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13 Ottobre 2022
8:30

Allarme ricci: il cambiamento climatico li sta sterminando

L'Università di Torino e il Centro Ricci La Ninna di Cuneo si sono uniti per indagare le cause di ricoveri e morti fuori dal comune dell'ultimo anno e studiare gli effetti dell'emergenza climatica.

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Giornalista
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Un declino inarrestabile: vivono sul pianeta Terra da oltre 15 milioni di anni ma in Europa, in soli 20 anni, sono diminuiti dell’70%. Solo in Inghilterra, dagli anni ’70 ad oggi, da 30 milioni sono scesi a circa 800 mila. I ricci, sentinelle dello stato di salute di un ecosistema, in quanto a stretto contatto con il suolo, territoriali e insettivori, stanno scomparendo e neanche troppo lentamente.

L’Allarme arriva da Massimo Vacchetta, fondatore del Centro Ricci “La Ninna”,  l’unico centro italiano completamente dedicato alla salvaguardia di questo piccolissimo mammifero che molti scambiano per roditore. «Se non faremo nulla per fermare il declino di questa specie, i ricci si estingueranno in 10-20 anni – spiega Vacchetta. – Il nostro dovere è proteggerli, perché dalla salute dei ricci dipende anche la nostra sopravvivenza». Proprio per studiarli e quindi proteggerli meglio, il centro del cuneese ha avviato una collaborazione con il Dipartimento di Scienze Veterinarie dell'Università di Torino (DSV) per indagare le cause di ricovero e morte dei ricci e documentare i numeri di questa emergenza.

Perché i ricci stanno morendo?

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Un riccio con una zampa rotta presso il Centro La Ninna (credits:@CentroLaNinna)

Il progetto, coordinato dalla professoressa Maria Teresa Capucchio, cercherà di mettere a punto i parametri del profilo metabolico ematico di questi piccoli mammiferi e indagherà gli agenti infettivi e parassitari che possono essere veicolati e potenzialmente pericolosi per i ricci e l’ambiente.

Prendendo in considerazione i ricci ricoverati e deceduti presso il Centro Animali Non Convenzionali (C.A.N.C.) del DSV e quelli del Centro Recupero Ricci “La Ninna” (un totale di 160 ricci) si cercherà, inoltre, di capire se, a seguito di periodi di ospedalizzazione di almeno 10-15 giorni, i ricci possono sviluppare resistenza agli antibiotici o modificare il proprio microbiota intestinale.

«Credo che la collaborazione tra i due centri permetterà di conoscere le cause di morte e malattia dei ricci del Piemonte al fine di poter attuare misure di profilassi adeguate. È importante lavorare ora per evitare che questi piccoli mammiferi essenziali nell’ecosistema, possano arrivare all’estinzione con conseguenze molto gravi per l’ambiente che ci circonda», spiega a Kodami la dottoressa Maria Teresa Capucchio. Il progetto parte quindi proprio dalla necessità di interpretare il campanello d’allarme che l’ultimo inverno ha segnalato chiaramente una degenerazione della situazione da non sottovalutare.

«Nell’inverno 2022, con un incremento della tendenza negativa registrata negli anni precedenti, c’è stato un calo dei ricoveri al Centro Ricci “La Ninna” a causa della mortalità elevatissima dovuta alla siccità e al cambiamento climatico – spiega Massimo Vacchetta – In tutta Europa migliaia di adulti non sono sopravvissuti all’inverno precedente perché non sono stati in grado di acquisire un peso sufficiente per affrontare il letargo o si sono risvegliati precocemente per le elevate temperature dei primi due mesi dell’anno che hanno “mimato” la primavera: questi ultimi non sono sopravvissuti a causa della mancanza di acqua e cibo o per gravi colpi di calore».

Siccità e cambiamento climatico tra le cause delle morti dei ricci

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Un altro ospite del Centro La Ninna (credits: @CentroLaNinna)

Secondo i dati dell'organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) il 2021 è stato uno dei sette anni più caldi mai registrati ed il settimo anno consecutivo (2015-2021) in cui la temperatura globale è stata mediamente superiore di oltre 1 grado centigrado in confronto ai livelli preindustriali. La scienza prevede che, se andremo avanti di questo passo, nell’arco di questo secolo le temperature potrebbero aumentare di 4-6 gradi causando una tremenda devastazione dell’ambiente in cui viviamo.

«Nell'autunno del 2021 – aggiunge Vacchetta – abbiamo dovuto recuperare oltre 70 soggetti molto giovani nati nei mesi di ottobre, novembre e dicembre: troppo tardi per poter mettere su il peso necessario a superare l’inverno. Vent'anni fa queste cose non succedevano perché la stagione delle nascite era limitata alla primavera e all’estate».

I cambiamenti climatici stanno quindi sconvolgendo completamente i ritmi di vita e di morte degli animali, provocando trasformazioni fino ad ora mai conosciute ma ormai assolutamente prevedibili. Un incremento preoccupante dei ricoveri di piccoli ricci in difficoltà, molto debilitati o orfani è infatti un altro effetto del riscaldamento globale. «Ora abbiamo, da diversi anni, una seconda cucciolata in autunno – aggiunge Vacchetta – Il novanta per cento dei piccoli nati in questo periodo è destinato a morire di fame e di stenti. Un riccio dovrebbe andare in letargo a novembre con un peso superiore ai 600 grammi per avere qualche possibilità di rivedere la primavera. Invece nel nostro ospedale abbiamo soccorso piccoli di appena 200 grammi in tardo autunno, come “Talpa” un bellissimo cucciolo dal nasino rosa, trovato in pieno giorno, che barcollava stremato dalla denutrizione».

Come riconoscere un riccio in difficoltà

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Un ricco ricoverato nel Centro La Ninna (credits:@MassimoVacchetta)

Massimo Vacchetta e il Centro Ricci “La Ninna”, che punta a trasformarsi nel primo ospedale e Centro di Ricerca totalmente dedicato a questi piccoli mammiferi (su Gofundme c'è una raccolta fondi per acquistare l’apparecchio radiologico digitale e la sala operatoria), si aspettano una autunno complicato e ricco di segnalazioni e di presenze di nuovi ospiti nel rifugio piemontese.

Proprio per fronteggiare l’emergenza il centro, la cui storia è stata raccontata in un documentario che ha recentemente vinto un prestigioso premio al "Nature Film Festival" (Deutsche NaturfilmPreis) in Germania, offre alcuni indicatori da tenere presente per sapere come e quando intervenire: primo fra tutti il peso.

«Un riccio che pesa indicativamente sotto i 300 grammi a ottobre, 400 grammi a novembre e 500 grammi a dicembre deve essere raccolto e portato a un centro di recupero – spiega Vacchetta – secondo un riccio trovato a vagare di giorno è sempre  da recuperare e soccorrere (è un animale notturno e se si trova in giro nelle ore diurne è perché non sta bene) e infine i ricci trovati a bordo strada, se feriti (controllare se si appallottola, se perde sangue dal naso o ha perdite ematiche sul corpo) sono da portare immediatamente a un centro di recupero: hanno bisogno di un soccorso immediato».

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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