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20 Febbraio 2023
12:33

Biodiversità urbana: il primo studio sull’avifauna di Palermo

Uno studio che ha coinvolto alcuni docenti e studenti palermitani ha permesso di valutare la grandezza della biodiversità urbana degli uccelli nel capoluogo siciliano, presentando anche una guida pratica per coloro che vogliono ascoltare o vedere queste specie fra le mura dei palazzi e le fronde dei giardini.

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L'antica pianura della Conca d'Oro, dove oggi sorge la città metropolitana di Palermo, è da sempre stata una meta molto apprezzata da parte dei naturalisti e dei turisti europei, per via del suo clima e del numero elevato di specie che era possibile incontrare poco lontano dalle mura. Già gli arabi partivano all'alba dell'anno mille dall'Africa o dall'Asia minore in direzione della Sicilia, per godere dello spettacolo dei suoi giardini e delle sue preziose aquile. E fu lo stesso Goethe a definire il panorama della città, vista dall'alto di Monte Pellegrino, come lo spettacolo più meraviglioso del pianeta. «Chi ha il visto il cielo di Palermo non potrà più dimenticarlo – soleva di fatto affermare il filosofo e poeta tedesco, nel suo "Italienische Reise". – L’Italia, senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È qui che si trova la chiave di tutto».

Per quanto il sacco di Palermo abbia però notevolmente ridimensionato la fama del capoluogo siciliano come luogo vocato al turismo naturalistico, ancora oggi la città presenta un gran numero di aree naturali e semi – naturali che si presentano agli occhi del visitatore come piccoli scrigni di elevata biodiversità. Sembra perciò strano come nell'epoca della riscoperta naturalistica delle nostre metropoli, a differenza di Roma, Napoli o Trieste, il territorio palermitano non abbia ancora subito un processo di rivalutazione da parte degli stessi suoi cittadini, per quanto i zoologi e i biologi ambientali locali si stiano adoperando per far sì che Palermo venga celebrata anche per via della generosa biodiversità che ospita.

Per risolvere in parte questo conflitto, una equipe di rinomati zoologi e di giovani leve dell'Università degli studi di Palermo (Daniela Campobello, Ettore Zaffuto, Sara Chiarello, Simone Costa e Bruno Massa) ha effettuato durante gli scorsi anni – dal 2019 fino al 2022 – uno studio approfondito dell'avifauna urbana della metropoli, che per quanto possa sembrare strano ai non addetti ai lavori, non è così povera come si può ingenuamente credere.

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Il falco pellegrino ha colonizzato numerose città in tutto il mondo

Il progetto ha raccolto infatti il conteggio di oltre 200 specie di uccelli presenti sul territorio palermitano, delle quali poco più di 70 sono quelle principali, tra cui molte specie canore. Un buon numero, considerando che si tratta di avifauna che abita all'interno di una città di 159 chilometri quadrati e 630.170 abitanti. Per fare un relativo confronto, dai dati raccolti dal WWF per la città di Roma, che presenta una dimensione notevolmente maggiore e un maggior numero di zone alberate, la capitale italiana avrebbe un numero inferiore di specie di uccelli rispetto a Palermo all'interno del suo territorio comunale, circa 121.

Lo studio era partito da alcune indagini preliminari che sono stati compiuti presso alcune delle aree forestate più importanti della città (l'Orto botanico e Villa Trabia), i cui risultati erano stati presentati nel 2019 presso il XX Convegno italiano di ornitologia (CIO), per poi espandersi in altre aree della metropoli che hanno coinvolto anche la maggioranza delle riserve naturali ivi presenti, fra cui la RNO Monte Pellegrino, e il percorso del fiume Oreto. Come base, gli scienziati palermitani hanno anche sfruttato il database personale di Bruno Massa, noto ornitologo ed entomologo di stanza all'università di Palermo, che dal 1980 fino al 2020 ha raccolto osservazioni e compiuto diverse campagne di studio sulla fauna urbana della città.

I risultati complessivi prodotti da questo lavoro devono ancora essere pubblicati, ma ad essere uscita per prima, come forma di compimento di tutti gli sforzi, è la prima guida ufficiale dell'avifauna urbana di Palermo, pubblicata da Palermo University Press, il gruppo editoriale dell'Università di Palermo. Un testo molto importante, in quanto è il primo per la città che si rivolge direttamente al pubblico (il precedente studio dell'avifauna urbana di Palermo risaliva in effetti agli anni 70 ed era uscito presso una rivista scientifica con una diffusione limitata).

Il capoluogo siciliano infatti era rimasta fra le poche metropoli italiane a non avere una guida pratica moderna e recente per tutti gli appassionati birdwatcher e tra le sorprese di cui è possibile godere in questa guida c'è la presenza dell'Usignolo di fiume (Cettia cetti), che a Palermo è molto difficile da vedere, ma di cui è possibile ascoltare spesso il canto, in alcune aree selezionate.

