Come fanno gli armadilli ad arrotolarsi in una palla?

Contrariamente a quello che si crede non tutti gli armadilli sono in grado di arrotolarsi su se stessi. Solo una, delle venti e più specie, mette in pratica questo comportamento di difesa. Le cause sono da ricercare nella loro differente morfologia, risultato di percorso evolutivo vecchio 35 milioni di anni.

1 Giugno 2023
16:54
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C'è tanta diversità nel mondo degli armadilli Cingulata (che significa "piccoli corazzati" in spagnolo). All'interno dell'ordine, infatti, gli animali variano sia per le dimensioni che per la forma. In testa c'è l'armadillo gigante, che pesa ben 31 chili e misura fino a 1,5 metri dalla testa alla coda. All'estremità opposta c'è l'armadillo delle fate rosa dell'Argentina, lungo appena 10 centimetri ma che nonostante le sue dimensioni minuscole ha un guscio duro che gli protegge la testa e la schiena.

Le differenti specie hanno tutte un'esoscheletro (ovvero uno scheletro esterno) di protezione e si distinguono per il numero di bande su di esso. L'armatura esterna dell'armadillo lo fa sembrare indistruttibile e inesplorabile, almeno a noi umani ma ha una manciata di predatori che possono colpire il suo ventre morbido e non protetto. Negli Stati Uniti, i nemici più grandi includono leoni di montagna, orsi e coyote. Dal momento che l'armadillo non può infliggere un morso o fare molti danni con i suoi artigli, può dunque proteggersi unicamente con la sua armatura.

Contrariamente a quanto si crede non tutte le specie di armadillo possono trasformarsi in una palla. Solo una, delle venti e più varietà, l'armadillo a tre bande (Tolypeutes tricinctus), può raggomitolarsi. Le altre specie sono ricoperte da troppe placche ossee per riuscirci. In tutti i casi i loro carapaci composti da forti scudi sono utili perché questi animali sono praticamente ciechi: si affidano all'udito e all'olfatto per qualsiasi cosa. Hanno sempre portato con sé la loro armatura, la indossavano già i loro parenti giganti, gli gliptodonti, 35 milioni di anni fa, come riportato in questo studio. La grande differenza è che nei fossili di gliptodonte, ritrovati per la prima volta da Charles Darwin nel 1831, la corazza era davvero enorme rispetto agli armadilli odierni, arrivando a pesare fino a 400 kg.

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Le specie di armadillo impossibilitate a chiudersi su se stesse a causa della loro morfologia e struttura spesso rimarranno immobili per vedere se il predatore li ignorerà. Se ciò non dovesse funzionare, fanno quello che probabilmente faremmo noi se ci trovassimo di fronte a un animale spaventoso: scappare e nascondersi. Anche se hanno una vista scarsa, gli armadilli sono bravi a trovare riparo o una tana in cui rifugiarsi. Quando sono minacciati, gli armadilli saltano anche verso l'alto per spaventare il predatore, dopodiché cercheranno con fretta il punto sicuro più vicino.

L'armadillo a tre bande, invece, è l'unico tipo di armadillo che può arrotolarsi nella sua armatura quando in pericolo. Ma come fa? Piegando il corpo a metà, infila la testa e le gambe nel guscio, poi arriccia la coda accanto alla testa e si stringe forte. Poiché anche la parte superiore della testa e la coda sono corazzate, il risultato finale non lascia praticamente alcuna carne esposta che possa essere ferita da un predatore.

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La chiave del meccanismo di difesa dell'armadillo a tre bande è nel suo guscio. Una combinazione di osso e un rivestimento di tessuto resistente. Circa 2.000 minuscole scaglie, o scudi, sono composte dalla proteina cheratina e costituiscono il carapace. Il carapace è diviso nello scudo scapolare anteriore sugli arti anteriori e nello scudo pelvico posteriore su quelli posteriori. Tra questi due scudi c'è una serie di bande che variano a seconda della specie di armadillo. Queste bande più morbide sembrano una fisarmonica e consentono la mobilità.

Nella maggior parte degli armadilli i due scudi sono attaccati alla pelle su tutti i lati, non è così per Tolypeutes tricinctus, la specie a tre bande. Uno studio dell'Università di Cambridge ha scoperto infatti che i suoi scudi sono staccati lungo i lati così da creare uno spazio extra tra la pelle e guscio per poter infilare il suo corpo. Altri armadilli possono chinarsi per tentare di nascondere la maggior parte dei loro addomi, ma i loro scudi non forniscono spazio per ritrarre gli arti.

Anche se vedere un armadillo fare questa acrobazia è sorprendente, bisogna cercare di agire sempre nel massimo rispetto della fauna selvatica. Farlo diventare una palla ci può divertire, però dovremmo pensare a cosa vuole dire per lui. Il comportamento di chiusura è un chiaro segnale di difesa che l'armadillo mostrerà quando spaventato e intimorito. Inoltre per mettere in atto questa strategia, deve sprecare un sacco di energie che dovrebbe, al contrario, tenersi strette.

Questo mammifero corazzato non riesce ad avere molti depositi di grasso, il ché lo porta ad avere una temperatura corporea davvero molto bassa. Così batteri e virus per noi innocui, come anche le fredde temperature, sono per lui mortali. Hanno dei peli ispidi lungo i fianchi e la pancia, ma la loro funzione non è quella di scaldarli, bensì li usano per muoversi a tentoni. I peli sono da immaginare come i sensori di un'auto quando si parcheggia.

La temperatura è quindi ciò che li confina a vivere in alcune parti del mondo dove il clima è caldo, come Brasile, Bolivia, Paraguay e Argentina e che li fa trascorrere gran parte del loro tempo a cercare cibo o dormire per ridurre lo spreco energetico al minimo. Spiegate queste caratteristiche è chiaro perché Zerocalcare abbia scelto questa specie per impersonificare la sua coscienza.

Una potente corazza sul dorso che ricorda il lato più introspettivo, raggomitolarsi su se stessi per non affrontare un mondo a volte troppo difficile e, infine, un metabolismo così lento che porta l’armadillo a passare il tempo mangiando e dormendo. In fondo, non potrebbe fare diversamente.

Sono una ragazza che dopo qualche anno di veterinaria ha scoperto la sua passione: lo studio del comportamento degli animali, incluso l'uomo, in un'ottica comparata. Questa scienza, ancora sconosciuta, si chiama "Etologia" e mi aiuta a non smettere mai di conoscere cose sulla natura, sugli animali, su di noi e sulla nostra storia.
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