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19 Gennaio 2023
11:23

Come fa l’echidna a sopravvivere al freddo?

La scoperta potrebbe spiegare come mai questi animali riescono a sopravvivere a temperature proibitive che metterebbero in difficoltà tante altre specie.

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Gli echidna, in quanto monotremi, sono tra gli animali più insoliti al mondo. Ricoperti di spine e dotate del loro caratteristico muso a punta, spesso vengono considerati analoghi ai ricci europei, per quanto presentano ovvie differenze legate al loro stile di vita e alla loro riproduzione ovipara. Infatti, storicamente hanno da sempre attratto la curiosità degli scienziati, in quanto fra i pochi mammiferi esistenti ad essere ancora capaci di deporre le uova. Recentemente però gli zoologi hanno scoperto una nuova curiosità che potrebbe rendere la specie ancora più bizzarra, agli occhi della ricerca e del pubblico.

Sono tanti gli animali che si ricoprono il loro corpo di fluidi per mantenere sotto controllo le temperature. Ci sono, per esempio, animali come gli elefanti che si riversano quantità notevoli di acqua e fango o specie come la nostra che riescono a produrre secrezioni – il sudore – che svolgono il ruolo di termoregolatrici, evaporando all'aria aperta. E l'echidna si può considerare una di quest'ultime.

A differenza però degli esseri umani, secondo uno studio pubblicato su Biology Letters lo scorso 18 gennaio, l'echidna dal becco corto (Tachyglossus aculeatus) non rilascerebbe il sudore che noi tutti conosciamo, ma produrrebbe una sorta di moccio dal naso, che gli garantirebbe di mantenere umido il muso che è la parte più esposta del suo corpo alle variazioni di temperatura dell'aria.

Utilizzando infatti la termografia a infrarossi, gli scienziati australiani Cristina Elisabetta Cooper e Philip Carew Withers hanno notato come la punta umida del loro muso, che presenta un importante seno ricco di canali sanguigni, funziona come quello che gli esperti definiscono un globotermometro a bulbo umido, con cui si ricava l'umidità assoluta di un ambiente. Tale punta del naso massimizza in pratica la perdita di calore per evaporazione del moccio, che sfrutta la finestra evaporativa rappresentata dalle narici. E per farlo l'animale cosparge il proprio muso di bolle durante le ore più torride e pericolose della giornata.

«Già da tempo altri scienziati (Barker et al 2016, ndr) hanno osservato l'echidna che soffiava bolle dalle loro narici con la presenza delle alte temperature» affermano Cooper e Withers all'interno del loro articolo. «Gli stessi hanno ipotizzato che ciò migliori l'EHL (la capacità della perdita di calore per evaporazione). Noi abbiamo osservato che le bolle vengono prodotte proprio dietro le narici dove il seno sanguigno dorsale ha il suo volume massimo di sangue».

In principio, le prime indagini che vertevano sullo studio della fisiologia della specie hanno portato gli scienziati a credere che la bassa tolleranza termica degli echidna fosse la conseguenza della loro incapacità di perdere con facilità il calore in eccesso, causata della loro incapacità di sudorazione, come nell'ansimare o regolare la proprio vasodilatazione. Questo ovviamente ha condotto i ricercatori a volere approfondire meglio la presenza di umidità sulla punta del loro muso, che dalle telecamere ad infrarossi risultavano spaventosamente più fredde del resto del corpo.

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I risultati di questa indagine – che ai più può sembrare anche leggermente disgustosa – ha portato a scoprire il "trucco" del muco nasale, che da una parte può anche proteggere gli animali dall'attacco della polvere sollevata nel terreno estivo.

Come è possibile vedere bene nell'immagini ad infrarosso, le parti più calde dei corpi degli echidna risaltano per le loro tonalità di arancione, rosso e giallo. Le parti invece più fredde, che sono protette dal caldo o fungono da finestra evaporativa, sono invece in viola scuro. E fra queste è possibile ben vedere le zone d'umidità rilasciate dalle bolle di moccio che evaporano.

«Gli echidna hanno una serie di strategie termoregolatrici più sofisticate di quanto sia stato generalmente apprezzato» concludono i ricercatori. «Queste strategie fisiologiche spiegano le osservazioni che presentano l'echidna come una delle specie più attive per una finestra molto più ampia di condizioni termiche rispetto a quanto riportato in precedenza. Questi dati ci permettono di capire i meccanismi che gli permettono di sopravvivere a temperature superiori ai loro presunti limiti letali. Senza di essi e senza il moccio, l'echidna non potrebbe abitare in tutti gli habitat terrestri del continente australiano». Per quanto il moccio possa far provare disgusto a noi esseri umani.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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