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11 Settembre 2023
15:39

Un nome scientifico di una specie dedicato a Hitler è eticamente scorretto? Il dibattito in corso

Il tema per il quale si sta battendo parte della comunità di scientifica è se sia corretto sostituire certi nomi attribuiti in passato a specie animali o vegetali allora appena scoperte che sanno oggi di razzismo e colonialismo. Una risposta ufficiale è già arrivata ed è no, non è corretto. Ma il dibattito continua.

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Anophthalmus hitleri. Foto da Wikimedia Commons

Degli scarafaggi possono essere chiamati prendendo spunto da Adolf Hitler? È questa la domanda su cui stanno discutendo da qualche tempo zoologi e specialisti di tassonomia, la branca della biologia che si occupa di attribuire un nome scientifico alle nuove specie scoperte. Il tema in particolare è se sia corretto sostituire certi nomi attribuiti in passato a specie animali o vegetali che oggi, però sono diventati eticamente scorretti.

Quello di Hitler non è un esempio fatto a caso: nel 1934, infatti, un naturalista austriaco chiamò il coleottero cieco che vive solo in alcune grotte della Slovenia centrale Anophthalmus hitleri, in onore del dittatore che aveva appena preso il potere in Germania. Qualche anno dopo, un entomologo chiamò Hypopta mussolinii una specie di farfalla scoperta in Libia durante gli anni del fascismo. Ecco, questo genere di nomi che onorano «razzisti e colonizzatori», secondo alcuni ricercatori sono offensivi anche per gli animali e quindi andrebbero cambiati.

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Una collezione di farfalle in un museo, ognuna col suo nome

Esistono casi anche più recenti, come per esempio, la Neopalpa donaldtrumpi, una specie di falena battezzata così nel 2017 appositamente nel tentativo di attirare maggiormente l’attenzione sull’animale e sulla necessità di proteggerne gli habitat naturali. Pessima idea, visto il precedente dell’Anophthalmus hitleri, il cui nome ha reso la specie addirittura più vulnerabile visto che, come riporta un articolo di The Conversation, il piccolo coleottero è stato portato negli ultimi anni vicino all’estinzione per colpa dei gruppi neo-nazisti che ne fanno incetta per conservarlo come cimelio.

Non sembra però che l’ICZN, la Commissione Internazionale sulla Nomenclatura Zoologica sia d’accordo su questa richiesta. All’inizio di quest’anno, infatti, con un articolo pubblicato sullo Zoological Journal of the Linnean Society ha dato la sua risposta sostenendo, in sostanza, che non prenderà in considerazione la modifica dei nomi degli animali che molti ricercatori considerano offensivi perché rinominare le specie su basi etiche rischia di minacciare la stabilità della nomenclatura scientifica.

Questa posizione così netta, però, ha riacceso il dibattito lo scorso agosto, quando alcuni scienziati riuniti hanno ribattuto con un articolo pubblicato sulla stessa rivista che la decisione di dare la priorità alla tradizione rispetto all'etica è stata presa senza feedback da parte di tutta la comunità scientifica: «Si tratta di eliminare la commemorazione delle persone che hanno causato indicibili sofferenze umane», ha spiegato la botanica Estrela Figueiredo del Ria Olivier Herbarium dell'Università Nelson Mandela. «In quali altri ambiti dell’attività umana c’è ancora qualcosa che porta il nome di Hitler? I codici devono cambiare e adattarsi, come il resto della società».

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Dettagli del capo di Neopalpa donaldtrumpi. Foto da Wikimedia Commons

Anche sulla motivazione per cui sarebbe sbagliato rinominare gli animali spiegata dai commissari dell’ICNZ, ovvero che comprometterebbe la stabilità, gli scienziati non sono d'accordo: «Non è giusto dare priorità alla stabilità rispetto alla giustizia sociale – scrive Marcos Raposo, ornitologo e tassonomista del Museo Nazionale dell’Università Federale di Rio de Janeiro.

A dire il vero, a far scoppiare il dibattito sui nomi scientifici sono stati per primi i botanici nel momento in cui hanno chiesto di ripristinare il nome indigeno dell’Hibbertia, un genere di fiori della Guinea australiana il cui nome onora l'antiabolizionista inglese e proprietario di piantagioni George Hibbert. In seguito altri proposero di eliminare del tutto gli eponimi per onorare gli esseri umani, ma altri ricercatori si sono opposti, affermando che la nomenclatura non dovrebbe essere influenzata da preoccupazioni sociali.

Insomma, la discussione ormai si è accesa e parte della comunità scientifica sta facendo del suo meglio per farla crescere, tanto che nella riunione di luglio 2024 del Congresso botanico internazionale di Madrid gli studiosi voteranno una proposta per consentire di modificare i nomi culturalmente offensivi e formare un comitato a tal fine.

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Coleotteri esposti in un museo

I commissari dell'ICZN sostengono, però, che cambiare i nomi scientifici rappresenti una sfida davvero troppo grande, visto che circa il 20% degli oltre 1,5 milioni di nomi di animali sono eponimi e circa il 10% sono toponimi che si riferiscono a un luogo e quindi che diverse centinaia di migliaia di nomi scientifici potrebbero essere contestati per motivi etici. Nonostante questo, l’ICZN ha dichiarato comunque che prenderà atto delle preoccupazioni che ne derivano.

Il problema sollevato da molti esponenti della comunità scientifica, fa parte di un processo più ampio di rivalutazione degli effetti del colonialismo e del razzismo sistemico e che in America, per esempio, ha coinvolto persino il grande ornitologo John James Audubon e non solo. Può essere discutibile, certamente, ma in ogni caso accende i riflettori su una questione importante: cosa e chi scegliamo di onorare e commemorare.

L’idea alla base della richiesta, è che questa prassi sia «ingiustificabile» a prescindere da chi sia la persona a cui la nuova specie viene dedicata, perché riflette in ogni caso un approccio riduttivo e intrinsecamente colonialista. «La biodiversità della Terra fa parte di un patrimonio globale che non dovrebbe essere banalizzato dall’associazione con un singolo individuo umano, qualunque sia il suo valore percepito», affermano gli scienziati, aggiungendo che l’eliminazione di questa prassi comporterebbe diversi benefici non solo per la conservazione delle specie, ma per tutta la società.

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Simona Sirianni
Giornalista
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