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6 Febbraio 2022
12:42

L’Islanda è pronta a fermare la caccia alle balene

La ministra alla Pesca ha annunciato che dal 2024 la caccia alle balene potrebbe essere vietata: non è più economicamente ed eticamente sostenibile. Norvegia e Giappone continuano invece a consentirla.

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La caccia alle balene per scopi commerciali in Islanda potrebbe essere vietata entro il 2024. L’annuncio è arrivato dalla ministra alla Pesca Svandis Svavarsdottir che in una dichiarazione rilasciata ai media islandesi ha puntato il dito contro una pratica che ha definito ormai «poco giustificata».

L’Islanda è uno dei tre paesi al mondo in cui la caccia alle balene è ancora legale insieme con Norvegia e Giappone. Proprio la decisione del Giappone di riprenderla, dopo uno stop di 33 anni, ha portato a un calo della domanda di carne di balena islandese. Il Giappone era infatti il principale mercato dell'Islanda, ma ha ripreso la caccia commerciale nel 2019, una scelta che ha suscitato una valanga di critiche a livello internazionale.

«Perché l'Islanda dovrebbe correre il rischio di continuare a permettere la caccia alle balene, che non ha portato alcun guadagno economico, per vendere un prodotto per il quale non c'è quasi più richiesta?», ha scritto venerdì Svavarsdottir sul quotidiano Morgunbladid.

Le quote annuali più recenti dell'Islanda consentono di abbattere 209 balenottere comuni, specie in via di estinzione, e 217 balenottere minori. Svavarsdottir, membro del Movimento Sinistra-Verdi, ha sottolineato come il fatto che negli ultimi tre anni sia stata uccisa solo una balena dimostri che questa antica e brutale pratica abbia scarsi benefici economici per il Paese. Ed è proprio il fattore economico a pesare maggiormente sulla decisione di vietarla dopo il 2024, mentre sembra scivolare in secondo piano il fatto che centinaia di balene vengano trucidate ogni anno e il loro numero globale sia sceso in modo radicale negli ultimi anni.

Le esportazioni di carne di balena dell’Islanda sono calate drasticamente dopo la controversa decisione del Giappone di riprendere la caccia commerciale dopo una pausa di tre decenni, e anche la pandemia ha avuto un peso sul mercato. I provvedimenti adottati per contenere il contagio da Covid-19 hanno rallentato il lavoro negli stabilimenti, e  questo si aggiunge l’estensione della zona costiera in cui la pesca è vietata.

Svavarsdottir ha aggiunto poi che la caccia alle balene potrebbe avere ripercussioni negative sull’economia islandese generale anche per ragioni etiche, visto che diversi gruppi hanno deciso di interrompere le trattative commerciali dopo la decisione del Paese di riprendere questa pratica, nel 2006.

«Questa è ovviamente una notizia estremamente gradita, e non arriva certo troppo presto – ha detto Vanessa Williams-Grey, rappresentante della onlus britannica Whale and Dolphin Conservation – I cacciatori islandesi hanno ucciso centinaia di balene negli ultimi anni, nonostante la domanda interna sia quasi zero».

In Islanda infatti le balene continuano a essere fonti di guadagno, ma in modo decisamente meno cruento e più sostenibile rispetto alla caccia. Ogni anno infatti migliaia di persone raggiuntino l’isola per osservare i cetacei da vicino, nel loro habitat, e il turismo naturalistico è diventata una tra le più importanti risorse economiche del Paese.

La caccia dei cetacei a livello mondiale è disciplinata dalla Convenzione internazionale per la regolamentazione della caccia alle balene (ICRW) sottoscritta nel 1946. L'IWC, la Commissione Baleniera Internazionale – l’organismo internazionale istituito per tutelare le popolazioni di cetacei – si occupa di vigilare affinché venga rispettata, e nel 1982 ha firmato la prima moratoria contro la caccia commerciale delle balene, dopo una lunga battaglia portata avanti da Greenpeace.

Nonostante gli sforzi e la posizione corale assunta dalla maggior parte dei Paesi mondiali, l’IWC non è ancora riuscita a impedire che Norvegia, Islanda e Giappone, le cosiddette “nazioni baleniere”, continuino a uccidere centinaia di balene, violando ogni anno la moratoria e motivando la caccia anche con presunti e mai dimostrati “scopi scientifici”.

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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