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10 Marzo 2022
10:19

In Congo un’oasi per scimpanzé, gorilla e piccole scimmie sopravvissuti al bracconaggio

Il Primate Rehabilitation Center di Lwiro, nell'est della Repubblica Democratica del Congo, accoglie scimpanzé, gorilla, bonobo e altre piccole scimmie recuperati dai bracconieri o detenuti dalle persone  illegalmente.

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Accoglie scimpanzé, gorilla, bonobo e altre piccole scimmie recuperati dai bracconieri o detenuti dalle persone illegalmente. Si tratta della riserva del Primate Rehabilitation Center di Lwiro (CRPL) 60mila ettari vicini al Parco Kahuzi-Biega, nell'est della Repubblica Democratica del Congo, creata nel 2002 dall'Istituto Congolese per la Conservazione della Natura (Iccn) e dal National Center for Research in Natural Sciences (Crsn).

Lì gli animali vengono curati dalla ferite fisiche e psicologiche provocate dai traumi subiti. L'attenzione è rivolta a un percorso di riabilitazione finché non sono perfettamente in grado di ritornare a vivere in natura.

In uno dei paesi meno sicuri al mondo, dove intere comunità sono costantemente costrette a trasferirsi per sfuggire alle sanguinose incursioni delle varie milizie armate, sorprendentemente riesce invece a resistere un’oasi per animali traumatizzati.

Il fenomeno del bracconaggio in questa zona, descritta dall’Unesco come «una delle regioni ecologicamente più ricche dell'Africa e del mondo», ma anche come uno dei 52 siti nella lista del patrimonio mondiale in via di estinzione, è all'ordine del giorno e si abbatte anche sugli ultimi esemplari di gorilla di montagna.

Le stime del Jane Goodall Institute, l'organizzazione mondiale per la conservazione della fauna selvatica e dell'ambiente fondata dalla primatologa inglese, rivelano numeri allarmanti. Sarebbero, infatti, oltre 3.000 le grandi scimmie, tra cui gli scimpanzé, catturate per finanziare il traffico illegale, o uccise per il commercio di carne di animali selvatici.

I ranger dei Parchi nazionali, soprattutto quelli di Kahuzi-Biega e dei Virunga, situati nelle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo, rischiano la vita ogni giorno per proteggere un territorio vastissimo che fa gola a contadini, allevatori e trafficanti le cui attività illegali restano in gran parte incontrastate.

In difesa, sia di questi “angeli custodi”, sia dei primati affinché possano vivere nel loro habitat naturale lontani dallo spargimento di sangue, i vertici del Centro chiedono insistentemente al governo centrale della capitale, Kinshasa, di adoperarsi per pacificare l’area, rendendola più sicura per esseri umani e animali. Con pochi risultati, però.

Attualmente la riserva conta 109 scimpanzé e 107 scimmie e, anche se gli animali non vivono una condizioni ideali per via del territorio ristretto, ha spiegato il veterinario del centro, Assumani Martin, è sicuramente meglio che in balia di bracconieri o come oggetti di arredo nelle case.

La riabilitazione è un lavoro lungo e impegnativo. Sono necessarie, infatti, settimane o addirittura mesi di sforzi per stabilizzare un animale nella sua “nuova casa”, ma il successo delle cure non è per nulla scontato. Per esempio, Tarzan, racconta il direttore del centro Sylvestre Libaku, uno scimpanzé raccolto lo scorso giugno a Bunia nella travagliata provincia dell'Ituri a nord del Paese, vive ancora in quarantena per alcune ferite sul cranio che ancora non si sono cicatrizzate.

E Byaombe, un altro scimpanzé ferito recuperato più di un anno fa, preoccupa ancora di più, perché riceve cure ogni giorno, ma non mostra alcuna ripresa. Certo, ci sono anche tanti casi più positivi, come nel 2020, quando 39 pappagalli cenerini, dopo essere stati curati a Lwiro, sono stati rilasciati nella foresta ritornando al loro habitat.

Resta purtroppo il fatto che, da allora, tuttavia, nessun animale è stato più accolto nell’oasi a causa dell’aggravarsi della situazione e della mancata sicurezza sia all'interno che intorno alla riserva protetta. «La battaglia per strappare la fauna selvatica dall'orlo dell'oblio è appena cominciata» dice Itongwa Luc, un’operatrice veterana del centro.

«Il nostro unico desiderio è restituire gli animali alla natura, ma i rischi dovuti alla presenza di bracconieri e alle guerre ancora in corso non ce lo permettono. Per questo gli animali resteranno qui fino a quando non avremo la certezza che potranno tornare in un ambiente sicuro».

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Simona Sirianni
Giornalista
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