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2 Marzo 2021
9:58

Nel Borneo dieci oranghi ritrovano la libertà, malgrado la Covid

Test, dispositivi di sicurezza, distanziamento, alla base dei nuovi protocolli per difendere dal virus gli oranghi del Borneo e gli operatori della BOS Foundation, una ong che opera nella salvaguardia dell'ambiente nel sud est asiatico. A febbraio liberatati dieci esemplari nella foresta del Borneo con misure anti covid eccezionali mai applicate finora.

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Giornalista
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Un momento della preparazione degli oranghi verso la libertà: la sedazione per mano degli operatori (credits: BOSFoundation)

Salvare animali al tempo della pandemia di covid-19 non è per niente facile. Soprattutto se salvarli vuol dire riportarli, dopo anni di riabilitazione, allo stato libero. Quindi prelevarli dal centri di recupero dove si trovano, trasportarli in box appositamente studiati per il loro trasferimento e farli viaggiare in elicottero fino al luogo dove vivranno. Un luogo quasi inaccessibile, per di più, una foresta impenetrabile e rigogliosa come sono solo le foreste del sud est asiatico. Con una complicazione ulteriore: gli animali che stai salvando sono degli orango, geneticamente, i più simili all’uomo e per loro un’infezione da Sars-Covid-19 potrebbe essere, oltre che fortemente infettiva per gli altri membri del gruppo, quasi certamente fatale.

I dieci oranghi rilasciati nel Borneo al tempo del Covid-19

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La BOS Foundation, una Ong indonesiana fondata dal dottor Willie Smits nel 1991 e dedicata alla conservazione dell'orangutan del Borneo in via di estinzione, salva animali da molti anni. Lo fa da sempre in una zona della terra tra le più selvagge e difficili da penetrare. Pochi giorni fa ha liberato dieci oranghi che vivevano da molto tempo nei suoi centri di riabilitazione nel cuore dell’isola ed erano ormai pronti per tornare a volteggiare fra gli alberi secolari della foresta. É stata solo la loro ultima operazione, ma forse la più impegnativa. Perché tutti i protocolli hanno dovuto essere aggiornati, le misure di sicurezza aumentate, le nuove difficoltà di trasporto e isolamento affrontate e risolte con soluzioni nuove. «In risposta alla pandemia, nel marzo 2020, il nostro team ha implementato rigorosi protocolli sanitari che ci avrebbero permesso di continuare le nostre attività di conservazione – spiega l’organizzazione a Kodami – I protocolli si basavano su test, dispositivi di protezione individuale (DPI) e distanziamento fisico. Prevista inoltre la chiusura dei nostri centri di riabilitazione a visitatori, volontari e ricercatori e limitate le attività che richiedono il viaggio, comprese le liberazioni degli oranghi».

Test agli oranghi e agli operatori, distanza dai centri abitati e elicottero per trasferire gli animali

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Dopo quasi un anno la situazione si è sbloccata e, in collaborazione con le Kalimantan Natural Resources Conservation Agency (BKSDA), agenzie per la conservazione del territorio, il 16 e il 18 febbraio i dieci oranghi sono stati liberati. Sette dei dieci sono stati rilasciati nella foresta di protezione di Bukit Batikap, nel Kalimantan centrale. Mentre gli altri tre sono stati rilasciati nella foresta di Kehje Sewen nel Kalimantan orientale. «Sono stati condotti test regolari sul personale per garantire che coloro che si trovassero ad interagire con gli oranghi non avessero la COVID-19, oltre a garantire che anche gli oranghi rilasciati dai nostri centri di riabilitazione fossero sani e privi del virus SARS-CoV 2 – spiega il dottor Jamartin Sihite, ceo della Fondazione BOS – Tutti gli oranghi rilasciati sono stati testati utilizzando il test PCR, così come anche tutto il personale BOSF e le persone assunte esternamente. Malgrado i test, solo il personale designato era in prossimità degli oranghi e quando lo era, indossava dispositivi di protezione completi. Infine, siamo passati a misure straordinarie per evitare di attraversate insediamenti umani durante il trasferimento. Gli oranghi sono stati portati direttamente dai centri di riabilitazione alla pista di atterraggio, da dove sono partiti in elicottero verso nostri siti di rilascio. Quando si viaggia interamente via terra, questi viaggi possono normalmente richiedere giorni e attraversare dozzine di villaggi, ma con un elicottero i viaggi non hanno richiesto alcun contatto umano, e hanno ulteriormente ridotto lo stress impiegando meno di un’ora in tutto per il trasferimento».

