5 Settembre 2021
8:30

Afghanistan: i cani ancora in aeroporto. Gli Usa: «Non sono i nostri». La Lega del Cane: «Dateli a noi. C’è posto nei nostri rifugi»

Giornate complicate all'aeroporto di Kabul. 125 cani sono rimasti dopo le ultime partenze degli americani, fra questi una cinquantina dei contractor, addestrati alla sicurezza privata. La Lega nazionale per la difesa del Cane si offre di accoglierli in Italia. «E con loro anche gli afghani che hanno bisogno di un rifugio».

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Giornalista
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Continuano ad aggirarsi per l’aeroporto, probabilmente ancora in attesa degli umani con cui avevano condiviso la vita fino a pochi giorni fa. Sono i 125 cani che da qualche giorno abitano lo scalo aeroportuale Hamid Karzai di Kabul abbandonato dagli americani e dai loro alleati. Molti sono randagi che l’associazione Kabul Small Animal Rescue ha portato fin lì con la speranza di riuscire ad imbarcarli verso l’Occidente. Alcuni vengono dalle ambasciate, dove facevo compagnia ad impiegati e diplomatici, ma non gli è stato permesso di salire sugli aerei al decollo. Una cinquantina sono gli splendidi cani dei contractor: i professionisti della security ingaggiati dagli americani per la protezione di uomini e cose in ambienti ostili come è sempre stato l’Afghanistan negli ultimi vent’anni. Cani addestrati alla difesa, a ritrovare oggetti, ad agire in situazioni di pericolo. Pastori tedeschi e Belga Malinois capaci di riconoscere odori, polveri da sparo, anche droga. Rimasti lì, sull’asfalto delle piste di decollaggio, a rovistare tra scatoloni abbandonati, rincorrendosi in un’attesa che potrebbe anche non finire mai.

Pen Farthing e Charlotte Maxwell Jones ancora in campo per portarli in salvo

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Charlotte Maxwell Jones, fondatrice di Kabul Small Rescue Animal a Kabul mente gioca con i cani in aeroporto (foto da Twitter)

Il loro destino è legato ai pochi che stanno cercando di aiutarli a fuggire da una situazione disperata, ormai pericolosissima soprattutto per migliaia di persone che temono le ritorsioni dei Talebani definitivamente al potere e senza più il controllo delle truppe straniere già lontane. Dopo la partenza dell’ex militare inglese Pen Farthing, che è riuscito a trasferire i 170 cani del rifugio, (come abbiamo raccontato su Kodami) che aveva fondato a Kabul e che gestiva attraverso l’associazione Nowzad, sul campo è rimasta Charlotte Maxwell Johnes, la fondatrice di Kabul Small Animal Rescue. È lei che negli ultimi giorni ha cercato di far partire tutti i cani rimasti, mentre i Talebani sempre più minacciosamente le intimavano di lasciare il paese. Fino ad ora però i tentativi dell’americana sono falliti: i militari hanno continuato in questi giorni a negare la partenza a causa di divieti doganali.

Le foto dei cani in aeroporto virali su Twitter. Gli americani: «Non sono i nostri»

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Un’altra immagine da Twitter in cui si vedono i cani abbandonati in aeroporto che si aggirano fra le scatole rimaste sulle piste

Ma quando domenica pomeriggio l’associazione ha twittato le foto di alcuni dei cani che stava cercando di aiutare, con l’hashtag #OperationHercules, le foto sono diventate virali e in molti si sono chiesti perché cani addestrati e fino a quel momento utilissimi fossero stati abbandonati dagli americani. Martedì, le foto dei cani che gironzolano in aeroporto non smettevano di girare attraverso i social media, insieme alle affermazioni che erano cani da lavoro abbandonati, spingendo il Pentagono a emettere una smentita che alla fine è arrivata. Il segretario stampa del Pentagono John Kirby ha infatti dichiarato in un tweet che le truppe statunitensi non hanno lasciato cani in gabbia all’aeroporto internazionale di Hamid Karzai quando i suoi ultimi voli sono decollati lunedì pomeriggio. Secondo quanto dichiarato «Le foto che circolano sui social media che mostrano 150 cani in gabbia allineati all’aeroporto sono di animali appartenenti a un gruppo chiamato Kabul Small Animal Rescue – ha detto il Pentagono. – Non erano cani da lavoro militari o sotto la cura delle truppe statunitensi».

