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11 Agosto 2022
12:29

Il sole picchia duro sulla testa di Jovanotti, chiariamogli le idee su come stanno le cose

Jovanotti è tornato a difendere con rabbia il suo Jova Beach Party rispondendo a una lettera di Mario Tozzi. Tuttavia, le sue affermazioni sono parziali e superficiali. Con l’obiettivo di aprire un dialogo costruttivo e contribuire a un'informazione corretta ecco la nostra risposta ad alcuni suoi passaggi.

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Alla fine Lorenzo Jovanotti ha perso le pazienza, di nuovo: troppo forti e pesanti le critiche arrivate da tutte le parti al suo Jova Beach Party e sull'impatto che i megaconcerti hanno sull’ecosistema spiaggia. E dopo aver dato dell’«econazista» a chiunque non la pensasse come lui e aver prima ancora affermato che il mondo dell’ambientalismo «è più inquinato delle fogne di Nuova Delhi», è tornato a difendere con forza il suo tour, rispondendo a una lettera aperta che lo invitava al dialogo e alla riflessione scritta su La Stampa dal geologo e divulgatore Mario Tozzi.

Il cantante non accenna però a fare nessuna marcia indietro o ripensamento, né tantomeno sembra essere aperto al confronto (ha persino bloccato i commenti sul suo account Twitter). Ha probabilmente perso la brocca seduto su un lettino di una delle ormai sue "Jova beach", dove evidentemente il sola picchia forte e minaccia la lucidità: ha deciso che la sua posizione è certamente giusta e continua ad alzare muri su muri, facendosi forte dello scudo protettivo del WWF Italia, partner ufficiale e garante verde per l’ecosostenibilità del tour.

Tuttavia, dispiace dirlo, nella sua risposta a Tozzi pubblicata sulla sua pagina Facebook, sono presenti numerose affermazioni estremamente superficiali, fuorvianti, parziali o addirittura non veritiere che, data la popolarità e l’influenza del cantante, potrebbero contribuire ad alimentare e diffondere disinformazione.

Con l’obiettivo di aprire un dialogo costruttivo, invitare tutti alla riflessione e senza voler alimentare inutili polemiche o attacchi personali, ecco quindi una risposta ad alcuni dei passaggi più importanti presenti nella lettera che il cantante ha scritto.

Gli econazisti

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Una foto molto condivisa della scorsa edizione che dimostra il pesante intervento di rimozione delle vegetazione e spianamento della duna a Roccella Jonica, tappa su per cui l’ISPRA espresse parere negativo per tutelare habitat e biodiversità

Ritornando sugli «econazisti», Lorenzo Cherubini parla di «mitomani pericolosi, minacce squadriste, narcisismo patologico e disinformazione tipica degli assolutismi ideologici ottusi e parzialmente violenti». Non specificando ulteriormente a chi siano dirette queste sue affermazioni e premettendo che ogni sorta di offesa, minaccia e violenza è ingiustificabile qualsiasi siano le posizioni, con questi termini il rischio di fare di tutta un’erba un fascio è pericolosamente alto.

In questo modo si scredita e si diffama anche il lavoro e le competenze di decine di professionisti ed esperti che dello studio e della conservazione degli ecosistemi costieri ne hanno fatto un lavoro, oltre che una mission.

Le critiche e le perplessità al tour, infatti, sin dal 2019 non sono mai arrivate esclusivamente da ambientalisti, attivisti o comuni cittadini che quelle spiagge le vivono tutto l'anno (che ne hanno quindi tutto il diritto), ma anche e soprattutto da tecnici del settore, ricercatori, professori universitari ed esperti nel campo dello studio e della conservazione della flora, della fauna e degli ecosistemi.

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I dubbi dell’ISPRA sulla tappa di Roccella Jonica

Come quelle, importanti, arrivate per esempio dall’ISPRA nel 2019 per la tappa di Roccella Jonica, su cui il massimo organo pubblico in materia di studio e conservazione ambientale aveva espresso, in sei pagine di relazione, forti e allarmanti preoccupazioni circa il possibile impatto che un concerto del genere e la sua preparazione avrebbero potuto avere su specie animali, vegetali e habitat di interesse comunitario. Tuttavia, quel concerto si è svolto senza alcun tipo di confronto o rimodulazione e si ripeterà anche quest’anno.