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Sono però anche altre le specie presenti nella guida che è possibile osservare, in una delle città che – ricordiamo – viene maggiormente riconosciuta all'estero per il suo traffico e per la cattiva gestione della sua urbanizzazione. Abbiamo per esempio l'aquila minore (Hieraaetus pennatus), come l'airone cenerino (Ardea cinerea) e il fanello (Linaria cannabina), che si trovano e nidificano all'interno dei parchi della città e a pochi metri dalle strade asfaltate. Inoltre è possibile anche vedere il gheppio (Falco tinnunculus) o il falco pellegrino (Falco peregrinus) sopra le vie principali del capoluogo, in quanto nidificano in molti palazzi della città. Ed ancora ci sono anche il succiacapre (Caprimulgus europaeus) e il lucherino (Spinus spinus).

«Le pagine di questa guida – afferma Simone Costa, uno degli autori, commentando l'uscita dell'opera – saranno utili per tutti coloro che desiderano scoprire la città di Palermo sotto un diverso punto di vista. Anche perché dobbiamo sempre ricordare che Palermo ha come patrona Santa Rosalia, che fra tutte è quella che è stata proposta come Patrona universale della Biodiversità».

Il riferimento alla patrona cristiana della città non esce a sproposito. Da molti anni infatti alcuni accademici palermitani stanno cercando di far rivalutare l'importanza biologica del loro territorio, proponendo la propria santa come simbolo della lotta contro la perdita delle specie. L'origine di questo intento scaturisce da un importante evento storico, che spesso al di fuori dell'isola si tende a non conoscere o a sottovalutare.

Nel 1956, il padre della ecologia e della limnologia moderna, G. E. Hutchinson, fece una visita a Palermo dopo aver ricevuto un invito da parte dei suoi colleghi italiani. All'epoca i suoi studi vertevano molto sulla quantificazione del valoro ecologico delle specie e un po' per divertirsi e un po' per riflettere sul prosieguo delle sue ricerche una volta tornato in America, decise di spingersi sopra monte Pellegrino, nei pressi del Santuario della santa patrona di Palermo, conscio che lì potesse esplorare un poco da solo la natura ivi presente.

Giunti al cosiddetto Gorgo di Santa Rosalia, che dista pochi metri dalla scalinata che porta al santuario, Hutchinson fece probabilmente la più grande scoperta della sua vita, una di quelle che ti permette di annoverarti fra i grandi della biologia assieme a Darwin e a Wallace.

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Il Gorgo di santa Rosalia, simbolo di Biodiversità a livello mondiale  

Presso il gorgo, che annualmente si prosciuga, lui trovò due specie simili del genere Corixa, dei semplici insetti acquatici. Mentre rifletté su quanto fosse strano il trovare due specie così simili all'interno di una pozza d'acqua più piccola di una piscina olimpionica, Hutchinson fu colpito dalla peculiarità del posto, dal canto degli uccelli che all'epoca cantavano presso il monte, dall'enorme numero di forme di vita che sguazzavano all'interno dell'acqua e fu lì che ebbe l'idea per la definizione di due concetti d'importanza fondamentale, per le scienze della vita moderne.

Tornato in patria, portandosi con sé i campioni prelevati a Palermo, tra cui i due insetti del genere Corixa, Hutchinson cominciò a elaborare nuove tipologie di ricerche, una nuova idea di ecologia, che gli permisero da una parte di scrivere un articolo – presso The American Naturalist – che elogiava proprio l'ecosistema di Monte pellegrino (Homage to Santa Rosalia or Why Are There So Many Kinds of Animals?), ma dall'altra lo condussero a formulare prima il concetto moderno di Biodiversità e poi di nicchia ecologica.

Per questa ragione gli zoologi palermitani desiderano ricordare la storia di Hutchinson e celebrare la santa come patrona della biodiversità. Indicherebbe un cambiamento di paradigma, dove gli stessi cittadini si riprendono il controllo del loro territorio, dopo decenni di cementificazioni e di soprusi, nel tentativo di valorizzare il meglio che la Conca d'Oro e le montagne che circondano Palermo possono offrire.

«La città è ricca di vita e di specie che per anni siamo stati abituati ad ignorare – concludono gli studiosi che hanno effettuato il primo studio dell'avifauna urbana di Palermo dopo molti anni – Ora bisogna ricominciare ad apprezzare la convivenza con gli altri esseri viventi e la proposta della nostra guida è sola la prima fra le tante che permetteranno di avvicinare la cittadinanza ad una natura che non è perduta, ma che si è solo nascosta».

Quali sono però alla fine le principali aree verdi che sono state setacciate nel corso di questo studio? Trattasi del Parco della Favorita, all'interno della RNO Monte Pellegrino, uno dei parchi urbani più grandi d'Europa, della Foce del Fiume Oreto, di Villa Trabia e dell'Orto botanico. Ed ancora, di Villa Giulia e Villa Malfitano Whitaker, preziosa villa di stile Liberty che era di proprietà della famiglia del famoso ornitologo Joseph Isaac Spadafora Whitaker, del Parco Piersanti Mattarella, già Giardino Inglese, e del Parco Uditore. 

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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