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29 Novembre 2023
17:03

Il consigliere di FI: «Gli uomini sono animali e i maschi rispondono a istinti predatori». Perché le cose non stanno così

Durante l'ultimo Consiglio comunale a Bologna il consigliere Nicola Stanzani, nel tentativo di respingere l'addebitamento delle violenze di genere al patriarcato e al mansplaining, ha tirato in ballo la natura animale stessa dell'essere umano, con un intervento che però poco o nulla ha a che fare con la biologia e l'etologia da lui tirate in ballo.

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Durante l'ultimo Consiglio comunale a Bologna dedicato alla violenza contro le donne ha fatto molto discutere l'intervento del capogruppo di Forza Italia, Nicola Stanzani, che nel tentativo di respingere l'addebitamento delle violenze di genere al patriarcato e al mansplaining, ha tirato in ballo la natura animale stessa dell'essere umano, con un rischioso intervento che, tuttavia, poco o nulla ha a che fare con la biologia e l'etologia del genere umano. Un pericoloso esercizio di stile che non fa altro che allontanare e respingere le responsabilità degli uomini stessi, ma andiamo con ordine.

«Dobbiamo partire dalla realtà e andarci a fondo. C'è qualcosa di apparentemente atavico che muove gli autori di femminicidi e ancor prima un atteggiamento aggressivo e prepotente di molti uomini nei confronti delle donne – ha detto Stanzani, che ha poi proseguito – Ma da dove arriva? La verità è che noi essere umani siamo animali. Senza offesa per nessuno, è così. La nostra specie appartiene al regno animale, così come i cani, i gatti, gli orsi, le giraffe, le tartarughe».

Che noi Homo sapiens siamo animali tra gli altri animali – o meglio scimmie tra le scimmie, per essere più precisi – è un dato di fatto che ormai dovrebbe essere più che assodato, tuttavia provare a giustificare comportamenti e abitudini tipicamente umane deresponsabilizzando il ruolo delle scelte individuali e soprattutto le influenze sociali e culturali della società che abbiamo costruito non è quasi mai una buona idea. E infatti, continuando il suo discorso, Stanzani commette una serie di grossolani e pericolosi errori che, purtroppo, ci riportano parecchio indietro nel tempo.

«Come le altre specie animali, quantomeno le più evolute, rispondiamo a degli istinti, normalmente diversificati tra esemplari maschi ed esemplari femmine. I maschi spesso presentano istinti predatori di possesso, le femmine hanno istinti di protezione e di ricerca di protezione. Il tutto in virtù di un istinto di entrambi di conservazione della specie e della stirpe. Per quanto terribile e ripugnante, è questo che ci dicono i testi di zoologia e di etologia, ma anche le osservazioni della realtà», ha affermato il capogruppo di Forza Italia.

Partiamo dal presupposto che qualsiasi comportamento o abitudine umana, giusta o sbagliata che sia, non dovrebbe mai essere ricondotta, avallata, giustificata o respinta per il solo fatto di essere animali, o perlomeno sicuramente non in questi modi e termini. Le parole di Stanzani, che hanno comprensibilmente generato sgomento e stupore, non hanno infatti alcun riscontro scientifico in teorie o fenomeni naturali reali, né tantomeno all'interno dei testi di zoologia ed etologia da lui citati, almeno non quelli scritti più o meno partire dell'ultimo mezzo secolo o qualcosa in più.

Non esistono infatti specie più o meno evolute di altre e ordinatamente gerarchizzate in una fantomatica scala naturae che attribuisce valori esclusivamente umani al resto del mondo naturale. Esistono infatti specie o gruppi di specie più o meno antichi o che sono cambiati di più o di meno di altri nel corso dell'evoluzione, ma ogni essere vivente presente oggi sul Pianeta non è né migliore né peggiore di altri. Tuttalpiù, potrebbe essere considerato biologicamente o cognitivamente più o meno complesso, ma ogni animale è perfettamente adattato all'habitat e all'ambiente in cui vive, con le sue esigenze e le sue caratteristiche uniche, né più né meno di altri.

Anche tirare pericolosamente in ballo fantomatiche differenze di genere tra "istinti predatori di possesso" o di "ricerca di protezione" non ha alcun senso da un punto di vista etologico. Senza andare troppo nello specifico, nello sconfinato regno animale esistono infatti tutte le combinazioni possibili di modelli e strutture sociali più o meno sessualmente orientate, sia tra "predatori" che tra "prede". Ci sono infatti animali gregari e animali solitari, esistono società matriarcali o dove sono i maschi a occupare le posizioni più influenti all'interno del gruppo, così come esistono comportamenti xenofobici, di dominanza o veicolati dall'empatia e dalla prosocialità.

