video suggerito
video suggerito
15 Luglio 2022
15:32

Progetto Wolfnext, i coordinatori: «Una sorta di investigatori per la tutela dei lupi»

l progetto "Wolfnext" si prefigge di studiare e monitorare i lupi su scala nazionale unendo gli sforzi di 17 parchi regionali e nazionali, trattando il tema delle morti illegali, degli allevamenti "fantoccio" e della sensibilizzazione della popolazione al tema.

2 condivisioni
Intervista a Simone Angelucci Dott. Simone Angelucci
Responsabile del progetto "Wolfnext"
Immagine

Il progetto "Wolfnext" è un progetto di studio e monitoraggio dei lupi su scala nazionale unendo gli sforzi di 17 parchi regionali e nazionali e che poggia le proprie basi su più di 20 anni di ricerche. Fra gli importanti temi che il progetto prevede di trattare c'è quello degli allevamenti "fantoccio", attività volte solo a percepire fondi europei senza reale scopo commerciale o turistico e che, non avendo nessun tipo di controllo del bestiame, sono le principali attività danneggiate dai lupi.

Un altro tema importante è quello delle "mortalità illegali", morti sospette dei lupi provocate dall'uomo in maniera diretta o indiretta,  per le quali saranno formate squadre di Carabinieri Forestali preparate ad affrontare in modo appropriato le indagini e a interagire efficacemente con il Pubblico Ministero sull'argomento.

A coordinare il progetto sono Antonio Antonucci, responsabile dell'Ufficio Monitoraggio e Tutela Biodiversità del Parco Nazionale della Maiella, e Simone Angelucci, responsabile dell'Ufficio Veterinario con cui abbiamo parlato per andare più in profondità.

Qual è stato il percorso che ha portato al progetto Wolfnext?

«In passato abbiamo avuto diverse esperienze di ricerca sul lupo, anche molto innovative. In particolare, prima di Wolfnext abbiamo avuto un progetto dal nome simile: “Wolfnet”, attraverso il quale in alcuni parchi abbiamo messo in pratica nuovi metodi di monitoraggio per valutare la presenza del lupo in Italia. Siamo stati i primi nel nostro Paese, infatti, ad applicare radiocollari sui lupi e a lavorare molto sulla coesistenza fra animale selvatico e attività zootecniche di montagna e, soprattutto, abbiamo sviluppato progetti di ricerca sui metodi di contrasto della mortalità illegale dei lupi».

In cosa consiste il progetto?

«Abbiamo messo a sistema per la prima volta con altri 16 parchi regionali, oltre al Parco Nazionale della Maiella, i frutti del lavoro di ricerca fatti in questi anni sui lupi. Vogliamo riunire tutte le aree protette che hanno delle buone pratiche per la conservazione del lupo con un coordinamento centralizzato nella gestione. È vero che ci sono situazione eterogenee dal punto di vista ambientale e sociale nei diversi Parchi ma ciò non toglie che è possibile avere delle buone metodologie comuni per il monitoraggio e il trattamento dei lupi che poi possono essere contestualizzate da Parco a Parco. Fra le buone pratiche menzionate c'è la corretta applicazione dei sistemi di monitoraggio avanzato tramite radiocollari satellitari e l'elaborazione di metodi di gestione delle interazioni fra lupo e allevatori, come, per esempio, indennizzi congrui in tempi molto rapidi in caso di danni causati da lupi».

Quali sono i principali problemi con le tradizionali forme di zootecnia?

«Innanzitutto grazie a queste forme di monitoraggio avanzato siamo in grado di scovare quali siano i punti di debolezza e di fragilità dei sistemi di gestione e delle realtà che ruotano intorno a essi e abbiamo individuato un problema particolare con le forme di zootecnia tradizionali. Questo perché ci sono allevamenti con greggi o mandrie non custodite che esistono solo per percepire fondi dalla politica agricola Europea. In molti casi, infatti, questi fondi vengono erogati semplicemente in base al numero di animali posseduti e agli ettari di pascolo e non guardano alle reali condizioni di allevamento o al contributo economico e turistico dell'attività. In questi casi il lupo, se trova l'allevamento incustodito, preferisce cacciare prede più facili come le pecore o le capre, piuttosto che i cervi o i cinghiali, più difficili da catturare. Per questo motivo cercheremo di sollevare il problema a livello europeo e, soprattutto, locale, facendo degli incontri con i portatori di interesse, perché le forme di allevamento che sono meno compatibili con lupo, in realtà, spesso sono proprio finanziate dalle Istituzioni. Non è possibile che ci sia una politica agricola europea che predilige ancora queste forme di allevamento».

