24 Gennaio 2023
9:00

Gli animali hanno paura?

La paura è un'emozione adattativa, grazie alla quale gli animali possono reagire a un pericolo reale, o percepito come tale. Tra gli stimoli che possono spaventare gli animali c'è anche l'essere umano.

Membro del comitato scientifico di Kodami
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Gli animali hanno paura quando rilevano una minaccia, o una possibile minaccia, che possa mettere a rischio la loro stessa sopravvivenza. Lo psicologo britannico Jeffry A. Gray, autore del libro “The psychology of fear and stress”, nel 1987 la definiva come una «reazione emozionale a uno stimolo a cui l’animale cerca di mettere fine, da cui cerca di fuggire o che cerca di evitare». La paura facilita la raccolta di informazioni attraverso una maggiore vigilanza, consente all’organismo di reagire rapidamente e mette in stand-by l'apprendimento per promuovere l’archiviazione a lungo termine delle informazioni salienti. Di fatto, quindi, è un tassello chiave del comportamento adattativo degli animali, pure se, in effetti, può anche essere legata ai disturbi d'ansia che frequentemente affliggono gli animali, come i cani e i gatti, che vivono nelle nostre famiglie.

La paura negli animali può essere quantificata

Un parametro valido attraverso cui quantificare la paura negli animali è la distanza di fuga, ossia la distanza alla quale un individuo inizia a fuggire da uno stimolo minaccioso, tipicamente un predatore, com'è ad esempio nel caso dell'incontro con l’essere umano. Gli animali che vivono in città imparano a tollerare la nostra specie, ma si tratta di contesti in cui noi non sogliamo rappresentare un pericolo. Difatti, in tempi o luoghi in cui la presenza umana è tipicamente non minacciosa, gli animali di altra specie hanno generalmente distanze di fuga inferiori dalle persone, cioè le tollerano di più. Un esempio? Le popolazioni di specie selvatiche che vivono in una zona di caccia, nella stagione di apertura di tale attività, aumentano le distanze di fuga dalle persone rispetto ai periodi in cui la caccia non è consentita.

Cosa fa paura agli animali?

Diversi fattori, singolarmente o in combinazione, possono ridurre la percezione del rischio degli animali (ovvero l'attuale probabilità di essere danneggiati dallo stimolo pericoloso o potenzialmente tale) scatenando in loro reazioni di paura. È difficile generalizzare in quanto alcuni fattori hanno effetti ubiquitari (ad esempio la distanza del rifugio), altri sono specifici del taxon o della specie (come la dimensione del gruppo) o addirittura dell’individuo (come la personalità). La selezione favorisce la capacità dell’individuo di prestare attenzione a uno o pochi fattori ponderandoli, o de-enfatizzandoli, per valutare rapidamente le priorità e prendere decisioni efficaci da cui può dipendere la sua stessa sopravvivenza.

La sanguinerola europea

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Un banco di sanguinerole europee (Phoxinus phoxinus).

Gli animali generalmente si sentono più sicuri in gruppi numerosi. Un esempio dell’effetto della dimensione del gruppo sulle reazioni di paura ci viene dalle sanguinerole europee (Phoxinus phoxinus), piccoli pesci d’acqua dolce. Quando questi pesciolini si trovano davanti a un luccio (Esox lucius), che ne è ghiotto, passano dal nuotare in piccoli banchi dispersi a formare un unico banco compatto. Evidentemente, questo comportamento riduce al minimo la loro possibilità di essere mangiati dal predatore. Stando in tanti forse si sentono anche più sicuri, perché più è numeroso i gruppo e minore è la distanza che i pesci mettono tra sé e il predatore, prima di lanciarsi singolarmente alla disperata ricerca di riparo dietro una pietra, come ultima risorsa.

