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Chi ha paura dell’orso? Viaggio in Abruzzo sulle tracce di Amarena

Chi ha paura dell’orso? Dopo la morte dell'orsa Amarena, si è scatenata una vera e propria psicosi nei confronti dei selvatici e, andando sul posto, ci siamo resi conto che non esiste un solo Abruzzo. Una parte della comunità è affascinata dagli orsi, mentre l'altra parte considera questi animali una minaccia. Abbiamo ascoltato i loro punti di vista.

18 Ottobre 2023
20:30
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Negli ultimi mesi in Abruzzo si è scatenata una vera e propria psicosi nei confronti dei selvatici. In un caso, una persona è giunta al punto di ucciderne uno e giustificarsi con la paura. Ma chi ha davvero paura dell’orso e perché?

Noi di Kodami siamo andati in Abruzzo sulle tracce dell’orso marsicano per incontrare le comunità che vivono a stretto contatto con questo animale. Qui abbiamo trovato persone intimorite dalla sua presenza e altri che al contrario lo cercano, smartphone alla mano, pronti a superare ogni limite pur di scattare una foto. Tra questi due estremi abbiamo parlato anche con tanti cittadini e rappresentanti delle istituzioni che cercano di costruire un rapporto sano di coesistenza con questo animale.

Questi sono gli Abruzzi, anime contrapposte che si contendono il cuore della regione del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise (Pnalm), il più antico d’Italia insieme a quello del Gran Paradiso.

Esiste una linea di demarcazione ben visibile anche nella geografia fisica della Regione, rappresentata dal Fucino. Dall’alto, la vasta conca appenninica della Marsica sembra una lunga cicatrice che separa i Parchi nazionali della regione e i diversi volti dell’Abruzzo: da una parte ci sono le comunità che della natura hanno fatto un vanto, e anche un potente attrattore turistico; dall’altra parte, a meno di un’ora di auto, ci sono ex impianti industriali e allevamenti in funzione. E le persone che si trovano qui sentono una vera competizione nei confronti del plantigrado marsicano.

«Sì, Amarena era venuta anche da me, ma io non ho paura dell’orso, è l’orso che deve averne di me», ci dice Sivigliano, allevatore di San Benedetto dei Marsi, e vicino di casa dell’uomo che la notte del 31 agosto ha sparato e ucciso Amarena.

Il nostro viaggio parte da qui.

Amarena: l'orsa più famosa d'Abruzzo

Era quasi mezzanotte nella periferia di San Benedetto. Amarena frequentava i pollai in provincia dell’Aquila da diverse settimane. Anche se si trovava oltre i confini del Parco nazionale, i guardiaparco continuavano a monitorarne gli spostamenti ed erano già presenti in zona la sera in cui hanno avvertito distintamente un colpo di fucile.

Quando sono arrivati a San Benedetto dei Marsi però non hanno potuto fare altro che assistere alla lunga agonia e poi alla morte dell'orsa Amarena. Come ha confermato la necroscopia eseguita successivamente sul cadavere, l'orsa è stata raggiunta lateralmente da un singolo colpo di fucile che le ha provocato una ferita mortale al polmone. A fare fuoco è stato un noto commerciante della città, possessore di una carabina 7.62. La Procura di Avezzano ha immediatamente aperto un fascicolo per uccisione di animale e il parco ha confermato a Kodami che al processo si costituirà parte civile.

Secondo quanto ricostruito, Amarena quella notte è entrata in un pollaio per fare razzie, come aveva già fatto in precedenza. L'orsa era nota infatti da diversi anni per i suoi comportamenti confidenti, cioè per l'abitudine di avvicinarsi molto agli ambienti urbanizzati. Il suo stesso nome, che presto ha sostituito la sigla F17 con cui era identificata, viene proprio dalla passione che aveva dimostrato per i frutti aspri dei ciliegi.

La differenza, rispetto a tutte le scorrerie precedenti, è che questa volta invece di chiamare i Carabinieri o i Forestali, la persona che ha subìto l'incursione ha dichiarato di aver sparato spinto dalla paura di aver sentito l'orsa nel pollaio. Una giustificazione che il direttore del Pnalm Luciano Sammarone rifiuta: «È stato un atto delinquenziale di una persona che ha preso il fucile alla prima occasione. Ha ucciso una femmina in piena età riproduttiva perché mangiava qualche gallina all'interno del suo cortile. Un atto scellerato».

La rabbia che quel gesto ha scatenato ha scosso tutta la comunità abruzzese e ne resta traccia su un muro imbiancato di fresco dipinto a pochi metri dal luogo in cui è stata colpita e uccisa Amarena. Il murales, oggi cancellato, rappresentava un uomo col volto di teschio nell'atto di fare fuoco contro sé stesso.

