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22 Agosto 2023
15:54

Concesse le licenze di caccia sull’isola di Rodi martoriata dalle fiamme: così si uccidono i pochi animali sopravvissuti

Contro l’assurda decisione di aprire la stagione della caccia a Rodi dove gran parte della fauna è stata distrutta dagli incendi, sono scesi in campo animalisti e volontari che chiedono una revoca immediata di quella che viene ritenuta una "misura minima" dopo il disastro ecologico avvenuto.

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Gli incendi in Grecia hanno devastato l’isola di Rodi, distruggendo ettari di vegetazione e uccidendo grande parte della fauna presente. Ma evidentemente questo non è stato abbastanza per il Governo che ha avuto la gran bella idea di concedere le licenze di caccia per la stagione venatoria 2023-2024, dando così il colpo di grazia ai poveri animali che sono riusciti a sopravvivere, trovando miracolosamente una via di fuga. Contro l’assurda decisione sono scesi in campo animalisti e volontari che stanno protestando per riuscire ad ottenere una revoca immediata del provvedimento in modo da impedire che la vita di centinaia di animali selvatici, già scampati alla fiamme venga nuovamente messa in discussione.

Una vergogna, dicono le associazioni, una su tutte l’Associazione per la protezione ambientale di Rodi: «Siamo rimasti sorpresi nel leggere sulla stampa locale che il processo di rilascio dei permessi per la stagione di caccia 2023-2024 per l'isola di Rodi è già iniziato da qualche giorno. Siamo ancora più sorpresi di apprendere che il Servizio Forestale e il Ministero dell'Ambiente e dell'Energia competente intendano consentire la caccia per quest'anno nella nostra isola martoriata. Per buon senso, quanto sopra è un'azione irrazionale. Dopo il recente incendio boschivo che ha bruciato 170mila ettari di superficie prevalentemente forestale, con effetti incalcolabili sulla flora e la fauna dell'isola, è il minimo considerare per quest’anno il divieto di caccia».

L’associazione non critica, però solo una decisione avventata e ingiustificabile ma fa al Governo delle precise richieste: «Chiediamo allo Stato di procedere immediatamente con il divieto di caccia sull'intera isola di Rodi per quest'anno e di rivalutare la situazione ogni anno fino a quando non sarà certo che la fauna selvatica dell'isola non è più in pericolo. Facciamo appello all'Associazione di caccia di Rodi e ai suoi membri affinché si astengano almeno per quest'anno da qualsiasi attività legata alla caccia non solo a Rodi ma anche nelle altre isole del Dodecaneso. Chiediamo che lo Stato sostenga i costi del controllo della selvaggina finché dura il divieto di caccia. Chiediamo che tutte le aree bruciate siano dichiarate immediatamente recuperabili. Quanto sopra sono richieste non solo nostre, ma dell'intera società di Rodi e non solo».

Tra gli esemplari che potranno essere cacciati se il Governo non tornerà indietro sui suoi passi, cosa su cui sta ragionando in ogni caso, vi sono lepri, pernici e ovviamente i Dama dama, i daini simbolo dell’isola. A favore della fauna hanno preso posizione anche gli abitanti della splendida isola, chiedendo a gran voce al Dicastero dell’Ambiente di offrire maggiore protezione ai daini di Rodi, una specie unica di questo territorio, nonché a tutte le altre creature selvatiche e alla flora locale, tutela che chiaramente non è compatibile con l’apertura della stagione venatoria.

Pur se in passato la caccia ha rappresentato una fonte di sostentamento, oggi non è più così: la caccia oggi non ha più niente a che vedere con la sopravvivenza, ma è un puro “divertimento” violento e pericoloso che fa molto male alla natura e, come leggiamo, anche spesso alle persone.

Ma la natura è un universo di risorse e bellezza, è una gigantesca rete di vita, è soprattutto qualcosa di cui gli esseri umani, anche se non sembra che ne siano sempre consapevoli, non possono fare a meno. Questa necessità, però, non va soddisfatta facendo violenza alla natura, ma semmai rispettandola di più. Solo così sarà possibile pensare a un futuro più roseo di quello che ci viene descritto.

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Simona Sirianni
Giornalista
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