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7 Settembre 2022
13:14

Come fanno i tardigradi a resistere all’essiccamento

Una recente ricerca dell'Università di Tokyo ha dimostrato come fanno i tardigradi a resistere alla disidratazione: è tutto merito di proteine speciali che, gelificandosi, aiutano a sostenere le cellule che altrimenti collasserebbero.

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«I tardigradi erediteranno la Terra». Queste è il titolo dell'album della band inglese The Mute Gods, e da oggi abbiamo un nuovo motivo per dargli ragione. Infatti, per la prima volta dei ricercatori hanno descritto un nuovo meccanismo che spiega come alcuni di essi possano sopportare una disidratazione estrema senza morire. Il segreto sta in delle particolari proteine che percepiscono la perdita d'acqua e formano una rete di filamenti gelificati che sostengono le cellule. Senza di esse, le cellule collasserebbero.

Oltre ad essere "invincibili" e "indistruttibili", dunque, da oggi dovremo chiamarli anche "inessiccabili" grazie a uno studio dell'Università di Tokyo pubblicato su Plos Biology. Sui segreti e le meraviglie biologiche e fisiologiche dei tardigradi esistono numerose ricerche, tutte incentrate sulla loro incredibile resistenza e resilienza ai fenomeni naturali e alle condizioni ambientali più estreme.

Il meraviglioso mondo dei tardigradi

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Quando alla fine del 1700 il fisiologo e gesuita italiano Lazzaro Spallanzani osservò per la prima volta questi animali fu colpito soprattutto dalla lentezza dei loro movimenti. Fu per questo che li chiamò tardigradi: dal latino "tardus", lento, e "gradi", camminare.

Questi piccoli invertebrati microscopici sono chiamati anche "orsetti d'acqua" e, nonostante le loro minuscole dimensioni, che vanno negli adulti da 0,1 a 1,5 millimetri, sono capaci di resistere a temperature estreme, sopravvivere a lunghi periodi di digiuno di oltre 30 giorni e ricevere uno straordinario quantitativo di radiazioni che per altri animali sarebbero fatali. Agli assurdi esperimenti ai quali sono stati sottoposti, però, vi sono alcuni estremamente interessanti e "fuori dalle righe".

Ad esempio alcuni ricercatori hanno testato la capacità dei tardigradi di sopravvivere allo shock da impatto letteralmente sparando esemplari di Hypsibius dujardini in criptobiosi, una sorta di letargo che sospende tutte le loro funzioni vitali, contro una superficie sabbiosa. Facendo così hanno scoperto che sono persino in grado di uscire illesi ad impatti fino a 2.970 km/h, equivalenti a una pressione d'urto di circa 1.01 gigapascal.

Perché i tardigradi resistono alla disidratazione

Recentemente i ricercatori giapponesi dell'Università di Tokyo sono riusciti a rispondere anche a come riescano a resistere alla disidratazione e il segreto sta in alcune proteine citoplasmatiche solubili al calore chiamate CASH, molecole uniche trovate solo in questi organismi.

Quando sono disidratate le cellule di tutti gli animali tendono a collassare su se stesse perché l’acqua, grazie alla pressione idrostatica, ne mantiene salda la struttura. Per capire meglio bisogna immaginare un palloncino gonfio d'acqua: una volta riempito d'acqua il palloncino assume la classica forma tondeggiante ed è anche più resistente agli impatti. Svuotato del liquido, però, il palloncino perde la sua forma e compattezza, tornando a essere nuovamente un pezzo di gomma vuoto e schiacciato. Per i tardigradi, però, non è così.

Secondo lo studio le CASH possono percepire quando la cellula viene disidratata e iniziano a formare filamenti gelatinosi che si irrigidiscono per sostenere e proteggere le cellule dalle sollecitazioni meccaniche che altrimenti la ucciderebbero, evitandone anche il collasso.

Dunque uno studio che conferma ancora una volta quanto la biologia di questi microrganismi sia meravigliosa, ma i ricercatori aggiungono alla meraviglia anche l'utilità. Molti reagenti da laboratorio, come le stesse cellule utili per gli studi, hanno solitamente una data di scadenza. Riuscire ad applicare le CASH a queste cellule permetterebbe loro una maggiore resistenza e longevità e, dunque, potrebbe far risparmiare tempo e denaro a ricercatori e istituzioni.

Saper isolare e attivare queste proteine speciali, però, è difficile e si è ancora ben lontani da riuscire ad applicare questa tecnologia, ma la ricerca è solo all'inizio. In futuro, dunque, dovremo aspettarci che proprio grazie ai tardigradi l'uomo riuscirà ad effettuare un ulteriore balzo tecnologico.

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