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Il murales davanti casa dell’uomo che ha ucciso Amarena

Nella lunga serie di murales che negli anni sono stati dedicati ad Amarena, quello di San Benedetto dei Marsi rappresenta la testimonianza più cupa del sentimento viscerale che legava l'orsa ai cittadini. Ad Amarena sono state dedicate moltissime opere nate spontaneamente dall'affetto che moltissime persone provavano per lei, ambasciatrice della fragilità della Natura. Aveva assunto questo ruolo soprattutto da a partire dall'estate del 2020 quando per la prima volta era diventata madre di ben quattro cuccioli, ai quali si erano aggiunti poi altri due. Un evento estremamente raro nella popolazione di orsi marsicani, come ricorda Sammarone: «In pochi anni aveva dato alla luce sei cuccioli, era quindi davvero molto prolifica, ed era anche una grande mamma perché i quattro della prima cucciolata li aveva portati a superare il primo inverno, cosa che non tutte le femmine riescono a fare».

A ciò si aggiunge anche il significato dato dalle circostanze della sua morte: «Lascia un'eredità pesante anche perché dice molto del contesto culturale e sociale in cui è avvenuto. Nel 2023 c'è ancora chi pensa di poter prendere un fucile e ammazzare praticamente a sangue freddo un orso bruno marsicano. È il segno che dobbiamo lavorare ancora tantissimo», aggiunge il direttore del Pnalm.

Lavorare significa, in questo momento, proteggere i due cuccioli che erano con Amarena la notte in cui è morta e che sono scappati a causa del trambusto. Ad oggi, sappiamo che i cuccioli di Amarena stanno bene e stanno ripercorrendo gli spostamenti fatti con la madre. Ma a soli 9 mesi non sappiamo ancora se riusciranno a cavarsela perché i piccoli di orso bruno marsicano diventano indipendenti quando ne hanno circa 15, e continuano a essere seguiti dai Forestali e dal Personale del Parco.

Il loro destino però non dipende soltanto dal lavoro dei Guardiaparco ma soprattutto dal comportamento dei cittadini che non devono alimentarli e trattarli come animali domestici.

Sempre più persone sono convinte che gli orsi entrino nei paesi e mettano in atto comportamenti confidenti perché spinti dalla fame. Una ipotesi che non incontra il favore della comunità scientifica né degli esperti che lavorano con questi animali da decenni: «Su una popolazione di 60 animali quelli che frequentano i centri abitati sono tre-cinque individui, quindi un numero inferiore al 10% della popolazione. Di sicuro questo atteggiamento non è legato alla carenza di cibo perché se così fosse nei centri abitati avremmo decine di orsi. Si avvicinano probabilmente per una questione di interazione e di competizione intraspecifica».

A fare una grande parte di questo lavoro di informazione e sensibilizzazione è la responsabile dell'Ufficio di Promozione del Parco, Daniela D'Amico: «Da sempre parliamo con le popolazioni locali, da 25 anni ormai lavoriamo assiduamente con i cittadini. E gli orsi confidenti sono in qualche modo una conquista moderna, ma non fraintendermi: non è un fenomeno positivo, tutt'altro; però questi orsi ci sono, è questa la grande novità. Molte delle persone che incontrerai diranno di non aver mai visto gli orsi nei loro paesi, saranno in tanti, ma proprio perché questi orsi ci sono possiamo dire che si tratta di una conquista di tempi recenti». Prima, quando un orso si avvicinava troppo a un pollaio, veniva semplicemente ucciso. Oggi, invece, esiste una rete che si occupa di tutelare questi animali unici al mondo e che, nei casi estremi identifica il responsabile perché risponda di ciò che ha fatto davanti alla legge.

Uccidere un marsicano non è un semplicemente un crimine contro un essere vivente, ma un sopruso nei confronti dell'ecosistema nel quale questa specie, faticosamente, sopravvive. Il marsicano è una sottospecie differenziata dall'orso bruno presente in Trentino e nel resto d'Europa. Si tratta della popolazione di orso più rara al mondo ed è endemica dell'Appennino centrale italiano, significa che si trova solo qui e che ha sviluppato caratteristiche fisiche e comportamentali proprie. Ad oggi ne restano tra i 50 e i 60 individui, per questo la morte di Amarena, una femmina fertile e in età riproduttiva rappresenta un danno così grande per questi animali e per tutto l'ecosistema.

«L'orso è una specie ombrello – spiega D'Amico – Significa che tutelando lui proteggiamo tutte le componenti del nostro ecosistema, esseri umani compresi». Oggi la popolazione dell'orso marsicano dopo essersi quasi estinto si sta riappropriando del suo areale, uno spazio che va ben oltre i confini del Parco d'Abruzzo.