Quali sono i danni dei lupi alle attività?

«Lì dove abbiamo branchi di lupi stabili da tempo non disturbati dall'attività venatoria e da persecuzioni particolarmente intense, ad esempio nel Parco Nazionale della Maiella, questi animali negli ultimi cinque anni hanno inciso sul patrimonio zootecnico solo per lo 0,7%. Ciò nonostante di lupi nel nostro Parco ce ne siano molti ed è quindi possibile affermare che è un danno molto sostenibile. Questo non vuol dire che ci siamo rilassati su questo fronte, anzi, abbiamo molti progetti sviluppati negli anni proprio di assistenza agli allevatori, in un ottica di comunicazione e collaborazione e non di conflitto».

Quali sono le principali cause di morte illegale per il lupo?

«Nonostante le numerose attività di monitoraggio, purtroppo, le morti illegali sono ancora molte. Il lupo sconta non tanto una persecuzione di tipo diretto con un'attività venatoria volta alla sua uccisione, ma è soggetto anche a un bracconaggio di tipo indiretto. Per esempio molte morti sono dovute ai lacci che i bracconieri usano per i cinghiali che vengono ingoiati erroneamente o sono di intralcio. Alcune morti avvengono per bocconi avvelenati che vengono usati per i cani vaganti e, alle volte, a causa di lesioni di arma da fuoco legate a mala gestione dell'attività venatoria. Tutto sempre al di fuori delle aree protette».

Qual è stata la risposta delle persone al progetto?

«Le iniziative che portiamo avanti su questo tema durano da circa vent'anni. Questi sono progetti che si succedono nel tempo e che sono per noi occasione per attrarre finanziamenti e continuare a fare queste attività di monitoraggio e di gestione. Dunque, il rapporto con la popolazione locale non si interrompe mai, continua di progetto in progetto. Per esempio, nel Parco Nazionale della Maiella abbiamo un progetto di assistenza con gli allevatori che coinvolge 120 allevatori da più di 15 anni. Ricordiamo che le condizioni della popolazione dei lupi in Italia negli ultimi 20-30 anni sono migliorate enormemente sotto il profilo numerico e della distribuzione nella Penisola. Quello che è importante a tal riguardo è avere sempre dei riferimenti scientifici nelle varie fasi di gestione perché sta cambiando molto la sensibilità e la percezione della gente riguardo la presenza dei lupi sul territorio.

Qual è secondo lei la percezione attuale del lupo da parte delle persone?

«Adesso c'è una più ampia accettazione sociale e mediatica di questo animale, però la sua presenza in zone collinari se non addirittura costiere, dove anni fa era impensabile poterlo osservare, sta portando alcune preoccupazioni. Bisogna far capire alla gente perché il lupo è arrivato anche lì: sono cambiate le condizioni ambientali e c'è stata un una ripresa della naturalità, ovvero l'abbandono di molte attività agricole su gran parte del territorio nazionale dove sono ritornati il cinghiale, il capriolo e il cervo che sono le prede preferite del lupo».

Quale sarà il futuro del progetto?

«Uno degli obiettivi futuri che dobbiamo conseguire è avere una maggiore capacità di prevenzione e di repressione delle mortalità illegali. Questo vale per il lupo, l'orso e, in generale, tutti gli animali selvatici. Per fare questo abbiamo ottenuto il via dai vertici dei Carabinieri Forestali per avviare un percorso di formazione di personale altamente qualificato che riesca ancor meglio a investigare sulle mortalità illegali e a dialogare con l'autorità giudiziaria, una sorta di RIS applicati alla fauna selvatica. Per parlarne approfonditamente, però, è presto poiché dobbiamo ancora cominciare questo percorso, lo concretizzeremo nelle prossime settimane. Infine è fondamentale trattare la presenza dei lupi nelle aree antropizzate dove, anche individui giovani, in molti casi raggiungono centri urbani anche molto grandi. Questo è dovuto al fatto che ormai le prede, come i cinghiali, si sono diffuse dove abita l'uomo, del resto basta guardare le ultime notizie sul tema a Roma. È importante sottolineare una cosa però: i lupi non sono una minaccia per noi».

Sfondo autopromo
Segui Kodami sui canali social
api url views