime pagine dei giornali, per poi rimbalzare sui vari feed online.

L’informazione, infatti, oggi non viaggia di certo solo attraverso le testate giornalistiche. I giovani, la cosiddetta "generazione z" e i millennials, desiderano informarsi sul web. Un luogo preferito perché si pensa generalmente di andare così alla fonte della notizia senza essere costretti a passare per l’intermediazione di terzi.

Non sono i soli però: anche gli stessi giornalisti ricercano spesso informazioni “di prima mano” dalle chat di Telegram o dai gruppi di Facebook dove però spesso incappano in notizie costruite ad arte, posizionate appositamente per interessare uno specifico tipo di utenza.

La storia di Bayraktar, condivisa dal consigliere Gerashchenko può essere vera ma quello che è certo è che ha conquistato l’attenzione – e la simpatia – di un gran numero di utenti ucraini, dei paesi slavi e del resto dell’Europa senza generare molte domande sulla reale condizione di un cane di pochi mesi, ai primi passi sicuramente per un addestramento di questo tipo.

Anche il suo «abbaiare senza sosta durante tutte le fasi dello scontro» può essere letto in realtà come un segnale di stress e non come un segno del suo appoggio alla causa ucraina, cosa che invece lasciano intendere i poliziotti.

I conflitti armati tradizionali sono regolati da un gran numero di convenzioni che stabiliscono regole minime anche per i bombardamenti e la fuga dei prigionieri. Ad esempio, non si possono bombardare ospedali o civili, a meno ché non contengano obiettivi militari, e il prigioniero ha diritto alla fuga e a un trattamento dignitoso. Fragili baluardi, è vero, tuttavia esiste una pena per chi disattende questi trattati, che culmina nella messa al bando internazionale. Si tratta di norme elaborate il più delle volte all’indomani del secondo conflitto mondiale, ma che prendono spunto dalla millenaria esperienza dell’uomo in fatto di guerre.

La guerra dell’informazione per come la conosciamo oggi invece non ha regole: è un’anomalia della modernità nata da pochissimo, e per questo priva di norme condivise. Nonostante ciò, anche senza guardare oltre la cortina di ferro, sappiamo che questa lotta a botte di clic e scroll si sta svolgendo con le stesse modalità anche dall'altra parte.

E il punto cardine della guerra dell’informazione è l’asimmetria. Gli utenti devono essere “bombardati” di notizie – o vere e proprie fake news – ma per vincere, il predominio dei canali di comunicazione deve appartenere a uno solo degli schieramenti in lotta. Altrimenti dall’infowar si rischia di cadere nell’infodemia, la pioggia confusa di notizie distorte che ha caratterizzato la pandemia da Covid-19.

Le poche cose che sappiamo riguardo a come si combatte la guerra dell’informazione derivano, non a caso, dall'osservazione statunitense della propaganda russa durante le elezioni che nel 2017 hanno portato alla presidenza di Donald Trump. In quell’occasione è stato spesso sottolineato il ruolo dell’intelligence guidata da Putin nell’inserire notizie nel circuito dell’informazione, allo scopo di orientare l’opinione pubblica, in maniera diretta, o molto sottile.

Se in politica i leader dei partiti puntano alla pancia dell'elettorato, gli esperti di strategia del marketing dagli albori di internet hanno così usato gli animali domestici per raggiungere il cuore delle persone. Cani e gatti dominano letteralmente il World Wide Web, come ha rilevato uno dei suoi inventori, Tim Berners-Lee, il quale nel 2004 rispondendo alla domanda di un utente ha detto: «Non mi sarei mai aspettato così tanti gattini in Rete».

Una risposta ironica che contiene in sé una verità: gli animali vengono apprezzati e ricondivisi. E la storia di Bayraktar – e di molti suoi simili – conferma che le sfere delle intelligence anche in tempi di guerra hanno tutto l'interesse a riempire il web di cuccioli.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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