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7 Agosto 2022
8:00

Il mercato legale degli uccelli rapaci, una realtà che non considera la sofferenza degli animali

Molti animali selvatici possono essere commercializzati e tenuti in cattività con relativi permessi. Un mercato considerato spesso secondario e che spesso si trasforma in maltrattamento animale.

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Gli animali selvatici che si trovano in pericolo di estinzione sono sottoposti alla tutela della CITES, la convenzione internazionale che tutela le specie animali e vegetali minacciate, per evitare che catture e prelievi in natura mettano ulteriormente a rischio molte specie dal futuro incerto. Molti di queste animali però si riproducono con facilità in cattività, come per esempio molti uccelli rapaci sia diurni che notturni: questo rende legale il loro commercio, purché ogni animale sia munito di un contrassegno inamovibile e di una certificazione che dimostri la riproduzione in cattività.

Questa previsione normativa non riguarda solo falchi e rapaci notturni, ma più in generale tutti gli animali selvatici protetti da leggi nazionali e convenzioni internazionali che si occupano di tutelare la biodiversità, come ad esempio i pappagalli.

Le norme che tutelano gli animali minacciati di estinzione non si occupano del loro benessere se nati in cattività, ma sono poste a presidio dei soli esemplari che vivono liberi nel loro ambiente naturale. Questa è la ragione per la quale il commercio dei rapaci e degli animali selvatici riprodotti in cattività, risulta essere così florido e purtroppo legale. Consentendo non solo ai falconieri ma a qualsiasi persona di acquistare legalmente, anche sulla rete, un falco pellegrino o una poiana di Harris, senza avere alcuna delle conoscenze necessarie per impiegarli nella falconeria.

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Qualora aveste dei dubbi vi basterà digitare su un qualsiasi motore di ricerca “vendita rapaci” per scoprire quanto questo mercato, seppur di nicchia, sia ben rappresentato sulla Rete e quanto le offerte siano numerose e riguardino tantissime specie. Molti di questi rapaci vengono comprati da persone che li terranno per tutta la loro vita in una gabbia, mortificando la loro essenza e le loro necessità etologiche, oppure li sfrutteranno come attrazioni per spettacoli o per fare delle foto con i turisti, come successo a Venezia.

Animali che l’evoluzione ha reso i signori dei cieli e che, invece, trascorreranno tutta la vita in cattività, senza poter volare, né mettere in atto i comportamenti naturali specie specifici. Spesso senza poter neanche avere una corretta alimentazione, essendo posseduti da persone completamente sprovviste delle necessarie conoscenze su fisiologia ed etologia della specie.

Una vita di privazioni che solo talvolta viene cambiata, grazie all’intervento di qualche forza di Polizia, che riesce a identificare in questo tipo di detenzione un maltrattamento, reato che porta al sequestro dell’animale. Non bisogna poi illudersi sul fatto che queste azioni repressive costituiscano davvero il lieto fine della storia: questi animali non potranno comunque essere liberati, essendo inadatti a poter vivere in natura, piegati dall’imprinting e dai condizionamenti che sono propri della cattività.

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Senza spesso trovare una collocazione idonea, non potendo essere consegnati ai centri di recupero per animali selvatici (CRAS), che non sono nelle condizioni di ritirare animali non liberabili e non selvatici. La difficoltà di collocazione di questi animali frequentemente ritarda o non fa scattare le azioni di tutela previste dalla legge, non riuscendo gli organi preposti a individuare condizioni di vita migliori di quelle alle quali li hanno costretti i finti amanti degli animali, che così restano custodi degli animali oggetto di maltrattamento.

Questo mercato viene considerato come secondario, di scarsa importanza, non riguardando animali sottratti in natura e trattandosi di specie che normalmente suscitano molta meno compassione di altre, come cani e gatti. La tutela dai maltrattamenti, invece, dovrebbe riguardare tutti gli animali, senza distinzione di specie, cercando di comprendere il disvalore della sofferenza e la necessità di chiudere per sempre determinati mercati.

Per far sì che questo avvenga occorre in primo luogo abbattere quelle barriere culturali di cui è ancora permeata la nostra società, che spesso identifica il benessere dell’individuo nella sola soddisfazione delle necessità vitali, senza considerare come parametri indispensabili la soddisfazione dei bisogni psicofisici e delle necessità etologiche. Parametri complessivamente ben più importanti della semplice possibilità di restare in vita.

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Ermanno Giudici
Esperto in diritti degli animali
Mi occupo di animali da sempre, ricoprendo per oltre trent’anni diversi ruoli direttivi in ENPA a livello locale e nazionale, conducendo e collaborando a importanti indagini. Autore, formatore per le Forze di Polizia sui temi dei diritti degli animali e sulla normativa che li tutela, collaboro con giornali, televisioni e organizzazioni anche internazionali.
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