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6 Marzo 2023
16:28

Più di 100 paesi hanno detto sì al Trattato Onu sull’alto mare: il 30% dovrà diventare area protetta

Il Trattato firmato dai membri Onu prevede di collocare il 30% dei mari in aree protette entro il 2030 in modo da salvaguardare migliaia di specie e aiutare gli ecosistemi a riprendersi. Un modo per dire anche che d’ora in poi il mare aperto non sarà più considerato “terra di nessuno”.

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Non era affatto scontato che arrivasse e invece l’accordo per proteggere uno dei tesori più straordinari, ma fragili e sconosciuti del Pianeta è finalmente arrivato.

Si tratta del Trattato Onu sull’alto mare o mare aperto, ovvero quella parte di mare che ricopre la metà del Pianeta e sta al di là della Zona economica esclusiva nazionale.

Non appena Rena Lee, ambasciatrice delle Nazioni Unite per gli oceani, dopo 38 ore di negoziati ha annunciato nella notte di sabato che «la nave aveva raggiunto la riva» è scoppiato l’applauso e la commozione degli ambientalisti in attesa di questo momento atteso da circa 40 anni.

Una reazione più che comprensibile, visto che il Trattato firmato dai membri Onu prevede di collocare il 30% dei mari in aree protette entro il 2030 in modo da salvaguardare migliaia di specie e aiutare gli ecosistemi a riprendersi. Un modo per dire anche che d’ora in poi il mare aperto non sarà più considerato “terra di nessuno” ma un luogo per cui bisognerà impegnarsi.

Per comprendere la reale portata di questo accordo è necessario fare un passo indietro a quando fu siglato l'ultimo accordo internazionale sulla protezione degli oceani: era esattamente il 1982, quarant’anni fa precisi.

Con la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare si stabilì appunto che il mare diventava internazionale, quindi fuori dalle giurisdizioni dei vari Stati oltre le 200 miglia nautiche dalla costa e che in quest'area ognuno ha il diritto di pescare, navigare o fare ricerca per esempio.

Di tutta l’area di mare aperto, però, che ricopre lo ricordiamo quasi un terzo del mondo, solo l'1,2% delle acque è strettamente protetto. Ciò significa che solo questa piccolissima percentuale di mare si è salvata dalla tragica azione dell’uomo, mentre le norme frammentarie e poco applicate che regolano la parte più cospicua l’hanno resa più suscettibile allo sfruttamento con la sovrappesca, il traffico marittimo e gli impatti della crisi climatica.

Purtroppo questo Far West nelle acque internazionali è diventato un grande problema, visto che gli ecosistemi oceanici producono la metà dell'ossigeno che respiriamo rappresentano il 95% della biosfera del Pianeta e assorbono l’anidride carbonica. Inoltre, l’Alto Mare svolge un ruolo fondamentale per la tutela degli habitat e specie a rischio.

Una situazione che doveva cambiare, considerando anche che l'IUCN, l’Unione internazionale per la Conservazione della natura, aveva già confermato che il 10%-15% delle specie marine sono a rischio di estinzione. 

Con il nuovo e storico Trattato sull'Alto Mare quell’1,2% diventerà pertanto il 30% in soli sette anni, una grande e importante conquista. Nelle nuove aree protette sarà così limitata la pesca che si potrà praticare ma verranno messi dei limiti anche alle rotte marittime e soprattutto alle attività di estrazione mineraria in acque profonde che potrebbero rivelarsi devastanti per la salute degli ecosistemi.

Chiaramente ci vorranno altri incontri tra i rappresentati dei Paesi prima di iniziare con le politiche di protezione, visti anche i diversi disaccordi precedenti legati a finanziamenti e diritti di pesca, ma ormai la direzione è stata presa.

Ben venga quindi questo nuovo accordo attraverso il quale l’Onu istituirà una conferenza delle parti (Cop) ad hoc che si riunirà periodicamente e consentirà agli Stati membri di essere chiamati a rispondere di questioni quali la governance e la biodiversità.

E ben venga per il nostro Paese che potrà così affrontare la tutela di aree particolarmente esposte come l’alto Adriatico, dove è necessaria un’azione congiunta con i Paesi balcanici per tutelare i siti importanti.

E servirà per i banchi corallini a sud di capo d’Otranto, dove è necessaria un’azione congiunta con i Paesi costieri dell’Adriatico meridionale quali Albania, Grecia, Cipro.

Oggi insomma, finalmente, è il caso di dirlo, abbiamo uno strumento in più a disposizione per raggiungere l’obiettivo globale di proteggere la biodiversità e frenare i cambiamenti climatici. Serve, ovviamente una decisa azione di Governo per procedere nella direzione giusta. Ma questa la deve fornire la politica e poco possono fare i trattati.

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Simona Sirianni
Giornalista
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