Sette oranghi verso la Bukit Batikap Forest, fra auto, elicottero e barca

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Completamente isolati dalle tute di protezione, protetti dalle visiere e dai guanti, gli operatori dell’organizzazione hanno sedato gli oranghi prima del viaggio. Bali, Hugus, Noel, Strada e Deijo, i cinque maschi del primo gruppo, e le due femmine Nenuah e Disha, sono stati i primi a partire verso la Bukit Batikap Protection Forest, situata nel cuore del Kalimantan. Un viaggio che in genere si effettua in 3 giorni e 2 notti, ma il Covid ha richiesto tempi rapidi e quindi, grazie all’elicottero, il viaggio è durato meno di 24 ore e tante di queste ore sono state dedicate al viaggio di 180 chilometri dal centro di riabilitazione degli oranghi di Nyaru Menteng all'aeroporto Sangkalemu di Kuala Kurun.

Il camioncino che trasportava i sette oranghi, infatti, si doveva fermare ogni due ore per controllarli. La mattina successiva, all'aeroporto di Kuala Kurun, un elicottero di Hevilift era pronto per trasportare gli oranghi direttamente a Camp Totat Jalu, nel cuore della Bukit Batikap Protection Forest. Dopo essere stato in volo per circa un'ora, l'elicottero che trasportava gli oranghi aveva raggiunto il suo obiettivo, a 133 km di distanza. L'ultima tappa, per raggiungere la libertà, è stata raggiunta in barca. Infatti dall’eliporto dove li aveva lasciati l’elicottero, gli oranghi sono stati caricati su una barca che li ha scaricati nei punti di rilascio che erano stati scelti. Deposte le casse a terra e sollevata la parete di chiusura della cassa, per gli oranghi solo lo stupore della natura tutta intorno e il richiamo forte, fra i rumori familiari della giungla, della libertà ritrovata.

Libertà anche per Juve, Freet e Britney nel Kalimantan Orientale

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Anche per Juve, Freet e Britney, i tre esemplari liberati nel Kalimantan Orientale, il viaggio è stato molto più breve grazie all’elicottero. Trasportati in auto fino dal Samboja Lestari Orangutan Rehabilitation Center fino a Juq Kehje Swen Island, i tre oranghi sono stati trasportati con lo stesso elicottero e con 30 minuti di volo fino alla Kehje Sewen Forest. Un paesaggio impressionante quello che si può ammirare in volo: chilometri e chilometri di una vegetazione densa che dall’alto sembra un unico tappeto verde fatto di alberi così fitti da non essere riconoscibili. In mezzo a questa vegetazione intensa e rigogliosa i tre oranghi hanno fatto i loro primi passi, sgattaiolando felici non appena la gabbia è stata aperta. Ansiosi di aggrapparsi al primo ramo e poi al secondo e al terzo, nel gioioso dondolarsi tra un albero e l’altro di queste grandi scimmie dai tratti antropomorfi ma dallo spirito libero e ancora selvaggio. «Ora spetterà alle squadre di monitoraggio post-rilascio raccogliere i dati di osservazione su questi oranghi liberati e condurre pattugliamenti regolari per garantire la loro sicurezza e il loro benessere nella foresta mentre noi possiamo invece concentrarci sul prossimo gruppo di candidati al rilascio – conclude il dottor Jamartin Sihite -. Siamo sollevati dal fatto che le procedure che abbiamo implementato fino ad oggi abbiano funzionato bene, ma, mentre continuiamo a impegnarci per prevenire la trasmissione del virus tra gli oranghi liberi e tra quelli di cui ci prendiamo cura,  continuiamo a sperare che questa pandemia finisca per tutti».

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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