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13 Gennaio 2023
9:00

Carnotauro, il dinosauro toro del Cretaceo

Il carnotauro è un genere estinto di dinosauro carnivoro, vissuto durante il tardo Cretaceo nel territorio che oggi costituisce la pampa argentina. Il suo nome significa "toro mangiatore di carne" e richiama la sua caratteristica principale, ovvero le due corna sul cranio. Alto fino a 3 metri, predava animali di piccole e medie dimensioni, ma anche dinosauri sauropodi.

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Il carnotauro è un genere estinto di dinosauri teropodi che visse nel tardo Cretaceo, dai 72 ai 66 milioni di anni fa circa, durante il piano del Maastrichtiano. Era un ceratosauro appartenente alla famiglia degli abelisauridi ed era uno dei dinosauri carnivori che dominava il territorio che oggi costituisce la pampa argentina.

Molto più piccolo del tirannosauro, che sarebbe comparso di lì a poco in Nord America, sul finire dell'era Mesozoica, il nome del carnotauro (che significa "toro mangiatore di carne") riporta la sua caratteristica principale, ovvero essere dotato di due protuberanze cornee nel cranio, simili alle corna dell'attuale toro.

Lungo all'incirca 9 metri ed altro fino a 3, il carnotauro probabilmente si era adattato per predare animali di piccole e medie dimensioni, per quanto non si possa escludere che potesse attaccare anche prede molto più grandi di lui, come i sauropodi.

Caratteristiche del Carnotauro

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Osservando i resti del carnotauro, si nota che il suo cranio era differente rispetto a quello di molti altri predatori dello stesso periodo. Lunga infatti solo 55 centimetri, con una mascella "schiacciata" che ad alcuni paleontologi ricorda il muso di un Pitbull, la testa del carnotauro era sì più corta, ma anche più alta rispetto al cranio di altri dinosauri carnivori suoi contemporanei, come il tarbosauro in Asia. Questo è spiegabile osservando meglio il mascellare e il premascellare del carnotauro,  che si erano sviluppate in altezza per permettere alla bocca di avere una maggiore apertura.

La bocca del carnotauro impattava infatti contro la carne della preda più come un'accetta che come un classico morso da rettile. Invece di dilaniare le carni, trattenendo la preda e sfruttando il lavoro dei denti, simili a quelli di una motosega, il carnotauro tramite un movimento fulmineo del suo potente collo per sferrare un attacco specifico al suo obiettivo,  sfruttando le corte dimensioni della sua bocca per penetrare in profondità oltre i primi strati di pelle e muscoli della sua vittima. Ad aiutarlo in questo compito, i suoi denti erano molto più piccoli e appuntiti rispetto a quelli degli altri predatori, per quanto mantenessero la forma a "lama di coltello" per essere affilati sui entrambi i lati.

Per quanto riguarda invece le corna che portava appena sopra le orbite, gli studiosi ritengono che costituissero un'arma rituale o uno strumento di attacco e di difesa nei confronti dei conspecifici. Potevano infatti essere adoperate durante la stagione degli amori, per accedere al diritto di accoppiarsi con le femmine, o venire impiegate in veri e propri scontri, in maniera similare ai palchi dei cervi moderni. Inoltre si suppone che potessero essere utilizzate anche durante la caccia, con delle testate che durante la corsa potevano sbilanciare la preda per ferirla e farla cadere a terra.

La colonna vertebrale invece era dotata di una caratteristica propria del genere. Le spine neurali di ogni vertebra sono molto ridotte, mentre i processi laterali sono di grandi dimensioni.Questa caratteristica sarebbe riconducibile alla potenza del morso, di cui abbiamo fatto riferimento prima. Avrebbero infatti consentito l'aggancio di muscoli molto forti e spessi che permettevano al collo e al cranio dell'animale di effettuare quei movimenti rapidi e decisi sfruttati dall'animale durante la caccia. In particolare, avrebbero concesso al carnotauro durante il morso di sollevare la testa verso l'alto e poi di calarla ad altissima velocità ed energia, con la conseguenza che il cranio dell'animale doveva essere particolarmente robusto per resistere a questi attacchi.

Le braccia dell'animale invece erano piuttosto ridotte, come quelle della maggioranza dei teropodi, per quanto non così minuscole come quelle del T rex. Non ci deve però sorprendere. Secondo il parere di alcuni paleontologi, come Andrea Cau, le braccia di tutti gli abelisauridi come quelli di buona parte dei teropodi di notevoli dimensioni erano completamente inutili e prive di funzionalità. Questo li avrebbe portato ad avere più delle strutture vestigiali, che delle braccia vere e proprie. La coda dell'animale invece era lunga – rappresentava metà della lunghezza dell'intero animale – ed era perfetta per il bilanciamento del peso durante la corsa.

