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26 Gennaio 2022
12:32

Nella giungla del Borneo, accanto agli oranghi che imparano a tornare liberi

Paloma, un "madre surrogata" dell'Orangutan Forest School dove Four Paws e un'associazione locale preparano i cuccioli orfani di oranghi a tornare a vivere autosufficienti nella foresta, racconta le emozioni che si provano.

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Giornalista
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Eska, una femmina di orango riabilitata presso la Orangutan Forest School nel Borneo (credits:@NanangSujana – Four Paws)

«In un certo senso è come il rapporto naturale che lega madri e figli. Noi dobbiamo solo accettare che stanno crescendo ed esserne felici. Raggiungendo la meta potranno iniziare la loro nuova esistenza. E tornare alla vita che meritano, liberi nella foresta». Paloma passa le sue giornate accanto agli oranghi arrivati alla Orangutan Forest School del Borneo malati, spaventati, a volte feriti. Molti orfani con ancora negli occhi la morte violenta dei loro genitori oppure sfuggiti, a loro volta, alla cattura e alla prigionia. Ancora più spesso arrivano denutriti: la splendida foresta che naturalmente li accoglie, da millenni, cede sempre più il passo alle coltivazioni di olio di palma e la deforestazione li priva degli habitat imprescindibili alla loro sopravvivenza.

Paloma dal 2009 fa parte dello staff che li accoglie, li cura, li riabilita e li riaccompagna lentamente alla vita libera, indipendente. Un lavoro fondamentale e complicato che l’organizzazione per il benessere degli animali Four Paws svolge da 12 anni nel Borneo e che alla fine del 2021 ha visto la decisione del Governo indonesiano di destinare una vasta area di foresta pluviale protetta nel Kalimantan orientale, nel Borneo, alla reintroduzione degli oranghi nel loro habitat naturale. Per questo delicatissimo compito la fondazione indonesiana Yayasan Jejak Pulang e FOUR PAWS, lavorano da anni alla formazione dei loro caregiver, assistenti umani pronti ad assumere agli occhi dei giovani oranghi le sembianze di vere e proprie “madri surrogate”.

Come è difficile essere una “madre surrogata” per insegnare ad un orango ad essere un orango

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Un caregiver si occupa di un orango all’interno del centro di riabilitazione per oranghi orfani o feriti (credits:@FourPaws)

«Essere un caregiver significa innanzitutto essere in grado di insegnare agli oranghi quello che insegnerebbero loro le madri naturali. Compito molto complicato perché noi siamo umani e quindi dobbiamo noi stessi imparare prima molte abilità che non ci appartengono naturalmente prima di insegnarle agli oranghi – spiega Paloma – Ecco perché il nostro staff si sottopone a una formazione in botanica per conoscere le specie di piante locali e riconoscere quelle sicure per il consumo da parte degli oranghi. Contemporaneamente dobbiamo imparare a fare nidi sicuri su alberi alti, e che tipo di vocalizzazioni si devono eseguire in caso di pericolo, proprio come farebbero gli oranghi adulti».

Un processo lungo che Four Paws ha sintetizzato con la parola “oranganizzare”. «Ma la parte più difficile per un umano che cerca di essere un orango è stare sugli alberi, dove gli oranghi passano la maggior parte del tempo. Possiamo solo imparare a stare in alto sugli alberi con attrezzature da arrampicata sicure e cercare di incoraggiare i più giovani a stare sull'albero con noi ma per il resto questo è qualcosa che dovranno imparare attraverso la loro esperienza. Inoltre, abbiamo bisogno di mantenere un monitoraggio continuo dello sviluppo di ogni orango nella foresta per assicurarci che stiano acquisendo le abilità e adattandosi all'ambiente, quindi dobbiamo essere pronti ad avere incontri nella foresta con alcuni animali come serpenti, orsi del sole, maiali selvatici o vespe».

