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4 Luglio 2022
15:30

Liberarono 400 animali dai laboratori di Milano: non dovranno nessun risarcimento all’ateneo

«Se tornassi indietro lo rifarei. Rifarei tutto», ammette uno degli attivisti imputati al processo per aver liberato circa 400 animali sfruttati dall'Università di Milano per la ricerca scientifica.

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coniglio sperimentazione

Gli attivisti che nel 2013 liberarono le cavie del dipartimento di farmacologia dell'Università di Milano non dovranno corrispondere all'ateneo alcun risarcimento. Dopo una lunga trafila giudiziaria i ricercatori hanno deciso di rinunciare all'indennizzo richiesto, inizialmente pari a 600mila euro.

Gli imputati erano tutti parte del Coordinamento “Fermare Green Hill” che nel 2012 contribuì a liberare i Beagle chiusi nei laboratori dell'azienda biomedica Marshall di Montichiari.

«Sull'onda del successo di quell'azione abbiamo deciso di intervenire anche in soccorso degli animali sfruttati a Milano», spiega a Kodami Giuliano Floris, membro del Coordinamento “Fermare Green Hill” e imputato nel procedimento di Milano.

C'era anche lui tra i cinque attivisti che nell'aprile del 2013 si incatenarono alle porte del laboratorio di Farmacologia consentendo la liberazione delle cavie: 400 topi e un coniglio usati per la sperimentazione animale.

Quell'azione aveva portato all'apertura di due filoni processuali. A restare aperto sino ad ora era rimasto solo il procedimento civile che oggi finalmente si conclude in appello. Le richieste economiche avanzate dall'ateneo riguardavano il danneggiamento delle strutture, le spese di laboratorio e persino i rimborsi spese dei tirocinanti che avrebbero dovuto lavorare con gli animali. Una somma che superava il mezzo milione di euro e che non dovrà essere corrisposta dagli attivisti.

«Il giudice aveva già segnalato che la documentazione prodotta non sopportava la richiesta dell'Università – commenta Floris – e così è stato. In appello quindi i ricercatori hanno deciso di fare un passo indietro e rinunciare al risarcimento. Adesso sono loro che dovranno corrispondere ai nostri avvocati le spese processuali».

Più amara la sentenza del giudice del processo penale che si è risolto nel 2018 con la condanna a 1 anno e 6 mesi di carcere per violenza privata e danneggiamento per tre attivisti, tra cui lo stesso Floris; mentre altri due imputati hanno scelto il patteggiamento.

Gli animali salvati dagli attivisti non potevano essere liberati in natura, sono stati quindi affidati a rifugi o dati in adozione, dato che la legge prevede la possibilità di adottare gli animali della sperimentazione animale. «Non potevano tornare alla vita naturale – commenta Floris – quando li abbiamo salvati erano visibilmente molto stressati: avevano atteggiamenti stereotipati, malattie dermatologiche ed erano rinchiusi in gabbie sporche. I conigli all'interno del loro stabulare non avevano un filo di paglia e dormivano tra le deiezioni».

Quella descritta da Floris è una situazione analoga alla vicenda di Ralph, il coniglio utilizzato come cavia per la sperimentazione diffuso dalla  HSI Humane Society International, in occasione della Giornata mondiale per gli animali da laboratorio.

Nel corso dei procedimenti l'Università ha più volte messo sottolineato il ruolo che questi animali stavano svolgendo per aiutare i ricercatori nella creazione di nuove cure per gli esseri umani. Il dilemma etico intorno a questa branca della ricerca scientifica continua a tenere banco in tutto il mondo, compresa l'Italia, dove si potrà continuare la sperimentazione sugli animali negli studi sugli sulle sostanze d'abuso, tra cui rientrano non solo droga e alcol ma anche farmaci.

«Se tornassi indietro lo rifarei. Rifarei tutto – ammette Floris – Gli animali non sono oggetti e non si può parlare di loro in relazione al concetto di utilità, ma di giustizia. Secondo noi è giusto che animale abbia il diritto a vivere la sua vita senza essere sfruttato».

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