Critiche costruttive e fondate sullo studio dell'ecologia erano arrivate anche dall’ultimo Convegno Italiano di Ornitologia a Napoli, dove è stata approvata all’unanimità da tutti gli ornitologi italiani riuniti, una risoluzione sull’impatto che i grandi eventi in spiaggia hanno sul fratino, un uccello a rischio estinzione che nidifica proprio sulle spiagge.

A queste osservazione se ne sono aggiungono moltissime altre di studiosi, associazioni e professionisti del settore che, praticamente all’unanimità, numeri alla mano, hanno espresso valutazioni basate su dati oggettivi ma che, tuttavia, non sono mai state nemmeno ascoltate dal cantante che si è sempre dichiarato particolarmente attento alle questioni ambientali.

Le autorizzazioni e i permessi

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Un sentiero che protegge le dune dal calpestamneto in spiaggia

Nella lettera Jovanotti afferma poi che per il suo tour sono stati ottenuti «tutti i permessi e le autorizzazioni necessarie dagli organi competenti». Diciamolo: ci mancherebbe pure che non fosse così per un evento di tale portata, tuttavia il punto su cui si focalizzano le critiche va ben oltre i permessi e le autorizzazioni ed evidenziano un approccio errato molto più ampio e complesso, ma che è alla base dell’esistenza anche di eventi come questi.

Quelle autorizzazioni, infatti, sono le medesime che hanno reso le dune costiere uno degli habitat con il peggior stato di conservazione su scala globale, europea e nazionale. Ed è proprio per questo che normalmente, anche su quelle stesse spiagge, è vietato prelevare qualsiasi tipo di elemento naturale come sabbia, conchiglie, rametti e vegetazione dunale.

Secondo gli ultimi dati ISPRA sulle coste italiane, ben il 13% dei nostri litorali è occupato da opere artificiali e ogni anno abbiamo perso 5 km di costa naturale a causa di nuove costruzioni, solamente negli ultimi 20 anni. A questi dati vanno aggiunti quelli ancora peggiori riguardo le zone retrostanti le spiagge.

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Le ruspe rimuovono la vegetazione e livellano la spiaggia per preparare la tappa di Fermo

Ogni anno dune costiere, terreni coltivati, vegetazione e formazioni naturali vengono sostituite da oltre 10 km di opere antropiche. Sei nostri mari e le nostre coste versano in uno stato pessimo di conservazione e anche perché occorre rivedere regolamenti e legislatura sull'argomento.

Un altro importante studio recente sulla conservazione degli habitat dunali italiani, infatti, riporta che ben l’88% è in cattivo stato di conservazione e il restante 12% in condizioni inadeguate. È partendo proprio da questi presupposti e dalle regole che hanno permesso tutto ciò che vengono mosse le principali critiche al tour.

Occorre quindi un completo e totale ripensamento culturale, politico e sociale del modo in cui gestiamo e utilizziamo le spiagge, a partire anche da eventi come questi, che non possono di certo proclamarsi in difesa dell’ambiente, considerando che esistono proprio grazie a quello stesso modo di pensare e di decidere che quell’ambiente l’ha già irrimediabilmente e drammaticamente compromesso.

Jovanotti ammette poi, giustamente, di «non aver nessuna competenza in materia» e per questo si è affidato alle valutazioni del WWF Italia. Tuttavia, il WWF Italia non è un ente di ricerca o un organo decisionale competente in materia ambientale ma una semplice associazione. Esattamente come le decine di altre che invece si sono espresse contrarie e che Jovanotti ha deciso deliberatamente di ignorare, così come ha fatto non ascoltando mai pareri e suggerimenti tecnici e scientifici degli esperti.

Le spiagge dove si fanno gli eventi sono già antropizzate

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Un fratino in cova

Secondo Jovanotti tutte le spiagge scelte sono già «antropizzate e irrimediabilmente compromesse dalle attività umane e quando il tour va via le lascia meglio di come sono state trovate». Difficile comprendere il senso di quest’ultima affermazione e la prima parte è vera solo in parte.

Molte delle spiagge scelte, come dimostra la nota ISPRA su Roccella Jonica, conservano comunque un certo grado di naturalità, anche se già antropizzate. Specie vegetali e animali particolarmente importanti o minacciati non badano ai livelli di antropizzazione e sono da tutelare in ogni caso.

Inoltre diversi siti scelti per i tour si trovano nelle immediate vicinanze (poche decine o centinaia di metri) di aree protette, parchi e siti della Rete Natura 2000, dove vivono e nidificano specie particolarmente sensibili anche solo al disturbo causato da luci e suoni.

