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31 Agosto 2021
17:49

Satriano e il giornalismo come “cane da guardia” contro l’assenza dello Stato

La morte di Simona Cavallaro a Satriano dovuta all'attacco di alcuni cani della zona ci obbliga a riflettere su come questo tipo di notizie impattano sull'opinione pubblica e su quale, sempre, deve essere il ruolo di chi fa informazione. E' necessaria e doverosa una grande sensibilità nel trattare un evento così orribile ma allo stesso tempo bisogna invitare le persone a riflettere sulla responsabilità di chi è preposto alla tutela e al benessere di umani e animali sul nostro territorio nazionale.

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Che cosa è una notizia? Scuole di giornalismo e la migliore gavetta in una redazione ti insegnano che "la notizia è un resoconto giornalistico di un fatto o avvenimento ritenuto degno di essere portato a conoscenza di un pubblico". Questa definizione, una delle tante che si utilizzano e che è assolutamente corretta, non riesce però a far comprendere fino in fondo quando un fatto, appunto, diventa notizia ovvero quando un giornalista decide che sia per tanto "degno"di essere reso noto a chi non è del mestiere.

Ma basta un esempio tristissimo per chiarire ogni dubbio: la tragica morte di Simona Cavallaro, la 20enne che è morta per l'attacco di alcuni cani nell’area pic-nic di Monte Fiorino, a Satriano, in Provincia di Catanzaro.

Una storia drammatica che colpisce per l'epilogo terribile e per una situazione così rara da diventare un fatto di cronaca che dunque è notizia che viene poi veicolata attraverso i media. Ecco, tra le varie considerazioni da fare quando si decide di trattare un evento, la rarità è sicuramente uno degli elementi che giornalisticamente diventa fondamentale nella scelta di rendere noto quell'accadimento al proprio pubblico di lettori. Ed è su questo punto, senza dubbio alcuno, che vorrei vi fosse chiarezza nel dare informazioni su quanto accaduto a Satriano, nella piena solidarietà nei confronti della famiglia della ragazza a cui le Istituzioni – e non solo quelle locali – dovranno dare una risposta che, comunque, mai potrà confortarli per una perdita così grave.

La rarità dell'evento, dunque, che in questo caso specifico è un dato di fatto da sottolineare con enorme serietà e concretezza perché come abbiamo già scritto su Kodami non si faccia dei cani che non vivono nelle nostre case di tutta un'erba un fascio.

Sono infatti migliaia gli animali senza un riferimento umano che vivono sul territorio italiano e il centro sud del Paese è abitato da individui che hanno storie di vita molto diverse l'uno dall'altro. Ogni volta che si usa la parola "randagi", infatti, bisognerebbe sapere che è un termine troppo generico in cui si rischia di includere tipologie di cani di diversa provenienza: gli abbandonati, i "padronali", i cani di quartiere, i cani da pastore, da conduzione, da guardiania e altre fattispecie fino ai cosiddetti "ferali" o "semi ferali". La parola "randagi", nel caso di Satriano, è stata usata con troppa disinvoltura e se già normalmente ogni fatto che diventa notizia dovrebbe essere scritto in punta di penna per qualsiasi argomento, ancora di più un evento così nefasto obbliga a conoscere ciò di cui si sta scrivendo per rispetto soprattutto proprio della persona che è venuta a mancare e della comunità cui apparteneva e che ora attonita aspetta di comprendere cosa sia accaduto.

Qualsiasi notizia, del resto, va trattata secondo ciò che un giornalista ha il dovere di fare, ovvero applicando sempre i tre pilastri della sua professione: verifica, veridicità e correttezza. Non sempre, purtroppo, ciò viene fatto e succede in tutti gli ambiti non solo quando si parla di animali, ovviamente argomento che a noi sta a cuore qui su Kodami: la poca accuratezza colpisce oggi praticamente tutti i settori della nostra professione – dalla politica alla cronaca – e, spesso, non perché non ci siano persone competenti ma perché la poca disponibilità di risorse e mezzi caratterizza anche un settore come quello dell'editoria che risente di una crisi molto forte. La Rete diventa così un mare magnum dal quale raccogliere informazioni, purtroppo appunto non accuratamente controllate, ed ecco che poi anche con le migliori intenzioni vengono fuori gli articoli peggiori.

