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Era tenuto legato a una catena senza nemmeno un riparo e poi ancora in casa costretto con una corda molto corta al termosifone, tanto da non riuscire nemmeno a fare pochi passi. Max, un cane di tre anni, era in una condizione di grande stress quando è stato sequestrato dalle guardie zoofile dell’OIPA di Varese in un’abitazione di Lonate Ceppino, comune della città lombarda.
Durante il sopralluogo gli agenti si sono trovati davanti un meticcio sofferente sia per via dell’immobilità che delle precarie condizioni igieniche. Accanto a lui, infatti, vi erano vi erano ciotole sporche di cibo secco e di acqua dal colore verdastro molto poco rassicurante e il muro imbrattato dalle impronte dell’animale.
Le varie ipotesi sul perché il cane fosse tenuto continuamente legato, come evitare di sporcare l’abitazione o punirlo per qualcosa, sono state smentite dal proprietario di casa che si sarebbe giustificato dicendo che era per timore che il cane potesse trasmettere delle malattie.
A quel punto, le guardie zoofile hanno chiesto l’intervento del veterinario pubblico e una volta accertate le condizioni di sofferenza per l’animale, di comune accordo con il medico veterinario dell’ATS, hanno sanzionato un uomo per divieto di detenzione a catena cosa possibile perché, nonostante non esista una legge nazionale che dà specifici divieti, la Lombardia fa parte di quelle poche Regioni che puniscono chi mette in atto questa pratica crudele attraverso il Regolamento Regionale 13 aprile 2017 n. 2, attuativo della Legge regionale n. 33 del 2009, la normativa di riferimento in materia di animali d’affezione.
Nel comma 6 dell’art. 6 viene sancito, infatti, che sia «vietato tenere i cani alla catena o applicare loro qualunque altro strumento di contenzione similare, salvo che per ragioni sanitarie certificate da un veterinario, con specificazione della diagnosi e della durata del trattamento, o per temporanee ragioni di sicurezza. È in ogni caso vietato agganciare la catena a collari a strozzo» e ai trasgressori «si applica la sanzione da 150 a 900 euro».
Fondazione Cave Canem, Green Impact e Animal Law Italia (Ali), lottano da tempo per far vietare in tutta Italia la detenzione a catena e ancora a luglio hanno lanciato un'ennesima petizione, giunta a quasi 40mila firme. Fino a ora, con il loro appello le associazioni hanno raggiunto risultati in diverse provincie e attualmente metà del Paese ha una normativa per il divieto permanente: Lazio, Campania, Umbria, Marche, Emilia Romagna, Abruzzo, Puglia, Lombardia, Veneto, oltre a Trento.