27 Luglio 2021
8:47

No alla macellazione di tartarughe e rane vive nei wet market: il passo avanti di Singapore

Singapore ha deciso di bandire dai wet market, luoghi inferno per gli animali e di grave rischio per gli umani, la macellazione di tartarughe e rane, ma l’obiettivo è tutelare tutti gli animali in un futuro prossimo. Una decisione che fa rumore e che arriva direttamente dalla Singapore Food Agency (SFA), dopo un anno di lunghi dibattimenti in Parlamento.

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I grandi cambiamenti si fanno con piccoli passi. E anche sulla questione wet market, “i mercati umidi”, chiamati così perché gli animali sono tenuti negli stessi spazi in cui vengono macellati e poi venduti, finalmente qualcosa si muove a livello internazionale.

Singapore ha deciso di bandire da questi luoghi d'inferno per gli animali e di grave rischio per gli umani la macellazione di tartarughe e rane, ma l’obiettivo è tutelare tutti gli animali in un futuro prossimo. Una decisione che fa rumore e che arriva direttamente dalla Singapore Food Agency (SFA), dopo un anno di lunghi dibattiti in Parlamento.

I numeri del resto fanno paura: solo nel 2019, infatti, sono state circa 18.200 le tartarughe a guscio morbido arrivate vive sui banchi dei wet market per essere macellate, un numero che ha decisamente spaventato le associazioni animaliste internazionali che difendono i diritti degli animali. Con questa decisione almeno le testuggini e le rane possono cantare vittoria. Purtroppo non è che un primo passo, visto che le specie da tutelare nei vari mercati del mondo sono ancora moltissime.

Sulla scia della pandemia che ha riportato all’attenzione di un pubblico molto più ampio e mostrato le immagini di quei mercati in tutta la loro crudeltà, ma anche pericolosità per la salute, il Governo insieme al National Parks Board e all’Agenzia nazionale per l’ambiente (NEA) ha così rivisito la normativa riguardante gli animali vivi. Alla decisione hanno contributo il sostegno dell'Animal Concerns Research and Education Society (ACRES) e della Society for the Prevention of Cruelty to Animals (SPCA), associazioni impegnate nell’aumentare gli standard di sicurezza e migliorare il benessere degli animali da macellazione.

Del resto, con il coronavirus è ormai convinzione univoca che i wet market siano un rischio troppo elevato per la salute pubblica ma resta il rifiuto di abbandonare un' abitudine che però, è giusto sottolinearlo, appartiene non più alla Cina moderna, ma a quella tradizionale degli anziani. I wet market però continuano a esistere e andrebbero chiusi tutti perché l’orrore per gli animali è all'ordine del giorno: anatre, conigli, galline, animali esotici, cani, gatti, tutti vivi, chiusi e stipati in gabbie luride, sangue e carcasse appese dappertutto e sui banconi sporchi di liquidi biologici.

Intanto più di 569.000 firme raccolte da Animal Equality che aveva lanciato un anno prima una campagna per chiedere il divieto di vendita e macellazione di animali vivi nei wet market Il 17 giugno 2021 sono arrivate sul tavolo dell’ONU. E dopo un primo ambiguo no alla chiusura da parte di Peter Ben Embarek, esperto per la sicurezza alimentare e le malattie animali dell’OMS, quest’anno ad aprile anche l’Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE) e il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) hanno chiesto congiuntamente la sospensione della vendita di animali vivi nei wet market. Non per gli animali nello specifico ma appunto per proteggere la salute delle persone che lavorano all’interno di questi mercato.

Ancora non è chiaro quali saranno le sanzioni che verranno imposte dal Governo di Singapore e se interesseranno anche altri stabilimenti di Food & Beverage (F&B). Resta, in ogni caso, un primo passo importante verso la fine di queste realtà, sapendo che la strada è ancora molto lunga.

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Simona Sirianni
Giornalista
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