18 Novembre 2021
13:00

Cucciolo di orso recuperato su un albero a Gorizia. L’esperto: «Liberarlo rapidamente per dargli una possibilità di sopravvivere»

Un cucciolo di orso è entrato nella città di Gorizia e si è arrampicato su un albero. I vigili del fuoco, allertati dai passanti, sono riusciti a recuperarlo e ora la Regione Friuli Venezia Giulia è chiamata a decidere come intervenire.

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Nella notte tra il 15 e il 16 novembre, nel centro di Gorizia, al confine con la Slovenia, i Vigili del Fuoco sono stati chiamati per recuperare un cucciolo di orso che, dopo essere entrato nel centro urbano, ha scelto di arrampicarsi su un albero a pochi passi dalle case. Una scena piuttosto insolita, soprattutto perché non è chiaro come abbia potuto raggiungere una zona così abitata e, inoltre, senza l'accompagnamento della madre. L'orso, soprannominato Bubu come il personaggio del noto cartone animato, si trova ora presso il centro di recupero della fauna selvatica di Terranova a San Canzian d'Isonzo, a pochi chilometri da Monfalcone, in attesa che le amministrazioni regionali decidano come intervenire.

Il giorno successivo alla cattura, una signora residente appena oltre il confine ha segnalato la presenza di un'orsa con due cuccioli a pochi chilometri dal ritrovamento, ma si tratta di informazioni senza conferma da parte degli esperti che si stanno occupando della questione: «Purtroppo i social in queste situazioni rischiano di diffondere notizie non vere che possono confondere le idee – commenta Luca Lapini, zoologo del Museo Friulano di Storia Naturale che fin dal primo momento ha seguito la vicenda – Si tratta indubbiamente di una situazione delicata che andrà gestita con le dovute precauzioni. Ora come ora ciò che è più importante è intervenire con rapidità, perché più a lungo il cucciolo starà in gabbia, più si abituerà alle cure degli umani, riducendo così le possibilità di poterlo rimettere in libertà».

I delicati scenari futuri per il cucciolo

Le prime notizie divulgate dalle testate locali parlavano di un orso di circa 35 chilogrammi, ma in un secondo momento i tecnici hanno scoperto che in realtà il suo peso è pari a meno della metà: «Un orso di 12 chili è indubbiamente un cucciolo nato la scorsa primavera – spiega Lapini – Grazie ad un caso avvenuto in passato in Trentino, abbiamo visto che un orso di meno di un anno, anche se è rimasto orfano, può sopravvivere in natura, ma bisogna considerare alcuni aspetti importanti. Prima di tutto questi animali ricevono un lungo apprendistato da parte della madre durante il quale imparano come nutrirsi. Impossibilitato ad apprendere dai suoi simili e, invece, nutrito dagli umani, tenderà facilmente a tornare in ambienti antropici alla ricerca di nutrimento».

Inoltre, molto probabilmente Bubu è un orso nato oltre il confine e questo dettaglio complica ulteriormente la gestione della rimessa in libertà, rischiando così di rallentare le tempistiche dell'intervento: «Abbiamo analizzato la possibilità di liberare l'animale in Slovenia, ma al momento non sembra essere un'opzione possibile – continua Lapini – bisognerà quindi individuare una zona neutra in territorio italiano, in cui i tecnici dell'equipe, dopo aver dotato il giovane orso di radiocollare, potranno eseguire l'operazione».

L'orso in Friuli Venezia Giulia e la soluzione ideale per Bubu

Una delle zone che potrebbero essere prese in considerazione per la liberazione di Bubu è la riva sinistra del fiume Isonzo, nei pressi della riserva naturale dei laghi di Doberdò e Pietrarossa: «Questo territorio rappresenta un'importante connessione ecologica con la Slovenia, dove gli orsi sono una presenza stabile – spiega Lapini – Il carso goriziano e triestino al contrario, rappresenta solamente un luogo di transito in cui 4 o 5 individui giovani si muovono regolarmente verso l'Italia Nord orientale raggiungendo talvolta addirittura il Trentino, prima di tornare sui propri passi per l'accoppiamento oltre confine, dove invece rimangono le femmine, le quali sono estremamente legate al territorio di nascita».

Le ampie distanze coperte da alcuni individui danno un'idea di quanto possa essere vasto l'areale di movimento dei maschi di questa specie e quindi anche cosa possa significare, dal loro punto di vista, la vita all'interno di una gabbia: «La speranza è quella che la regione autonoma Friuli Venezia Giulia, trovi al più presto la soluzione per poterlo reinserire in natura in tempi strettissimi e che la liberazione abbia successo – conclude Lapini – Sebbene si tratti di una decisione complessa che potrebbe generare critiche da parte degli animalisti, credo che dare una possibilità di sopravvivenza ad un animale sia indubbiamente meglio che non provarci nemmeno e obbligarlo così alla reclusione a vita».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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