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17 Gennaio 2024
9:00

Come i cuccioli di animali selvatici imparano a sopravvivere

Come tutti i piccoli, anche quelli di specie selvatiche imparano le regole della sopravvivenza soprattutto stando a contatto con gli altri.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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I meccanismi con cui i piccoli di animali selvatici imparano nozioni e competenze nuove possono variare da specie a specie, ma l’apprendimento è comunque sempre cruciale per garantire che essi possano un giorno sopravvivere da soli. Sebbene imparare sia spesso considerato un esercizio individuale, in natura gran parte dell'apprendimento è sociale, cioè influenzato dalla presenza di conspecifici. Del resto, il vantaggio che un giovane animale, le cui abilità sono ancora poco sviluppate, può trarre dalla conoscenza di individui più esperti è piuttosto evidente.

Quando diverse generazioni sperimentano sfide ambientali simili, è facile che si verifichi un apprendimento sociale verticale, nel quale individui inesperti acquisiscono abilità o conoscenze dai genitori (o da altri adulti). Poiché l'apprendimento sociale verticale promuove lo sviluppo di abilità fondamentali che influenzano la capacità di sopravvivenza degli animali selvatici, come evitare i predatori, trovare cibo e scegliere i/le partner, gli individui giovani spesso lo preferiscono all'esplorazione individuale, come suggerisce la tendenza a evitare i cibi nuovi, se prima non li ha assaggiati un genitore, che mostrano i giovani suricati.

È fondamentale che tali acquisizioni avvengano già nelle prime fasi della vita, quando gli individui sono più vulnerabili, perché piccoli, con scarse abilità motorie e pochissima esperienza.

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Quando però le condizioni ambientali, come il clima, le risorse disponibili, i predatori o le prede, cambiano velocemente, le abilità e le conoscenze trasmesse dai genitori alla prole possono diventare obsolete, e quindi non essere più rilevanti o utili entro il tempo in cui i piccoli raggiungono l'età adulta. Queste circostanze favoriscono l'apprendimento sociale orizzontale, che avviene tra coetanei e può permettere la rapida diffusione di innovazioni, rendendo ad esempio gli individui più bravi a trovare il cibo in nicchie alimentari effimere.

L’apprendimento per imitazione

Nell’apprendimento per imitazione, gli animali inesperti imparano sull'ambiente osservando e imitando le azioni, o le sequenze di azioni, dei conspecifici, che fungono da modelli. È una forma di apprendimento sociale notevolmente comune tra gli uccelli e tra alcuni primati, come gli scimpanzé. È molto complessa, in quanto l'imitazione delle azioni richiede adattamenti neurali che implicano la pianificazione e il coordinamento di schemi grosso-motori, ossia quelli che attivano movimenti relativamente ampi e coinvolgono grandi gruppi muscolari, permettendo, per dire, di camminare e correre, e di quelli fini, più precisi e dettagliati, che coinvolgono piccoli gruppi muscolari e permettono a un animale di manipolare un oggetto con precisione. Sembra inoltre necessaria la presenza di un insieme di altre abilità cognitive avanzate, quali l’auto-coscienza e l’empatia cognitiva.

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L’apprendimento per esplorazione

Gli individui possono anche apprendere attraverso l'esplorazione individuale degli stimoli e delle opportunità presenti nell'ambiente. La motivazione all'acquisizione di informazioni nuove, quella che spinge un animale ad avvicinarsi e esplorare stimoli nuovi in assenza di una prospettiva immediata di ricompensa, è la curiosità.

Negli esseri umani, nei primati e recentemente nei cavalli, la curiosità è stata suggerita come un fattore intrinseco importante che migliora l'apprendimento e le prestazioni nella risoluzione di problemi. Tuttavia, l'apprendimento individuale comporta spesso costi e rischi elevati, in particolare quando include l'esplorazione. Per gli individui più piccoli e giovani, questi costi e rischi possono superare i potenziali benefici, pertanto l'esplorazione di solito non è considerata l'opzione più vantaggiosa.

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Bibliografia
Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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