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2 Febbraio 2021
15:45

“La Ninna”, così Massimo Vacchetta salva i ricci in pericolo

Ogni anno sono almeno 100mila i ricci che vengono trovati morti lungo le strade italiane perché schiacciati dalle auto in corsa. Ma non c'è solo questo che li mette a rischio. Decespugliatori, incendi e pesticidi minano la loro sopravvivenza. Massimo Vacchetta, nel suo centro "La Ninna" cerca di salvarli.

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Riccio

Ogni anno sono almeno 100mila i ricci che vengono trovati morti lungo le strade italiane perché schiacciati dalle auto in corsa. Ma non c'è solo questo che li mette a rischio. Loro, dal muso simpatico e curioso, sono tra gli animali che più di altri vengono inavvertitamente uccisi dall'uomo che vive in città. Accade con l'uso dei decespugliatori, quando viene dato fuoco alle sterpaglie o quando rimangono intrappolati in reti di recinzione troppo strette che bloccano i loro aculei, o a causa dei pesticidi che li avvelenano. Massimo Vacchetta, fondatore del centro di recupero ricci "La ninna", sa bene quante volte accade e quanti ricci hanno bisogno di soccorso per poi essere reimmessi sul territorio.

Il cambiamento climatico causa una seconda cucciolata con riccetti: i rischi per i ricci

La loro popolazione è in netto declino anche a causa dei cambiamenti climatici. L'innalzamento delle temperature, infatti, porta le coppie di ricci, oltre alla normale cucciolata in primavera, ad averne una seconda anomala tra la fine di agosto e i primi di settembre, ma i ricci nati in questo periodo sono fragili e impreparati al letargo. Pesano troppo poco per passare l'inverno e così muoiono di stenti. La pandemia di Covid-19 e la diminuzione delle auto in transito sulle strade hanno agevolato un po' la loro vita (riescono ad attraversare la strada con meno pericoli), ma non quella della rete di volontari che si attivano per salvarli.

L'incontro tra massimo e una riccia: come è nato il centro "La Ninna"

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Massimo Vacchetta

Massimo Vacchetta, 53 anni, è uno di questi. Faceva il veterinario tra le vacche delle valli delle Langhe. «Un giorno ero al turno di notte e un collega, nel lasciarmi le consegne, mostrandomi una scatola, mi disse ‘lì dentro c'è l'unico paziente di questa sera», racconta. E il paziente era una riccia, un'orfanella, di pochi giorni di vita. «Pesava 25 grammi – spiega – La chiamai "Ninna" e iniziai a nutrirla con un latte particolare, fatto per cuccioli di cane, perché quello vaccino per i ricci è mortale». Così, dopo quella notte di guardia, Massimo abbandona le stalle e passa a creare l'unico centro di recupero specializzato in ricci di tutta Italia: è a Novello, borgo di meno di mille abitanti in provincia di Cuneo, nella terra del vino Barolo. Il centro prende un nome per lui speciale, "La ninna". Come quella riccia che lo fece interessare a questa specie selvatica e che poi ha liberato una volta cresciuta.

Cosa fare e non fare quando si trova un riccio

Non di rado si trovano ricci agonizzanti lungo le strade, soprattutto fuori dai centri abitati. Ma cosa fare? «L'obiettivo – spiega Vacchetta – è cercare di soccorrerli. Il segreto è capire se riescono a formare una pallina reattiva. Se si appallottolano bene vuol dire che sono in buone condizioni. Molte volte, infatti, semplicemente si spaventano perché non hanno una buona vista ma un udito potente. Quindi, sentendo il rumore, si chiudono. In molti casi ci sono ricci perfettamente sani, appallottolati, fermi sull'asfalto. Se la pallina che fanno è tonica la si può spostare a 20 o 30 metri dalla strada, ma comunque mai lontano dal posto in cui vivono. Se il riccio non si chiude, ha sangue al naso o in bocca, bisogna non spaventarlo, non parlare forte, metterlo in uno scatolone con una borsa d'acqua calda, coprirlo con una copertina di pile e portarlo in un Cras, i Centri di recupero per gli animali selvatici».

Il riccio è un animale molto attivo di notte. Quindi, se gira di giorno, potrebbe essere in difficoltà. «Se è fermo all'aperto, circondato da mosche o cammina barcollando, è un altro segnale d'allarme», dice il veterinario, che precisa come questi animali non siano «portatori di malattie particolari se non di zecche, come cani e gatti. Bisogna fare attenzione a non pungersi e a non farsi mordere, può capitare che lo facciano se si sentono in pericolo. Ma non è un morso lacerante come quello dei cani; con i loro denti, loro, schiacciano gli scarafaggi».

Cosa dare da mangiare a un riccio

Ma cosa dare a un riccio che è visibilmente affamato e che viene trovato lungo la via? Mangiano insetti, ma se bisogna prestare loro soccorso bisogna ricordarsi di un unico grande divieto: i ricci sono intolleranti al lattosio perché, proprio come accade in alcuni esseri umani, non hanno l'enzima lattasi che ne permette la digestione. Con un po' di latte di mucca rischiano di avere un attacco tale di diarrea da poterne morire. Sono sconsigliati pane e mandorle. Ma per tirarli su basta un po' di acqua con un po' di miele, o crocchette per gattini, a base di pollo, o carne tritata cotta.

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