Cherubini afferma inoltre di «aver a cuore il fratino», sottolineando di essere «uno dei tre soli italiani a conoscere la sua esistenza prima del suo tour che lo ha portato agli onori delle cronache». Secondo il cantante mai e poi mai avrebbero scelto luoghi in cui ci sarebbe stata anche solo la possibilità di nidificazione del limicolo o anche della presenza di Caretta caretta e altre specie animali e vegetali.

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Le uova di fratino in spiaggia

Tuttavia, nella tappa di Rimini del 2019 la presenza del fratino era stata ben documentata dalle associazioni ornitologiche locali proprio nelle immediate vicinanze del palco e all’indomani della fine del concerto uno dei pulcini presenti in spiaggia è purtroppo scomparso. Così com'è stata accertata (con tanto di foto) anche quest'anno la presenza di pulcini a pochissimi metri del palco durante i lavori per la tappa di Barletta.

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Pulcini di fratino fotografati a Barletta durante i lavori di preparazione per il concerto

Ma, soprattutto, chi conosce e studia l'ecologia e le abitudini riproduttive del fratino e della tartaruga marina sa bene che qualsiasi preventiva valutazione sulle possibilità di nidificazione sarebbe quantomeno provvisoria e non esaustiva. Entrambe le specie vivono e nidificano su spiagge ampiamente antropizzate e il loro periodo riproduttivo arriva fino ad agosto inoltrato, ben oltre quello in cui sono state fatte valutazione e pianificazione del tour.

Parte dei nidi, inoltre, soprattutto quelli delle tartarughe, non vengono individuati e sfuggono ai monitoraggi, considerando che la deposizione avviene di notte e che il nido è completamente ricoperto dalla sabbia. Potrebbero tranquillamente essere sotto i piedi delle 60mila persone presenti al concerto senza che nessuno se ne accorgerà mai. È anche per questo che occorre maggiore attenzione e precauzione su tutto ciò che si può fare o non fare in una spiaggia qualsiasi.

Le dune e la vegetazione

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La spiaggia di Fermo prima e dopo i lavori di preparazione al concerto

Il tasto forse più dolente, ma anche quello più sottovalutato, riguarda invece le dune e la vegetazione, dai più considerate erbacce da estirpare. Jovanotti ha chiesto al WWF se fosse mai stata spianata una duna per i lavori del suo concerto, ricevendo ampie rassicurazioni da parte dell’associazione sull’assenza totale di questo particolare e minacciato habitat naturale.

Eppure, in una lettera inviata nel 2019 dalla Trident, la società che organizza il tour, al comune di Roccella Jonica veniva chiesto nero su bianco lo «sbancamento delle dune» per preparare il terreno al concerto. Cherubini afferma, in aggiunta, che nei luoghi scelti per i concerti le dune «non ci sono più da decenni o non ci sono mai state».

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La lettera inviata al COmune in cui la Trident chiede espressamente di sbancare le dune

L’ambiente dunale costiero rappresenta un habitat estremamente articolato e complesso, conseguenza di una precisa successione vegetazionale psammofila che forma zonazioni prevedibili e che si susseguono nello spazio e nel tempo. Le dune fisse vere e proprie sono quindi il risultato del consolidamento nel tempo di quelle mobili e embrionali, che cominciano proprio grazie alla colonizzazione delle piante pioniere.

Se in Italia questi habitat sono quasi completamente scomparsi è proprio perché vi è una continua rimozione di vegetazione psammofila pioniera e il costante sbancamento delle dune embrionali o in formazione. Con l'ovvio risultato che la colonizzazione e la successione vegetazionale debbano ricominciare di volta il volta da capo, senza così mai arrivare allo stadio finale e stabile di duna, fondamentale non solo per la biodiversità ma anche per contrastare l'erosione costiera.

Tutte le foto, la analisi e rilievi che arrivano da ogni tappa dimostrano chiaramente e incontrovertibilmente che tutta la vegetazione psammofila delle dune embrionali è stata deliberatamente rimossa da sbancamenti e ruspe per livellare la sabbia e aprire spazio al concerto.

