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20 Maggio 2022
17:29

Caccia prolungata per combattere la peste suina africana: associazioni contro il ministro Cingolani

Le associazioni puntano il dito contro la decisione del Ministero di sottoporre al vaglio della Conferenza Stato-Regioni una serie di modifiche alla legge 157 del 1992 per usare la caccia come metodo di contenimento per la peste suina africana.

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No al potenziamento e prolungamento della caccia per contenere la diffusione dei casi di peste suina africana: la richiesta arriva, unanime, dalle associazioni animaliste – Lipu, Wwf, Enpa, Lac, Lav e Leidaa – che puntano il dito contro la decisione del ministero della Transizione Ecologica di portare in Conferenza Stato-Regioni una serie di modifiche alla legge 157 del 1992 sulla tutela della fauna selvatica e regolamentazione della caccia. Modifiche che prevedono il prolungamento di 5 mesi della caccia ludico-ricreativa al cinghiale, anche durante la fase di riproduzione della fauna selvatica, e il ricorso agli abbattimenti anche nelle aree protette e nei centri urbani impiegando cacciatori.

«Si tratta di misure tra l’altro pericolosissime per la diffusione della peste suina africana – hanno sottolineato Enpa, Lac, Lav e Leidaa – mentre si isolano zone ‘infette' e l'Ispra riconosce che la diffusione della malattia non ha nulla a che vedere con la densità delle popolazioni di cinghiali, questo provvedimento propone spari ovunque, con conseguenti contaminazioni e concreto rischio di diffusione della Psa in tutto il territorio nazionale».

Cinghiali, proposta di estendere la caccia in braccata sino a fine febbraio

Anche Lipu e WWF Italia, in un comunicato congiunto, hanno espresso «stupore e preoccupazione dopo aver appreso dell'intenzione del Ministero della Transizione Ecologica di presentare, in sede di Conferenza Stato Regioni, una proposta per affrontare la questione della peste suina Africana e della presenza diffusa del cinghiale, attraverso l'estensione a fine febbraio della caccia in braccata al cinghiale, stravolgendo la legge quadro sulla protezione della fauna».

«All'indomani delle incongrue dichiarazioni del sottosegretario alla Salute Costa, il fatto che anche il Mite, che dovrebbe essere competente in materia, disconosca le evidenze scientifiche sulle conseguenze negative della braccata, desta stupore e particolare allarme», proseguono le associazioni, ricordando a loro volta come numerose ricerche scientifiche abbiano già confermato che «i metodi e le forme collettive di caccia al cinghiale, come la braccata e la battuta, sono tra le cause principali della proliferazione, diffusione e dispersione del cinghiale in Italia».

«L’uso delle mute dei cani e la totale assenza di selettività negli abbattimenti in braccata o battuta destabilizzano le dinamiche gerarchiche dei nuclei familiari di cinghiali, aumentando il numero di femmine che si riprodurrà nella stagione successiva», proseguono Lipu e Wwf, unendosi a Enpa, Lac, Lav e Leidaa nel puntare il dito contro il titolare del Ministero della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani: «La verità è che il provvedimento proposto, che stravolgerebbe la legge 157/92, non fa altro che soddisfare le richieste del mondo venatorio, spalleggiato da alcune associazioni rappresentative di quello agricolo, capovolgendo la realtà: invece di vietare in tutta Italia queste deleterie forme di caccia, le amplifica. Ancora una volta, insomma, il Mite dimostra di prestare il fianco al mondo venatorio, dimenticando la sua missione conservazionistica, scientifica e di tutela».

L’aumentare dei casi di peste suina africana, e l’arrivo del contagio anche a Roma, dove la presenza di ungulati in città è una questione annosa diventata anche terreno di battaglia in campagna elettorale, ha costretto le istituzioni ad affrontare una questione che per le associazioni è stata gestita in modo sbagliato per troppo tempo. Gli abbattimenti sono già stati confermati nella Capitale, e la caccia selettiva è stata più volte citata dal sottosegretario alla Salute Andrea Costa sia come metodo per il contenimento del contagio. Lo stesso Costa ha parlato di una «doppia emergenza», quella della peste suina africana e quella più ampia della presenza di cinghiali sul territorio italiano, in costante crescita.

L’approvazione delle modifiche alla legge 157 del 1992 – che dispone, all’articolo 1, che "la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunit- nazionale ed internazionale" – significherebbe, per le associazioni, sdoganare il ricorso ai fucili per gestire un problema che dovrebbe essere invece affrontato in modo più etico.

«Caccia selvaggia accomunata a gestione faunistica»

«A nulla sono servite audizioni, lettere, coinvolgimento di illustri rappresentanti del mondo scientifico: si tratta di un provvedimento pericoloso, dannoso, cieco alle istanze della scienza, della precauzione sanitaria- sottolineano Enpa, Lac, Lav, Leidaa- È un testo ad uso e consumo dei cacciatori, un ulteriore tentativo di stravolgere la legge quadro solo per ricevere consensi dal mondo venatorio, da quella parte del mondo agricolo che continua ad essere “presa in giro” con finte soluzioni quali gli abbattimenti, e da persone a cui, dopo oltre 20 anni di politiche di sterminio, credono ancora banalmente ed ingenuamente che le uccisioni possano risolvere una questione ben più complessa».

«Si è preferito estendere la caccia al cinghiale fino al 28 febbraio, per poi prolungarla 365 giorni l'anno: per giustificare tale “caccia selvaggia” il testo ipocritamente afferma che questa non sarebbe attività venatoria ma gestione faunistica. Viene da chiedersi, allora, perché non ci sia traccia, nel testo, di riferimenti a ricerca scientifica in una materia che è prettamente scientifica e non venatoria», sottolineano le associazioni. Che chiedono che il governo «ascolti le voci dell'accademia, che chiede ben altre misure anche per contrastare la diffusione della psa, come l'abolizione della caccia al cinghiale, e la cancellazione della braccata, tecnica venatoria non selettiva e devastante utilizzata anche nel controllo faunistico».

La richiesta è poi quella di escludere il mondo venatorio dalla gestione faunistica, «in quanto l'interesse principale dei cacciatori è proprio far aumentare la presenza dei cinghiali – preda di grande valore economico – e si lavori con una visione globale, con una consapevolezza ambientale, partendo dall'applicazione dei metodi di prevenzione, che hanno dimostrato di funzionare laddove applicati correttamente».

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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