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20 Agosto 2022
9:00

Gli animali pensano?

Gli animali pensano? Molte specie, come noi, sono capaci di risolvere i problemi della vita quotidiana, trovando nuove soluzioni grazie al ragionamento.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Di tanto in tanto, ma in modo pressoché costante nel tempo, immancabilmente qualcuno mi domanda se gli altri animali – un cane, un corvo oppure un pesce – pensano. La questione di interesse alla base della domanda è se anche loro ragionano, quindi se sono intelligenti come noi che – e questo di solito è l’arrière-pensée, il retropensiero – ovviamente lo siamo. Perché sì, da decenni siamo alla ricerca di forme di vita intelligente su altri pianeti, ma ancora non siamo convinti che ve ne siano, a parte la nostra, sulla Terra.

E poi c’è anche il fatto che, come sostiene il primatologo Frans de Waal, amiamo molto mettere a confronto l’intelligenza degli altri animali con quella umana, prendendo noi stessi come pietra di paragone. Comparare non è sbagliato, ma è bene farlo partendo dalle giuste premesse, ossia, ad esempio, che anche noi siamo animali. L’intelligenza umana, dunque, non è che una varietà di quella animale e creando paragoni non si fa altro che confrontare varietà all’interno della stessa categoria.

Cos’è l’intelligenza

È vero che il concetto di intelligenza è difficile da definire, e questo non aiuta. In generale possiamo affermare che l’intelligenza è una competenza cognitiva complessa, che consente di eseguire operazioni mentali sofisticate, come ragionare, pianificare, risolvere problemi, imparare dall'esperienza, e poi elaborare, integrare e riorganizzare le informazioni per applicarle con successo. Non si riduce quindi solo al saper risolvere dei test, o leggere e imparare il contenuto di un libro, ma riflette una capacità più ampia, connessa con componenti sociali, emotive e pratiche, di comprendere la realtà, dando un senso alle cose o capendo cosa fare.

L’intelligenza è l’insieme di tutti i modi per affrontare il problema ultimo di ogni specie, quello della sopravvivenza. Molti animali, uccelli e mammiferi non umani, elefanti, delfini, pappagalli e corvi, solo per citarne alcuni, hanno abilità cognitive che consentono loro di eccellere nei propri habitat specifici, ad esempio risolvendo nuovi problemi, apprendendo dalle interazioni con l'ambiente fisico o sociale, per rispondere in modo flessibile ed efficace alle sue variazioni in contesti sia familiari che nuovi. Non agiscono soltanto rispondendo in modo meccanico agli stimoli, ma pensano, ragionano, ed è dunque corretto chiamarli intelligenti.

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Autocoscienza e test dello specchio

Noi sapiens siamo dotati di autocoscienza, siamo cioè consapevoli non solo del mondo che ci circonda ma anche di noi stessi: delle nostre attività, del nostro corpo e dei nostri stati mentali, che riconosciamo come diversi da quelli degli altri. Nel 1970 Gordon Gallup disegna il primo, e forse più noto, metodo per valutare la consapevolezza di sé, partendo dal presupposto che l'autoriconoscimento è un importante indicatore di autocoscienza: il test di riconoscimento allo specchio (Mirror self-recognition – MSR).

In breve, a un individuo viene applicato un segno colorato, inodore, su una parte del corpo. Il soggetto viene poi posto davanti a uno specchio: se esamina il segno toccandolo su sé stesso, e non toccando lo specchio, vuol dire che riesce a riconoscersi nell’immagine riflessa, e quindi ha consapevolezza di sé. Le grandi scimmie, come gli scimpanzé e i bonobo, superano il test. Anche gli esseri umani, ma solo gli adulti e i bambini piccoli dai 18-24 mesi in su. Altre specie hanno risposto con successo al MSR test, e tra queste i delfini (Tursiops truncatus), gli elefanti asiatici (Elephas maximus) e le gazze comuni (Pica pica). Recentemente, il gruppo di ricercatori e ricercatrici coordinati/e dall’etologa Elisabetta Palagi ha ottenuto interessanti risultati a favore della capacità dei cavalli di superare il test. Negli USA, Horowitz (2017) ha invece sviluppato un test dello "specchio olfattivo" attraverso cui ha potuto valutare le capacità di auto-riconoscimento nei cani domestici.

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Quali animali pensano?

I cebi striati (Sapajus libidinosus) sono bravissimi nel ragionare basandosi sulle relazioni causali tra gli oggetti. Abili utilizzatori di strumenti, questi primati diffusi in sud America imparano rapidamente a scegliere le pietre più adatte, ad esempio in base al peso e alla consistenza, per schiacciare le noci, e rimuovere il guscio, posizionandole su superfici dure. Inoltre, valutano anche altri aspetti funzionali allo scopo, come le caratteristiche delle superfici su cui lavorare.

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I corvidi, come i corvi, le gazze e le ghiandaie, sono famosi per le capacità cognitive avanzate e la memoria di ferro. I corvi della Nuova Caledonia (Corvus moneduloides), ad esempio, con bastoncini e foglie costruiscono una serie di strumenti diversi, che poi utilizzano per estrarre succulente larve dalle fessure degli alberi.

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Le ghiandaie occidentali (Aphelocoma californica), invece, sono dotate di una fortissima memoria episodica, quella cioè che permette di ricordare il "cosa, dove e quando" di uno specifico evento passato. Esse nascondo in giro per l’ambiente diversi tipi di cibo, con diverse velocità di deterioramento, e quando li vanno a recuperare si dirigono su quelli ancora freschi e commestibili, dimostrando quindi di ricordare "quale" tipo di cibo hanno nascosto, "dove" lo hanno nascosto e "quando". Tra l’altro, sono anche molto sensibili ai fattori ambientali sociali. Se mentre nasconde il cibo sono presenti conspecifici, la ghiandaia torna ad approvvigionarsi solo quando rimane sola, e poi, non contenta, lo sposta. Fatto ancora più interessante, le ghiandaie fanno questo solo se in passato sono state esse stesse ladre. Ciò suggerisce che i soggetti esperti possono attribuire ad altri l'intenzione di rubare, e quindi mettere in atto strategie per ridurre la possibilità di ricevere lo stesso trattamento.

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Bibliografia

Evolution of the avian brain and intelligence, Nathan J. Emery and Nicola S. Clayton. Current Biology Vol 15 No 23 R946

“Causal Reasoning in Non-Human Animals” by Christian Schloegl and Julia Fischer

Published as Chapter 34 (pages 699-715) in: The Oxford Handbook of Causal Reasoning”, edited by Michael R Waldmann (2017), reproduced by permission of Oxford University Press according to OUP “Author Reuse and Self-Archiving“ Guidelines1.

Fragaszy, D.M., Visalberghi, E., & Fedigan, L.M. (2004). The Complete Capuchin: The Biology of the Genus Cebus. Cambridge: Cambridge University Press.

Visalberghi, E., & Fragaszy, D. (2012). What is challenging about tool use? The capuchin's perspective. In T. R. Zentall & E. A. Wasserman (Eds.), The Oxford handbook of comparative cognition (pp. 777–799). Oxford University Press.

Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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