Nel luglio del 2019 ho partecipato a una conferenza intitolata "So di cane", un evento voluto fortemente da Luca Spennacchio, istruttore cinofilo che fa parte del comitato scientifico di Kodami. Luca mi chiese di spiegare a un pubblico di educatori, veterinari, etologi e appassionati di cani e animali come, se e quando all'interno di una redazione si decide di parlare di cani. Da quel seminario è stato tratto anche un libro a cui ho molto pensato in questi giorni in cui tutti siamo stati colpiti dalla morte di Simona Cavallaro. Sono andata a cercare dei passaggi, parole che oggi sento che c'è ancora bisogno di condividere, per rispettare la persona che non è più in vita e scrivere di verità acquisite e non di frammenti di realtà della quale senza approfondire nessuno può davvero sapere.

Quali sono i due elementi “classici” che i media utilizzano per parlare di cani? Primo fra tutti i cani che mordono e, meglio ancora, che uccidono. Questo è il massimo che si possa mettere sulle home page di un qualsiasi quotidiano e, anzi, finisce anche sulla carta stampata. E’ una notizia che “merita” una forte esposizione in tutte le redazioni.

Così dicevo durante quell'incontro di tre anni fa e ancora oggi questa è una delle cose che accade quando un fatto di così forte impatto sull'opinione pubblica diventa una notizia. Il secondo elemento su cui ragionavo durante la conferenza era poi una disamina di un altro tipo di notizie, quelle che definivo "pucciose", ovvero forzatamente tenere, come esporre i cani ridicolizzati ma dal punto di vista umano "tanto carini": cani vestiti da pagliacci, gatti che vengono proposti come bambolotti e altre cose di questo tipo.

Ma è la cronaca nera oggi, ancora, a colpire dritto al cuore, provocando un corto circuito enorme al nostro sistema cognitivo e emozionale. E in casi come questi manda in tilt sia chi ama i cani che chi non li sopporta. Un fatto orribile come quello accaduto a Satriano consente di eccedere in un senso o nell'altro: è raro trovare ragionamenti pacati su episodi così fatali. Già solo leggendo i commenti agli articoli in cui abbiamo approfondito attraverso le parole di educatori e istruttori sulla pagina Facebook di Kodami si evince questo aspetto, sebbene la nostra community riesca già a moderarsi da sola e a ritornare su binari di scambio e condivisione che sono fondamentali perché un episodio del genere non debba mai più ripetersi.

La notizia è ciò che merita di essere raccontata secondo la sensibilità della società alla quale tu ti rivolgi.

Spiegavo durante quel convegno e ancora oggi credo che "sensibilità" sia la parola chiave nel riportare dei fatti. Perché il ruolo di un giornalista, per rimanere su un linguaggio familiare qui su Kodami è ricordare…

 …la consapevolezza dell’importanza dell’informazione, del cosiddetto “Quarto Potere”, ovvero essere i “cani da guardia” della società per garantire che chi ci governa non menta e garantire ai lettori un racconto vero e corretto della realtà.

Così è questo, per me, il punto essenziale del ruolo del giornalista su quanto accaduto a Satriano. Partecipare con tatto e rispetto al dolore di chi ha perso una persona cara e, allo stesso tempo, spiegare a chi vuole capire come sono andate le cose e prima di tutto comprendere che eventi così non dipendono dai cani ma dalle persone preposte a tutelare gli esseri umani e gli animali stessi.

Certo, approfondiremo dal punto di vista etologico cosa è scattato in quei soggetti e continueremo a aggiornare i nostri lettori sull'evoluzione della vicenda ma non ci stancheremo mai di ribadire nei nostri articoli legati a questo orribile accadimento che ci sono delle responsabilità da accertare che non riguardano solo l'uomo, indagato attualmente per omicidio colposo, a cui afferivano alcuni di quei cani.

Perché c'è un ente locale, in primis, ovvero la eternamente commissariata Regione Calabria, che oggi non può più fare finta di nulla e uno Stato che non può più consentire che da anni da quel territorio non arrivino nemmeno i dati sugli animali presenti nei canili e nei rifugi locali. Un vuoto comunicativo che urla contro tutto lo strazio per quanto accaduto e che ci obbliga a unirci tutti, animalisti o meno, di fronte a un silenzio che non può essere ridotto al mettere l'etichetta di "aggressivi" a dei cani per poi dimenticarci di loro dentro a un canile e far finta che nulla sia successo.

watchdog journalism  – Giornalismo che svolge una funzione di sorveglianza contro l'illegalità, secondo una definizione anglosassone («giornalismo cane da guardia»). La locuzione, ricavata dalle dichiarazioni di principio sulla libertà di stampa, è stata per es. ripresa da organi dell'Unione Europea, come la Corte di giustizia che ha fatto riferimento al «cane da guardia pubblico» a tutela della democrazia e del pluralismo delle opinioni …

Enciclopedia Treccani

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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