Un processo di riabilitazione in tre livelli prima della libertà

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Un caregiver insegna ad un orango a costruirsi un nido tra gli alberi della foresta (dal video di Four Paws)

Il lungo processo di riabilitazione, così come è stato strutturato alla Orangutan Forest School, prevede tre livelli successivi fino all’obiettivo finale del rilascio nella foresta. «Il primo livello – spiega Paloma – è chiamato anche Kindergarten: i neonati e i cuccioli più giovani hanno bisogno di più interazione con le madri surrogate in quanto hanno bisogno di più cura e sostegno emotivo.  Passano tutto giorno nella foresta con loro e dormono nella stanza della nursery. È in questa fase che le madri surrogate portano i piccoli oranghi in giro per la foresta alla ricerca di cibo e modellano i loro comportamenti».

Intorno a quattro, cinque anni i cuccioli di orango iniziano ad essere più indipendenti. È il secondo livello della riabilitazione, «il periodo in cui trascorrono le giornate nella foresta e sia i caregivers che gli orfani possono prendere l'iniziativa di cambiare luogo, cercare il cibo. Cominciano a costruire il nido e, a metà giornata, lo usano per un sonnellino. La sera, poi, non dormono più nei dormitori ma nelle gabbie notturne per cominciare ad abituarsi al suono della foresta di notte». Quindi arriva il momento delle prime esplorazioni. «Questo è il livello tre: si addentrano nella foresta mentre l’operatore li segue e interviene solo se necessario. Sono già bravi a costruire nidi e passano la notte dormendo nel loro nido nella foresta che ha volte condividono con altri oranghi dello stesso livello».

Imparare a vivere liberi: 100 ettari di foresta per Eska e Amalia

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Eska e Amelia le due femmine di orango in riabilitazione presso il centro di Four Paws in Borneo (credits: @NanangSujana per Four Paws)

Durante la riabilitazione gli oranghi passano tutto il giorno nella Forest School, che altro non è che una grande foresta protetta di oltre 100 ettari, con molti alberi e cibo disponibile. «Abbiamo identificato 172 specie di alberi che gli oranghi possono mangiare i loro frutti, foglie e linfa: l’ambiente perfetto per loro per imparare cosa mangiare e in quale stagione. Inoltre, due volte al giorno, ricevono il cibo direttamente nelle piattaforme di alimentazione: principalmente verdure, alcune proteine e poca frutta.

In questo regime si stanno lentamente riabituando alla libertà Eska di otto anni e Amalia di dieci, tra i primi residenti del centro. «Sono state affidate a noi quando le autorità indonesiane hanno chiuso uno zoo privato nel 2017 – spiega Signe Preuschoft, la primatologa che le ha curate da allora con il suo team indonesiano in modo che possano tornare nel loro habitat naturale una volta che siano abbastanza grandi da vivere in modo indipendente – Finora abbiamo preparato Amalia ed Eska guidandole verso la vita nella foresta e aiutandole a  dimenticare le esperienze traumatiche della cattività. Quando le abbiamo accolte, Amalia era autonoma, mentre Eska era malnutrita, disperatamente sola e timida. Poiché erano ancora cuccioli, avevano bisogno di madri surrogate umane che mostrassero loro come gestire uno stile di vita da oranghi. Negli ultimi quattro anni abbiamo assistito al loro incredibile sviluppo verso l'autonomia e la competenza. Ora siamo felici di accompagnarli nell'ultimo tratto del loro viaggio verso l'indipendenza»

La valutazione finale: è giunto il momento di tornare alla libertà

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Eska ha otto anni e attualmente si trova al cosiddetto livello tre del processo di riabilitazione che la riporterà alla libertà (credits:@NanangSujana per Four Paws)

L’ultimo passo verso libertà prevede l’iniziale e progressiva conoscenza della foresta dove gli oranghi torneranno una volta terminato il processo di riabilitazione. «Una volta raggiunto l'ultimo livello nella Forest School, gli oranghi saranno valutati se sono pronti a passare al sito di rilascio, la Jungle Academy. Qui, impareranno a conoscere la nuova foresta, dove vivranno per sempre. Scopriranno dove sentirsi al sicuro, incontreranno altri animali e, soprattutto, impareranno dove e quando è disponibile il cibo. «Continuiamo a monitorarli grazie ad una squadra che li segue ogni giorno per assicurarsi che si stiano adattando bene all’ambiente.Quando gli oranghi diventeranno sempre più indipendenti e inizieranno a vagare in zone troppo lontane per permettere alla squadra di seguirli, solo allora, molto naturalmente gli permetteremo di tornare alla loro libertà».