L’Oca Colombaccio

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L’oca colombaccio (Branta bernicla) è un uccello di grandi dimensioni che ama il mare. Fortemente gregaria, nidifica attorno al Polo Nord e va a svernare lungo le coste del Mare del Nord e dell'Atlantico. In base alla sua percezione della pericolosità di uno stimolo, quest'oca ha reazioni di paura più o meno intense. Se una cornacchia (Corvus corone) atterra vicino a uno stormo di oche colombaccio, queste si limitano ad alzare la testa, per poi riprendere rapidamente a becchettare qua e là. L’avvicinamento  di un uccello di grandi dimensioni e dal battito d’ala lento, come un gabbiano dal dorso nero (Larus marinus) un airone cenerino (Ardea cinerea) o un’albanella reale (Circus cyaneus) le allarma un po' di più, fino anche a farle alzare in volo tra gli schiamazzi. Di solito, però, poco dopo tornano, come avviene anche se a disturbarle è il passaggio di un aeroplano o di un elicottero, che tra le oche può generare qualche attimo di panico diffuso.

Al passaggio delle persone, invece, una volta volate via possono anche non tornare più. In tutti questi casi, alcune "sentinelle", che spesso sono maschi, avvertono per prime la presenza di un potenziale pericolo; a seguire, pochi compagni prendono il volo. Non sono necessariamente le sentinelle ma i soggetti dalla personalità più nervosa. Così facendo, comunque, si fanno seguire dall'intero stormo. Probabilmente questi uccelli si basano sul comportamento dei conspecifici come fonte di informazioni per valutare il rischio di predazione.

La marmotta

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In una metanalisi condotta qualche anno fa da Theodore Stankowich e Daniel Blumstein è emerso chiaramente che nelle specie che usano i rifugi per proteggersi dai pericoli il rischio percepito aumenta del 43% quando il rifugio è lontano. Una conseguenza, come avviene nelle marmotte (Marmota monax), è che la distanza di fugane risente. L’avvicinamento di una persona, ad esempio, può far crescere la distanza di fuga di una marmotta da 2 a 25 metri, se la tana è lontana, forse perché il suo margine di sicurezza è minore. Che del del livello di sicurezza tengono conto, per decidere se fuggire o meno, è suggerito anche dal fatto che le loro distanze di fuga sono maggiori quando si trovano in habitat più aperti.

Le lucertole

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Le reazioni di paura possono essere connesse con le condizioni fisiche di un animale, e queste, a loro volta, sono direttamente connesse con la sua capacità di fuggire, perché ne influenzano la velocità, l’agilità e la resistenza. Anche se le evidenze scientifiche sono eterogenee, potrebbe esistere una correlazione tra la presenza della coda nelle lucertole e la reazione davanti a un pericolo. L’autotomia caudale è una delle più note strategie anti-predatorie delle lucertole. Ciò nonostante, la perdita della coda ha dei costi. Ad esempio, incide negativamente in termini di riproduzione e sopravvivenza durante il periodo di rigenerazione. Poi la coda, di per sé, è molto importante per le lucertole in quanto determina la direzione del corpo quando si spostano da un luogo all'altro, influenza la loro capacità di saltare e l’agilità, aiutandole a evitare la predazione.

Per questa ragione, le lucertole imparano precocemente i comportamenti di fuga e di ricerca di rifugi anti-predazione, al fine di ridurre al minimo le conseguenze negative dell'autotomia caudale. Non a caso, ricorrono a questo processo per aumentare la sopravvivenza solo quando gli altri comportamenti sono inefficaci, in pratica, solo quando il rischio di predazione è molto più alto del costo della fuga.

Bibliografia

Stankowich, Theodore & Blumstein, Daniel. (2006). Fear in animals: A meta-analysis and review of risk assessment. Proceedings. Biological sciences / The Royal Society. 272. 2627-34.

Hartley, C.A., Phelps, E.A. (2013). Fear Models in Animals and Humans. In: Vasa, R., Roy, A. (eds) Pediatric Anxiety Disorders. Current Clinical Psychiatry. Humana Press, New York, NY.

Magurran A. E. and Pitcher T. J. (1987). Provenance, shoal size and the sociobiology of predator-evasion behaviour in minnow shoalsProc. R. Soc. Lond. B.229, 439–465

Owens, N. (1977). Responses of wintering Brent Geese to human disturbance. Wildfowl, 28(28), 10.

Domínguez-López, M.E., et al. (2015). Tail autotomy effects on the escape behavior of the lizard Gonatodes albogularis (Squamata: Sphaerodactylidae), from Córdoba, Colombia. Rev. Chil. de Hist. Nat. 88, 1 .

Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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