Anche senza allontanarci troppo dal nostro ramo evolutivo sul grande albero della vita e guardando "solo" ai nostri parenti viventi più vicini a noi, ovvero scimpanzé e bonobo, possiamo facilmente capire quanto sia rischioso ricondurre i nostri comportamenti e le nostre scelte a quelli degli altri animali. Scimpanzé e bonobo condividono con noi più del 98% del DNA, ma nonostante le inevitabili caratteristiche comuni non si assomigliano poi così tanto e mostrano soprattutto abitudini e comportamenti molto diversi tra loro.

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Semplificando un po', possiamo dire che scimpanzé sono una specie patriarcale, dove i maschi formano le più forti alleanze e a capo si trova il cosiddetto "maschio alfa". Le femmine invece rimangono spesso in disparte, ricoprendo così un ruolo più subordinato. È una specie inoltre poco tollerante, in particolare nei confronti degli sconosciuti, tanto da essere spesso definita xenofobica. Succede infatti che quando due gruppi estranei si incontrano le cose possono mettersi davvero male, gli individui possono diventare molto aggressivi, con esiti a volte anche fatali.

Se però prendiamo in considerazione invece i bonobo il registro cambia completamente: i pattern di dominanza nella società dei bonobo sono molto più flessibili e quindi gli individui investono di più nelle relazioni, considerando che queste non sono determinate dal rango sociale. Ma soprattutto, qui sono le femmine a formare le più forti alleanze e di conseguenza a essere le più influenti nelle dinamiche di gruppo. Il bonobo presenta inoltre anche degli spiccati comportamenti prosociali ed è una specie definita xenofila, anche nei confronti degli estranei.

I due animali viventi più simili a noi mostrano quindi due tipi di società completamente opposte tra loro, per cui verrebbe da chiedersi: ma allora la natura umana è più simile a quella dei bonobo "femministi" o a quella degli scimpanzé, che sono invece più "maschilisti"? La risposta è molto semplice, nessuna delle due. Sia chiaro, studiare l'etologia, l'evoluzione e il comportamento degli altri animali è fondamentale per ricostruire la nostra storia evolutiva e approfondire persino le basi biologiche di molti dei nostri comportamenti e delle nostre abitudini. Come ci ha spiegato in un episodio di MeetKodami il noto etologo e primatologo di fama mondiale Frans de Waal.

Tuttavia, l'evoluzione e la biologia ci insegnano che ogni specie animale è unica e irripetibile ma che è soprattutto la cultura e non la genetica a influenzare la maggior parte dei comportamenti e delle abitudini degli animali sociali, in particolare nella specie umana. La maggior parte di quello che facciamo non è scritto all'interno del nostro DNA, ma viene appreso, consolidato e tramandato attraverso l'interazione e il confronto con gli altri individui. Il comportamento umano si differenzia da quello di molti altri animali proprio perché è influenzato dall'ambiente sociale e dalla cultura.

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L’apprendimento sociale consente infatti a noi esseri umani di sviluppare nuovi comportamenti culturalmente guidati che sono poi il substrato su cui vengono costruite da sempre le nostre società o le norme etiche. Non ha quindi alcun senso scegliere deliberatamente altre specie animali per giustificare o rafforzare convinzioni ideologiche o personali che nulla hanno a che fare con la scienza, la biologia e l'etologia.

Anche senza tirare in ballo drammatici precedenti storici, in cui teorie pseudo-scientifiche sono state spesso utilizzate per promuovere ideologie pericolose e discriminatorie, non serve a nulla provare a rintracciare nella natura animale umana fantomatiche differenze di genere (che ovviamente esistono) per spiegare come siamo arrivati ad avere un sistema socio-culturale in cui il potere e l'autorità sono prevalentemente concentrati nelle mani dell'uomo, inteso come genere.

Non è di certo reprimendo fantomatici "istinti animaleschi "dell'uomo che si contrastano il maschilismo, le disuguaglianze, le violenze e la prevaricazione maschile sulle donne ormai intrinsecamente radicati nella nostra società, ma attraverso cambiamenti strutturali e profondi dei nostri modelli sociali e culturali, che passano inevitabilmente per l'educazione, la politica, la scuola e le famiglie, assumendosi una volta per tutte le proprie responsabilità, sia quelle individuali, ma ancor di più quelle di genere, certamente non quelle di specie.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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