3 Settembre 2022
9:00

Perché le farfalle hanno le ali colorate?

I colori sulle ali delle farfalle hanno svariate funzioni, tra cui il riconoscimento di specie, la scelta del compagno, il camuffamento e l’evitamento dell’attacco dei predatori.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Le ali dei lepidotteri, come le farfalle e le falene, sono ricoperte da un raffinato mosaico di minuscole squame colorate disposte a creare stupefacenti fantasie. I colori sulle ali delle farfalle possiedono svariate funzioni, ecologiche e comportamentali, che si sono evolute attraverso la selezione naturale. Tra queste annoveriamo il riconoscimento di specie, la scelta del compagno, il camuffamento, e l’evitamento dell’attacco dei predatori.

Quasi tutte le specie hanno uno schema cromatico distinto, che spesso mostra notevoli differenze tra le ali anteriori e posteriori, come pure tra le superfici alari dorsali e quelle ventrali. A volte, come in molte specie di farfalle pieridi, queste differenze sono associate a un dicromatismo sessuale, per cui i maschi e le femmine hanno ali di colore diverso: è il caso di Eronia leda.

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Eronia leda (CC BY–NC–SA 2.0)

Perché le farfalle sono così colorate?

Le squame presenti sulle ali si sovrappongono, creando una combinazione di effetti ottici che ne influenza il colore. In generale, il colore finale è dovuto alla pigmentazione delle squame, alla loro organizzazione strutturale, o ad entrambe le caratteristiche. La colorazione dell’ala delle farfalle pieridi, ad esempio, è determinata dalla presenza di pigmenti detti “pterine”. Questi pigmenti sono impacchettati in piccoli granuli, che aumentano fortemente la riflessione della luce. Molte farfalle pieridi hanno inoltre ali strutturalmente colorate. La colorazione, cioè, è determinata anche dall’interazione della luce con le squame, che sono impilate a formare molteplici strati.

La luce incidente viene diffusa da tutti gli strati, e cambia di tonalità e di intensità con l'angolazione: si crea così una particolare iridescenza che modifica il colore. Nella maggior parte dei membri della sottofamiglia Pierinae, l'iridescenza è limitata alla superficie dorsale della punta delle ali anteriori. Di solito solo i maschi mostrano iridescenza, presumibilmente per impressionare le femmine. La colorazione strutturale è combinata con pigmenti gialli, arancioni o rossi, a seconda della specie. Come visto sopra, le farfalle Eronia leda hanno ali giallo limone; tuttavia, nei maschi, la superficie dorsale della punta delle ali è di color arancione brillante.

Le strutture multistrato nelle farfalle pieridi sono molto simili a quelle che si trovano nelle farfalle Morpho, il cui colore blu intenso copre un'ampia area delle ali. Durante il volo, in una giornata di sole si producono bagliori che possono abbagliare un predatore, ma che consentono anche il riconoscimento di conspecifici a lunga distanza. Un caso simile è quello delle pupe di Euploea core, la farfalla comunemente nota come “corvo comune”, che hanno un aspetto metallico, oro o argento, proprio grazie alla presenza di centinaia di paia di strati, con diversi indici di rifrazione, nell'endocuticola. Si forma così una sorta di copertura riflettente, che permette loro di confondersi con la vegetazione, e rendersi quindi invisibili agli occhi dei predatori, proprio quando si trovano nella fase più vulnerabile del proprio ciclo vitale.

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I colori cambiano in base all'ambiente in cui vivono?

Le diverse trame di colore presenti sulle ali di farfalla sono ​​risposte evolutive ai cambiamenti ambientali che denotano la notevole plasticità fenotipica dei lepidotteri. Un esempio sono le farfalle “coda di rondine” Papilio polytes, i cui colori sono particolarmente sensibili alle forti variazioni di temperatura. In particolare, le macchie bianche e macchie rossastre presenti sulla superficie ventrali delle ali posteriori si ingrandiscono se fa freddo, mentre si riducono se fa molto caldo. Ma c’è dell’altro. Nelle femmine di questa specie esistono forme mimetiche e non mimetiche. Le femmine della forma non mimetica sono molto più sensibili queste variazioni della temperatura dei maschi e delle femmine mimetiche.

Gli scienziati sono propensi a ritenere che la plasticità fenotipica nelle femmine non mimetiche possa aver contribuito all'evoluzione del mimetismo durante l'evoluzione.

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Il mimetismo nelle farfalle

Per mimetismo si intende la capacità dell’animale di rendersi indistinguibile rispetto al substrato su cui staziona o si muove (mimetismo criptico) o, al contrario, di rendersi evidente nell’ambiente, esibendo, o millantando, caratteristiche che possano spaventare i potenziali predatori, inducendoli a desistere dall’attacco (mimetismo aposematico). Quest’ultimo è tipico di alcune farfalle e falene. Caligo memnon e Automeris io, per esempio, disegnati sulle ali posteriori hanno due ocelli scuri che ricordano gli occhi di un gufo.

In condizioni normali, sono celati dalle ali anteriori. Se un gufo o una civetta hanno l’ardire di avvicinarsi troppo, la farfalla – zac! – all’improvviso li scopre, mettendoli in fuga o comunque frenandoli, approfittando della loro esitazione per scappare. Esiste poi un’altra forma ancora di mimetismo di cui le farfalle sono vere maestre: è il cosiddetto mimetismo mulleriano. In questo caso, alcune specie diverse, ma similmente non commestibili, assumono una livrea fortemente somigliante tra loro. Così facendo, sfruttano un riflesso condizionato dei predatori, i quali, avendo imparato, per esserci incappati in precedenza, che hanno un saporaccio disgustoso, si guardano bene dal farsi tentare.

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Bibliografia

Stavenga, D.G.; Leertouwer, H.L. (2007). Colourful butterfly wings: scale stacks, iridescence and sexual dichromatism of Pieridae. Entomologische Berichten 67(5), 158-164.

Giraldo, M. A. (2008). Butterfly wing scales: Pigmentation and structural properties. [s.n.].

ffrench-Constant, R. (2012). Butterfly wing colours and patterning by numbers. Heredity 108, 592–593.

Brakefield, P.M., French, V. (1999). Butterfly wings: The evolution of development of colour patterns. BioEssays, 21 (5), 391-401.

Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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