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27 Dicembre 2021
9:30

Alito cattivo nel gatto: cause e rimedi per sconfiggere l’alitosi

L'alitosi nel gatto non va sottovalutata. Può essere infatti dovuta all'alimentazione e alla scarsa igiene orale, ma anche a problemi di salute più o meno gravi. Vediamo allora perché al gatto puzza l'alito e come possiamo intervenire.

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Validato dalla Dott.ssa Eva Fonti
Membro del comitato scientifico di Kodami
gatto alito cattivo

L'alitosi nel gatto è un problema abbastanza comune, che però non va sottovalutato. Può essere infatti dovuta all'alimentazione e alla scarsa igiene orale, ma anche a problemi di salute più o meno gravi, dall'eccesso di placca a gengiviti e stomatiti. Nei casi peggiori, l'alito cattivo può essere anche sintomo di tumori del cavo orale o patologie che non riguardano bocca e gengive, come insufficienza renale e diabete.

Vediamo quali possono essere tutti i motivi per cui al gatto puzza l'alito, quando dobbiamo rivolgerci al più presto a un veterinario e come possiamo intervenire.

Eccesso di placca o tartaro

L'alitosi nel gatto può essere dovuta a una cattiva igiene orale, responsabile di un accumulo di placca o tartaro. Per migliorare la situazione, è importante incentivare la masticazione, ad esempio dando al gatto pesce o carne essiccata.

Gengiviti e stomatiti

L'eccesso di placca e tartaro può causare un'infiammazione cronica, che si manifesta con una diminuzione dell'appetito, scialorrea (una produzione eccessiva di saliva), piccole perdite di sangue dalle gengive e difficoltà a masticare. Questi segnali, insieme all'alito cattivo, possono essere sintomo di gengiviti e gengivostomatiti e non vanno quindi sottovalutati.

Tumori del cavo orale

Nei casi più gravi, l'alito cattivo può essere sintomo di un tumore del cavo orale. Per questo, è importante rivolgersi a un veterinario, che provvederà a esplorare la bocca del gatto e, se necessario, farà una biopsia per arrivare a una diagnosi ed escludere forme tumorali.

Altri problemi di salute

L'alitosi può essere anche sintomo di altre patologie non correlate a denti e gengive. Tra queste abbiamo il calicivirus e l'herpesvirus, che provocano lesioni alla bocca e di conseguenza alito cattivo, ma anche disturbi gastrointestinali, come vomito e diarrea, responsabili dell'odore acidulo. L'alito uremico, ovvero l'alito che "puzza di pesce", è invece sintomo di sindrome uremica o insufficienza renale. Infine, la chetoacidosi diabetica causa un alito acidulo, ma meno pungente.

Cosa fare se al gatto puzza l'alito?

Se l'alitosi è causata dall'eccesso di placca o tartaro, è importante migliorare l'igiene orale del gatto, per evitare che la situazione degeneri. La placca, infatti, è un accumulo di batteri e può provocare diverse patologie, come la gengivite e la gengivostomatite.

Lavare i denti a un gatto non è facile, per questo vi consigliamo di rivolgervi al veterinario per capire come procedere. In generale, se non c'è infiammazione, ma solo placca, incentivare la masticazione può essere sufficiente. È possibile anche ricorrere a spray e gel da massaggiare su denti e gengive, facilmente reperibili nei negozi di animali, oppure a un dentifricio apposito per animali, da applicare con uno spazzolino a setole morbide o con una garza avvolta attorno al dito, sempre che il gatto si lasci manipolare.

Se c'è molto tartaro e si è formata anche un'infiammazione, il veterinario potrebbe decidere di fare una detartrasi. Per gengivite e stomatite risulta particolarmente efficace la laser terapia, di solito ben tollerata dai gatti, perché indolore e veloce (dura circa 3-4 minuti). In ogni caso, è importante seguire una cura di mantenimento e utilizzare regolarmente prodotti per l'igiene orale, per prevenire un nuovo accumulo di placca.

Se il gatto presenta una diminuzione dell'appetito, difficoltà a masticare e scialorrea, è opportuno recarsi dal veterinario per un'esplorazione del cavo orale. Se lo riterrà necessario, il medico potrà anche effettuare una biopsia, per escludere la presenza di tumori.

Le informazioni fornite su www.kodami.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra il paziente ed il proprio veterinario.
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