Il fossile di carnotaurus che i paleontologi hanno inoltre ritrovato in Argentina dispone anche di alcune impronte cutanee conservatisi in diverse aree del corpo, fra cui il cranio, la pancia e la schiena, soprattutto nel lato destro. Per questo sappiamo che il carnotauro era ricoperto da borchie appuntite al centro che distava l'uno dall'altra di 10 centimetri. Non si sa se queste borchie fossero proprie dell'animale o fossero il frutto di qualche patologia che aveva colpito le squame dell'animale, ma sicuramente gli davano un aspetto terrificante e rendevano più spessa la sua pelle, tanto che in alcune rappresentazioni artistiche sembra quasi voler incutere paura allo spettatore.

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Il carnotauro nel primo Jurassic World

Abitudini e comportamento

Il carnotauro era un cacciatore attivo. Visto inoltre che era un predatore dalle grandi dimensioni, molto probabilmente era un animale solitario, dedito alla caccia da agguato e poco resistente nella corsa.  Visto che non poteva trattenere il morso molto a lungo nella carne della predatore, il suo stile di caccia per le prede di grandi dimensioni era probabilmente legato allo shock che provocavano i suoi morsi. Le vittime infatti morivano dissanguate per colpa della violenza e dell'improvvisa emorragia indotta dai suoi morsi corti ma caricati e secondo alcuni studiosi, che hanno analizzato l'articolazione del suo cranio con la prima vertebra post- craniale, l'atlante, il carnotauro era uno dei pochi predatori mesozoici capace di voltare la testa quasi in ogni direzione, come fanno oggi determinati uccelli fra cui gli strigiformi. Questo permetteva al predatore di sapersi guardare meglio attorno e di sferrare il proprio morso da ogni direzione possibile.

Non sappiamo invece se le popolazioni di carnotauro preferissero utilizzare le corna durante la stagione degli amori più come arma o come "biglietto da visita" del loro stato di salute e sociale. Oggi, gli animali dotati di armi simili raramente sfruttano le corna con il contatto fisico, a causa dell'eccessiva energia richiesta per produrli. Gli stessi tori o i cervi di cui abbiamo già fatto riferimento infatti usano i loro palchi e le corna più per intimidire l'avversario che per affrontarlo corpo a corpo. In maniera simile, il carnotauro poteva sfruttare i suoi corni principalmente per impressionare le femmine e incutere terrore nei giovani maschi, oltre che per sferrare gli attacchi durante eccezionali scontri.

Specie e storia della scoperta

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Il genere dei carnotauri contiene una sola specie: Carnotaurus sastrei, conosciuto attraverso un unico scheletro ben conservato.

Carnotaurus è conosciuto difatti per un unico scheletro (l'olotipo MACN-CH 894) che è stato riportato alla luce nel 1984 da una spedizione in una fattoria chiamata "Pocho Sastre" nei pressi di Bajada Moreno. Lo scavo era guidato dal paleontologo argentino José Bonaparte e lo scheletro apparteneva ad un individuo adulto. È stato possibile affermare ciò poiché all'età della morte dell'individuo le suture della scatola cranica erano fuse.

Visto che le rocce che incorporavano l'animale erano di un grande blocco di ematite, l'estrazione del fossile e la sua  preparazione son state molto complicate. Al momento della presentazione al pubblico e della classificazione. Bonaparte assegno il nome specifico, sastrei, ad Angelo Sastre, il proprietario del ranch dove lo scheletro è stato trovato La descrizione completa però dello scheletro completo arrivò solamente nel 1990.

L'olotipo oggi si trova nel Museo Argentino di Scienze Naturali Bernardino Rivadavia, a Buenos Aires, mentre le sue repliche sono state esportate ed esposte in molti altri musei di tutto il mondo.

Il carnotauro nella cultura di massa

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Il carnotauro è uno degli ultimi predatori che è stato introdotto nella serie cinematografica di Jurassic Park, comparendo solo nel 2015 all'interno di Jurassic World.

La prima apparizione del Carnotaurus in ambito cinematografico però è avvenuta nel 2000, all'interno del classico Disney in computer grafica Dinosauri.  In questo film gli antagonisti sono due carnotauri, che vogliono predare ed uccidere il protagonista interpretato da un iguanodonte.

Nel mondo dei videogiochi, il carnotauro compare nella serie Jurassic World Evolution, mentre per quanto riguarda i cartoni animati compare anche all'interno della serie Alla Ricerca della Valle Incantata nel film del 2016 "Alla ricerca della valle incantata – Il viaggio dei coraggiosi".

Infine, per quanto riguarda i documentari, il carnotauro è protagonista di una puntata della serie Apple Tv "Il Pianeta Preistorico", dove gli animatori hanno ricreato una scena di combattimento fra due maschi.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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