Si tratta di animali selvatici non possono essere ricondotti nei confini del Parco, anche se molti auspicano che sia così.

La paura degli allevatori

Ad avere paura dell'orso sono soprattutto gli allevatori e gli agricoltori che nell'orso marsicano vedono una minaccia, un predatore interessato alle loro galline e ai loro frutteti. Persone che non hanno paura di essere aggrediti da questo animale, ma che lo temo come competitore delle loro risorse.

Abbiamo parlato anche con alcuni di loro, come Sivigliano, che conosceva l'uomo che ha ucciso Amarena: «È un mio grande amico. Si è pentito amaramente di quello che ha fatto. Purtroppo l'ha fatto e ormai non si può tornare indietro. Per il gesto lo condannano anch’io. Però, ormai è successo».

Sivigliano ci guida nell'ovile e nel pollaio dove la notte dell'11 agosto dice di aver ricevuto la visita di Amarena insieme ai suoi due cuccioli: «C’era sangue dappertutto. Ha sradicato la porta e mi ha ucciso dodici galline e quattro pecore. M’hanno sfondato tutto qua. Un cuccioletto stava là sopra è uno stavano sotto, e la mamma stava dentro che faceva… quello che faceva».

Sivigliano rivive quei momenti con un misto di incredulità e anche un po' di guasconeria mentre tocca le assi di legno cadenti e il recinto di ferro più simile a una vecchia rete da letto dismessa mostrando come i cuccioli si dondolavano in attesa della madre. «Quella notte mi chiama mia figlia dicendomi di tornare perché aveva visto l’orso con due orsacchiotti che stava andando verso il pollaio. Quando sono arrivato la mamma era dentro l'ovile e aveva fatto strage delle pecore. Me lo sono visto davanti che era un gigante alto due metri, in piedi, con la capoccia grossa così. E quando ho fatto un po’ di rumore è scappata via».

Il messaggio che traspare in maniera sempre più evidente nel proseguire della sua narrazione è: io non ho paura dell'orso, è l'orso a dover avere paura di me.

La mattina dopo sono arrivati i guardiaparco per rilevare i danni e constatare se la predazione era compatibile con quella di un plantigrado. Il Parco d'Abruzzo, infatti, proprio per tenere a bada i malanimi ristora le persone che hanno subìto danni dall'incursione degli orsi, come aveva confermato anche Sammarone: «Gli indennizzi servono a sedare il conflitto ed è una misura complementare a quella della prevenzione, ma evidentemente servono a poco senza la fase successiva che comprende l'educazione alla sostenibilità e alla convivenza».

Come si legge nel Rapporto Orso, il Pnalm nel 2021 ha registrato 223 richieste di indennizzo per danni da orso bruno marsicano, accogliendone 213. Per ottenere i ristori è necessario che gli animali siano stati registrati e che le misure di prevenzione (recinzioni, guardiania), date in comodato d’uso gratuito dal Parco siano funzionanti e in buono stato. In mancanza di questi requisiti, soprattutto nelle aree al di fuori della competenza del Pnalm, non si potrebbero ricevere.

Agricoltori e allevatori lo sanno e alcuni di quelli con i quali abbiamo parlato, non vogliono alcun ristoro economico perché non desiderano che il Parco entri nella loro casa e nei suo pollai. Desiderano continuare a fare ciò che facevano i loro padri o i loro nonni, un problema che però amplifica la presenza dell'orso in contesti urbani: se trova una fragile porta di legno al posto di un recinto elettrificato imparerà che nelle case c'è cibo, mentre spesso ad attenderlo c'è ben altro.

«Le soluzioni ci sono – chiarisce la delegata del Wwf Abruzzo, Filomena Ricci – non è impossibile metterle in atto, basta rinunciare a un pochino di comodità per avere questo orso nelle nostre terre. E' anche una questione di dignità e di decoro eliminare certe strutture fatiscenti che ancora vediamo intorno ai paesi come dei pollai del tutto abusivi».

«Gli orsi, quando sono in espansione, possono arrivare a fare delle piccole predazioni nei pollai, negli apiari, in qualche piccola stalla dove trovano cibo di facile accesso, soprattutto se queste strutture non sono tenute in modo dignitoso, e con le dovute autorizzazioni». Il Wwf figura tra le associazioni che mettono a disposizioni specifici deterrenti che dissuadono gli animali dall'avvicinarsi come recinti elettrificati e pollai anti-orso.

«Ovviamente non è facile – ammette Ricci – perché ci sono, soprattutto nelle aree montane e nelle aree periurbane delle aree interne abruzzesi, tanti piccoli appezzamenti ed è quindi è difficile arrivare in modo capillare a tutti. Bisogna continuare con la sensibilizzazione, con la conoscenza e avere ovviamente a disposizione i fondi che ci permettono di poter dare poi queste strutture agli allevatori, agli agricoltori».