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Le dune impiegano decennio per consolidarsi e la continua rimozione della vegetazione pioniera azzera il processo di formazione

Nella tanto contestata tappa di Fermo, per esempio, il Comune, proprio per rimediare ai danni arrecati alla vegetazione per la tappa del 2019, aveva incaricato e finanziato attraverso un botanico il ripristino e la piantumazione di specie botaniche per favorire la formazione di nuove dune.

L’opera di ripristino stava dando i suoi frutti con tanto di cartelli comunali (poi rimossi per il concerto) che descrivevano il progetto ma anche grazie a un’ordinanza che vietava qualsiasi tipo di attività nell’area. Tuttavia, una volta terminata il comune ha autorizzato di nuovo il concerto su quella stessa area, radendo tutto al suolo ancora una volta per ospitare nuovamente il tour.

A Castel Volturno, invece, il botanico Antonio Croce ha effettuato una serie di rilievi post concerto che hanno portato a un report completo ed esaustivo con tanto di mappa sui danni arrecati agli habitat dunali e alla vegetazione dal concerto. L’impatto del Jova Beach Party, secondo l'esperto, è stato devastante e ha peggiorato ulteriormente la naturale evoluzione e stabilizzazione della vegetazione e delle dune.

A Vasto, invece, la spiaggia scelta era destinata, secondo il Piano del demanio regionale e comunale, a rinaturalizzazione, ma gli enormi lavori svolti e finanziati massicciamente dal comune l’hanno già privata di tutti gli elementi naturali che a fatica stavano ritornano ed è stato persino reso calpestabile un corso d’acqua proprio per permettere il Jova Beach Party.

Si potrebbe continuare con queste riflessioni tappa per tappa: prove evidenti, e non opinioni, che una spiaggia non può ospitare un evento di tale portata senza subire enormi ripercussioni.

Le spiagge italiane sono al collasso e non solo andrebbero lasciate in pace

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L’enorme afflusso di persone in spiaggia per il Jova Beach Party

È vero, in Italia le spiagge e le dune sono tra gli habitat più antropizzati e alterati in assoluto. Ce li stiamo già giocando con le normali attività di sviluppo, gestione e fruizione costiera, ma proprio per questo promuovere come favorevole per l’ambiente un evento la cui preparazione e portata rientra proprio tra le attività e i modus operandi che favoriscono e accelerano l’erosione costiera e la degradazione degli habitat è inconcepibile da qualsiasi punto di vista la si guardi.

Un recente studio del CNR ha stimato che, dalle spiagge del Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena, ogni singolo bagnante che va via porta con sé dai 50 a 100 grammi di sabbia. Immaginate quindi quale effetto possono avere ruspe, mezzi pesanti e 60mila persone tutte insieme che saltano e ballano. Tutto ciò non può essere in alcun modo paragonato al normale afflusso giornaliero di turisti e bagnanti, già di per sé gravemente impattante e completamente da ripensare.

Anche investire in costosissimi e discutibili opere di compensazione ambientale non ha alcun senso, quando basterebbe semplicemente spostare i concerti in aree già attrezzate, più idonee e meno impattanti. Le spiagge italiane sono al collasso e non solo andrebbero lasciate in pace favorendo il ritorno di quella tanto fastidiosa vegetazione a cui servono decenni per consolidarsi, ma occorrerebbe anche investire in opere di ripristino degli ecosistemi, come ci chiede anche La Strategia europea sulla biodiversità per il 2030.

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Un giglio di mare, specie botanica simbolo della delicata e minacciata vegetazione dunale

Sugli effetti che megaeventi in spiaggia hanno sugli animali, la vegetazione, l’erosione ma anche sulla comunicazione e la percezione pubblica e sociale che tali attività private e a scopo di lucro svolte in luogo pubblico generano, si potrebbe parlare per giorni, ma il vero punto cruciale è forse un altro.

La natura deve tornare al centro del dibattito e delle politiche pubbliche, ma non a parole, con slogan oppure loghi, ma con un cambiamento concreto e radicale di abitudini, mentalità e modi di vedere e fruire anche le aree antropizzate con residua naturalità. Il modo in cui abbiamo sempre pensato alla valorizzazione della natura e alla possibilità che questa possa essere compatibile con qualsiasi tipo di attività umana è anacronistico e da mettere da parte.

Ci sono luoghi in cui non è più possibile oggi permettere certe cose e non è la natura che deve adattarsi al nostro stile di vita, ma il contrario. Questo dobbiamo farlo tutti e il prima possibile, che ci piaccia a no. Ne va del nostro futuro.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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