Troppa consuetudine alla presenza umana che può essere pericolosa

Ma come evitare che la vicinanza con gli assistenti e le madri surrogate si trasformi in una pericolosa abitudine alla presenza umana? Come evitare che, una volta tornati nella giunga, gli oranghi non sappiano più riconoscere tra gli umani i possibili nemici? «La  familiarità con gli assistenti è necessaria e fondamentale. Grazie ai legami di attaccamento che stringono con i loro caregiver arrivano a fidarsi di loro e questo rende possibile insegnare ai piccoli tutte le importanti attività vitali e seguire i più anziani nella foresta. – spiega Paloma che però avverte – tuttavia, il contatto non necessario con esseri umani è un rischio mortale, perché non tutti gli esseri umani sono amichevoli nella foresta, e se gli oranghi si abituano ad essere circondati da estranei, potrebbero mettersi in pericolo in quanto possono essere facilmente catturati, feriti o uccisi. Proprio per evitare l’umanizzazione i visitatori o i turisti non possono venire a vedere gli oranghi alla Orangutan Forest School. Devono invece imparare che, generalmente, è meglio diffidare degli estranei. Quindi, dato che gli oranghi devono imparare a discriminare tra umani familiari e degni di fiducia ed estranei di cui non devono fidarsi ma evitare, la procedura prevede che gli oranghi vedano sempre gli assistenti con l’uniforme. Imparano così a differenziare gli affidabili da qualsiasi altro umano, e a nascondersi se incontrano un umano non familiare».

Il rilascio: il momento più bello ma anche più doloroso

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Alla fine della lunga riabilitazione, un periodo che può durare anche cinque o sei anni, arriva il momento più atteso ma anche il più temuto, il rilascio. I rapporti infatti sono diventati più stretti, quasi intimi, la consuetudine giornaliera, gli abbracci e la fisicità sono cresciuti giorno per giorno. «Man mano che gli oranghi crescono, il rapporto con chi li accudisce cambia, e non prestano più tanta attenzione a noi, mostrando più indipendenza. Ma è anche vero che se mi assento per un periodo – racconta con emozione Paloma – quando mi rivedono, vengono a salutarmi, ad annusare la mia pelle, a guardarmi profondamente negli occhi, anche se poi se ne vanno e continuano a fare le loro cose nella foresta».

Rincontrarsi, nella foresta, e ritrovarsi ancora amici

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Amelia, la femmina di orango all’Orangutan Forest School (credits:@Nanang Sujana per Four Paws)

E dopo l’addio? Si ritorna ad occuparsi degli altri orfani del centro. Sperando magari di rincontrare i vecchi amici che sono andati per la loro strada. Con il desiderio ovviamente di essere riconosciuti «Sì, ti riconoscono. E possono venire a controllarti, a salutarti – conclude la dottoressa Signe. – La mia sensazione principale in questi casi è: ora sono loro ospite. Mi permettono di visitarli, di passare del tempo con loro, ma sono loro a comandare. È spaventoso, travolgente, ci si sente così orgogliosi, e anche in lacrime, perché non sono più il piccolo cucciolo che dormiva sul tuo petto e apriva gli occhi per dare un profondo sguardo d'amore. Si torna a casa, un po' smarriti. E una parte del tuo cuore rimane lì, indietro, con loro».

Foto di Copertina: Eska, una femmina di orango riabilitata presso la Orangutan Forest School nel Borneo (credits:@NanangSujana – Four Paws)

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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