Accanto a chi non vuole adeguarsi, c'è chi non può e che ha animali e campi coltivati non per scopi commerciali ma per autosostenersi, come Ottavio, vedovo 74enne che vive per la sua terra: «Purtroppo pure io, il 26 di luglio, ho ricevuto la visita dell'orso Amarena, la quale mi s’è mangiato 49 galline delle avevo 70. Io con queste povere galline io ci vivo, perché sono un pensionato che prende 650 euro al mese».

Ottavio, grazie all'interessamento di alcuni volontari del Parco aveva ricevuto il recinto elettrificato i comodato d'uso, ma non per l'orso: «Hanno fatto la recinzione elettrica per quanto riguarda solo i cinghiali, cervi e altri animali. Non hanno voluto manco un caffè. Purtroppo però intorno al pollaio non ho recinzione elettrica». L'orsa è stata più veloce dei volontari. Ora aspetta anche lui i ristori che, però, a settembre non erano arrivati.

A fare fronte a queste situazioni sono spesso solo associazioni e Parco che non hanno l'autorità per imporre o fare rispettare le misure di prevenzione, soprattutto al di fuori delle aree di competenza. Davanti alla situazione di frustrazione e rabbia che la comunità riversa in gran parte proprio sulle politiche di gestione del Pnalm, c'è un silenzio assordante da parte dell'ente regionale, quasi del tutto assente per quanto concerne le politiche di prevenzione.

«Gli animali vanno rispettati, ma anche noi persone dobbiamo essere rispettate», è il saluto di Ottavio.

L'orso cittadino onorario

Ci sono però situazioni in cui sembra esistere una coesistenza serena tra persone e orsi. Una di queste comunità è Villalago, paese di appena 500 abitanti, compreso nei confini del Parco, che ha fatto dell'orso il proprio simbolo e di Amarena una cittadina onoraria.

Amarena è diventata cittadina onoraria di Villalago nel giugno 2023 grazie a una delibera del sindaco Fernando Gatta: «Ci siamo sentiti in obbligo, come comunità, di riconoscere ad Amarena la cittadinanza onoraria perché lo riteniamo il nostro orso. Lo abbiamo protetto nel 2020, quando c'erano i famosi quattro cuccioli, e anche quest'anno, quando è stata per un breve periodo a Villalago. Era il simbolo dell'Abruzzo, il simbolo della biodiversità, ma nel tempo è diventata anche il simbolo di Villalago. Abbiamo speso tutte le energie possibili  per poter creare un cordone di protezione e per metterla in sicurezza almeno mentre si trovava sul nostro territorio».

Proteggerla, significa innanzitutto difenderla dal "turismo dei selvatici", l'abitudine a inseguire orsi e altri animali che non andrebbero mai avvicinati con il solo scopo di scattare una foto. «I cittadini di Villalago erano consapevoli che l'orso non doveva essere un fenomeno da fotografare con i cellulari. Ma quando si è in presenza di questo animale bisogna rispettare quelle che sono le norme fondamentali, quindi allontanarsi, tenersi a distanza e chiamare le autorità. Si tratta comunque è un orso e quindi bisogna adottare sempre le dovute precauzioni».

Non c'era, però, alcuna paura nelle persone: «C'è stato ovviamente un momento iniziale di stupore e qualche piccolo episodio in cui la gente si è preoccupata per la sua presenza, ma appena ha capito che Amarena era docilissima ed era un orso che pensava soltanto a tutelare i propri piccoli, la popolazione ha accettato le sue scorribande a Villalago, anzi si è impegnata sempre a segnalare al Comune e alle guardie del Parco insieme ai Carabinieri forestali».

Amarena era diventata non solo cittadina onoraria, ma anche un logo e un marchio al quale Villalago aveva legato le sue attività di promozione. Il valore dell'orso marsicano per i paesi delle aree interne abruzzesi, caratterizzati dallo spopolamento, è quindi ancora maggiore perché permette di tenere vive attività legate a un turismo, sano, della natura.

Passioni che hanno conquistato anche i residenti, come Sabrina che negli anni è diventata una vera fotografa naturalistica dopo la folgorazione per Amarena: «Ho visto Amarena un po' di anni fa, era il 2016, quando è apparsa per la prima volta qui in paese. Allora era piccola, aveva pochi anni, e l'abbiamo vista crescere fino a quando nel 2020 ci ha regalato quella bellissima cucciolata di quattro piccoli».

«Amarena per me era tutto, era una gioia. Era una mamma perfetta. Era una di noi».

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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