La proposta della Lega Nazionale per la difesa del cane: «Mandateli in Italia. Siamo pronti ad accoglierli»

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Una delle gabbie per cani ancora in aeroporto (foto da Twitter)

«A questo punto importa ben poco sapere con chi vivevano questi cani e chi li ha abbandonati in aeroporto», interviene Piera Rosati presidente di LNDC Animal Protection, che con una lettera ha chiesto all’Ambasciata degli Stati Uniti in Italia di comunicare chiaramente se e cosa ha intenzione di fare per recuperare questi animali, informando al contempo che l’associazione è disponibile a prenderli in carico nel caso in cui si riuscisse a farli arrivare in Italia. «Abbiamo chiesto all’Incaricato d’affari ad Interim dell’Ambasciata USA in Italia di fare entrare LNDC in contatto con qualcuno che possa dare informazioni certe sullo stato di salute e le condizioni di questi cani – aggiunge ancora la Rosati che spiega – non abbiamo problemi ad ospitarli nei nostri 70 rifugi sparsi su tutto il territorio nazionale. Lo spazio c’è, manca la disponibilità a salvarli».

Cosa rischiano i cani abbandonati

«Il numero di animali vaganti in aeroporto è molto alto – spiega la Rosati – Parliamo di 125 cani, di cui una cinquantina sono i cani “da lavoro”  dei contractor, ovvero i professionisti della security. Questi cani rischiano di essere non solo uccisi nei quotidiani e cruenti attentati e scontri, ma anche condannati a un destino di morte più lento e doloroso: potranno morire di fame o di sete oppure, nel caso di quelli “da lavoro” abbandonati a quanto pare dagli USA, potranno essere ri-addestrati dai talebani a loro uso, con prospettive di vita non certo migliori». Da qui l’intervento dell’associazione: «Abbiamo scritto una lettera all’Ambasciata degli Stati Uniti in Italia per rappresentare la nostra indignazione, unita a quella di tutti i nostri volontari e sostenitori e di moltissimi cittadini italiani, preoccupati per il destino che aspetta i cani lasciati all’aeroporto di Kabul e, in generale, in Afghanistan. Abbiamo letto da fonti autorevoli che il Pentagono ha confermato di aver riportato indietro tutti i cani militari appartenenti all’esercito USA, ma la notizia certa, invece, è che molti dei cani da lavoro e da compagnia sono stati lasciati in balia dei Talebani».

Non solo i cani. I volontari aspettano anche le afghane e gli afghani in fuga

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«Tutta la situazione è complicata e drammatica perché ci sono tante persone che rischiano la vita. Bisogna agire senza far correre ulteriori pericoli a chi agisce sul territorio come Charlotte – spiega la Rosati – Noi ci siamo da subito messi a disposizione per la salvezza di cani, perché questa è la nostra mission. Ma tantissimi volontari si sono dimostrati disponibili ad accogliere le afghane e gli afghani che vogliono arrivare qui sfuggendo da una realtà che per molti è diventata insostenibile». Anche Charlotte Maxwel Jones negli scorsi giorni tramite Twitter aveva pregato di attendere gli eventi, senza intralciare il loro lavoro. «Voglio scusarmi per il silenzio sui social media. Siamo impegnati a fare progetti. Controllandoli due volte, sistemando i dettagli e mantenendo le cose tranquille per mantenere la nostra sicurezza e quella degli animali».

La testimonianza di Pen Farthing

Nel frattempo, l’ex Royal Marine della Corona britannica Farthing è rientrato a Londra. E in un’intervista al DailyMail ha raccontato gli orrori visti in aeroporto prima di riuscire a partire e la sua angoscia per gli afghani che non aveva potuto portare con se, lasciandoli in balia dei Talebani. «Degli animali che ho portato nel Regno Unito cinque gatti sono morti durante il viaggio, mentre uno dei cani è stato pugnalato da un talebano mentre stavamo passando gli ultimi controlli all’aeroporto» ha raccontato. «Chiunque dice che i nostri animali sono malati e stanno portando un sacco di malattie dice stupidaggini. Una delle cose di cui siamo orgogliosi a Nowzad è che ogni singolo animale è completamente vaccinato per rabbia, parvovirus, cimurro, tosse dei canili, sono trattati per pulci e zecche e sverminati. Sono tutti sterilizzati e i campioni di sangue sono stati inviati alDipartimento dell'ambiente, dell'alimentazione e degli affari rurali». Concludendo poi sulla priorità tra uomini e animali: «Non ho mai detto che i miei cani fossero una priorità rispetto alle persone. Prendersi cura degli animali non vuol dire non preoccuparsi delle persone».

Foto di copertina: i cani che vagano in aeroporto in una foto diventata virale su Twitter

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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