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5 Aprile 2022
10:58

Nizami e Narmina, i volontari che si battono per i diritti dei cani liberi in Azerbaijan

In Azerbaijan il conflitto tra cani liberi e uomini ha raggiunto proporzioni drammatiche. Per far luce sul fenomeno del randagismo, abbiamo chiesto aiuto all'attivista Trudi Brandle, che ci ha raccontato la storia dei volontari Nizami e Narmina.

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In Azerbaijan, un piccolo paese dell'Asia centrale bagnato dal Mar Caspio al confine con la Russia, il conflitto tra cani liberi e uomini ha raggiunto proporzioni drammatiche.

Per far luce sull'argomento abbiamo chiesto aiuto a Trudi Brandle, un'attivista italiana che da anni si è interessata al paese asiatico: «L'Azerbaijan è un paese che vive delle spaccature sociali ed economiche enormi, che purtroppo si riflettono sul benessere delle popolazioni canine. Pochi grandi centri hanno accesso a strutture veterinarie soddisfacenti, mentre nelle periferie grandi branchi randagi sopravvivono in discariche a cielo aperto diffondendo rabbia ed altre malattie. Paura ed ignoranza portano infine i cittadini, lasciati soli dal governo, a reagire in maniera violenta».

Ma questa storia offre anche esempi di speranza: come la vicenda di Nizami e Narmina, due fratelli che vivono in un piccolo paese di periferia portando avanti un'amorevole battaglia per supportare i cani liberi locali e arginare in maniera pacifica i contrasti tra uomini e cani, nel totale disinteresse del governo.

La drammatica situazione dei cani e gatti liberi nel paese

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Il fenomeno del randagismo è diffuso, seppur in maniera diversa, in tutte le società umane

Il randagismo è un fenomeno antico e complesso che accompagna l'uomo dagli albori del suo rapporto con il cane ed in tutte le società del mondo, sebbene sia vissuto in maniera diversa da paese a paese. Mentre in molte zone le popolazioni libere non sono assolutamente viste negativamente ed anzi si può assistere a meravigliosi esempi di convivenza, in alcune nazioni il rapporto tra uomini e cani liberi sul territorio è più drammatico, a causa della disorganizzazione e della mancanza di tutela da parte dei governi.

A tal proposito l'Azerbaijan è un evidente esempio sia della problematica condizione che può assumere il fenomeno, sia di quanto possa essere profondo l'amore, il rispetto e la dedizione di chi decide di interessarsene fattivamente.

Nel paese centro asiatico le densità di cani liberi sul territorio sono altissime. In uno studio del 2021 incentrato sulla diffusione della rabbia nella capitale Baku, è riportata una stima di 2480-3160 cani randagi/km² e un rapporto tra cani randagi e persone di 1: 4,7. Parallelamente però mancano strutture veterinarie adeguate e solo negli ultimi anni il numero di specialisti veterinari sta raggiungendo numeri sufficienti.

Alte densità di cani in condizioni igieniche scarse e penuria di controlli sanitari adeguati portano al dilagare di malattie come la rabbia, una vera e propria piaga che inasprisce il conflitto tra uomini e animali. Nei primi tre mesi del 2018 – ultimo report disponibile – sono stati segnalati dal Ministero della Salute 5000 attacchi di cani randagi, mentre frequentissime sono purtroppo le "mattanze" di cani randagi ad opera di alcuni cittadini con il silenzio-assenso delle autorità locali. Per non parlare poi delle misure intraprese dal governo focalizzate esclusivamente nella capitale Baku, come la creazione del Toplan Stray Dogs Care Center, un centro per la cura e la sterilizzazione dei randagi, che l'OIPA ha denunciato essere una sorta di "campo di concentramento" per animali da cui escono vivi solo i più fortunati.

«Bisogna condannare queste atrocità, ma sottovalutarne le cause non può che aggravare la situazione: la gente ha paura ed è lasciata sola . chiarisce Trudi Brandle – D'altronde però le azioni violente non risolvono un bel nulla. I cani sono animali che generano grandi cucciolate e mostrano una crescita rapida. I territori "liberati" in maniera violenta vengono poi presto rioccupati da nuovi individui». Quali potrebbero essere quindi le soluzioni? «Le uniche vie percorribili sono delle diffuse campagne di vaccinazione e sterilizzazione».

Nizami e Narmina: uniti per i diritti degli animali

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Il rifugio gestito dai due fratelli

È questo il clima dove operano ogni giorno persone straordinarie come Nizami e Narmina, fratello e sorella che operano nella cittadina di Zaqatala a 400 chilometri dalla Capitale. «I due volontari vivono con la madre e con circa quaranta cani – racconta Trudi, che da anni cerca di far conoscere il loro operato – e ne hanno a carico altri trenta, molti dei quali disabili, che ospitano in un luogo appositamente affittato. Come se ciò non bastasse, tre volte la settimana vanno alla discarica della zona a nutrire il branco che vive lì, spesso rinvenendo nuovi cuccioli abbandonati e bisognosi di assistenza».

Insieme dal 2011,  Nizami e Narmina portano avanti una pagina Facebook chiamata "Heyvan Haqları Üçün Birleşek" (in italiano "Uniti per i diritti degli animali") dove raccontano i loro sforzi quotidiani per garantire a questi animali di vivere dignitosamente.

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Pampis, uno dei membri più teneri del loro grande branco

A Zaqatala non esiste alcuna clinica veterinaria e quando un animale necessita di cure urgenti sono costretti ad affrontare un viaggio lungo e complicato in autobus o taxi dal momento che non posseggono un auto.

Visitando la pagina Facebook della coppia è facile comprendere la loro miracolosa dedizione alla causa: «Le uniche risorse finanziarie su cui possono contare sono quelle dei pochi donatori locali e di tanto in tanto dei miei contributi. Non esiste nessun supporto da parte delle istituzioni».

Ma il supporto che chiedono non è solo di natura economica: sono state contattate varie organizzazioni internazionali con lo scopo di avviare quantomeno una campagna di sterilizzazione dei cani della discarica ma a tutt'oggi nessuna ha dato disponibilità ad intervenire. «Personalmente continuerò ad interessarmi a questa realtà nella speranza che prima o poi qualcosa si smuova».

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