video suggerito
video suggerito
15 Marzo 2024
17:42

Allevamento coinvolto nel traffico di cuccioli dall’Est Europa: anche vip avevano preso il cane lì

Vendevano cuccioli provenienti dall'Est Europa spacciandoli come cani di razza, soprattutto Bouledogue francesi e Barboncini, separandoli prima del tempo dalle loro madri e truffando persone da tutta Italia, compresi volti noti e sportivi. È il giro criminale scoperto dall'operazione Fillossera dei Carabinieri.

718 condivisioni
Immagine

Vendevano cuccioli provenienti dall'Est Europa spacciandoli come cani di razza, soprattutto Bouledogue francesi e Barboncini. Si tratta di un noto allevamento di Nitra, in Slovacchia, chiamato “I cuccioli di Carlotta”.

I reati contestati dalla pm della Procura di Ravenna, Marilù Gattelli, sono associazione per delinquere a carattere transnazionale finalizzata al traffico illecito di cuccioli e frode in commercio essendo stati venduti a prezzi altissimi cuccioli come se fossero di razza, ma in realtà privi di valore commerciale. Le operazioni sono state svolte dal Raggruppamento Carabinieri Cites Soarda, dal Nucleo C.C Forestale Ravenna e dalla Squadra Mobile di Ravenna con la collaborazione del Nucleo CC. Cites di Napoli.

Sei gli ordini di cattura in esecuzione in queste ore nei confronti di cittadini italiani e stranieri, alcuni dei quali residenti o domiciliati all’estero, con la collaborazione del servizio di Polizia slovacca. I gestori per promuoversi sfruttavano volti noti dello sport, dello spettacolo e dei social, i quali hanno prestato inconsapevolmente il loro volto all'allevamento, facendo così crescere il prezzo di acquisto dei cuccioli che, secondo gli inquirenti, sarebbe arrivato a superare anche i 3.000 euro.

Immagine

Tra i vip finiti sulle pagine social de "I cuccioli di Carlotta" c'è anche la cantante e conduttrice Anna Tatangelo che dall'allevamento aveva portato a casa una Barboncina.

Immagine

Le indagini hanno accertato che tutti i cani venduti come esemplari di razza a prezzi esorbitanti agli ignari acquirenti erano in realtà meticci in quanto privi di pedigree.

Acquistare un animale non è mai la scelta giusta, però è legale. Il cane nell’ordinamento italiano è considerato una res, un oggetto che come tale può essere venduto e acquistato liberamente.

Esistono però dei criteri definiti a norma di legge per garantire la tracciabilità dell'animale e anche le sue buone condizioni. Quando parliamo della correttezza della vendita di questi animali, quindi, non stiamo facendo un invito, ma è necessario spiegare perché l’esistenza di certe regole ha un senso nel sistema in cui viviamo. Nessun essere vivente dovrebbe essere mercificato, ma non possiamo ignorare la differenza tra i circuiti legali e illegali.

Vendere un cane come se fosse di razza quando non lo è rappresenta un illecito punito dal Codice del Consumo con multe che vanno dalle centinaia alle migliaia di euro. Lo stesso articolo che sanziona chi vende un telefono o un elettrodomestico non di marca, spacciandolo come tale punisce anche chi vende un cane proponendolo come Bouledogue o Barbocino quando non ha il pedigree. I cani senza pedigree possono essere venduti in Italia, ma non come se fossero di razza, altrimenti si tratta di una vera e propria truffa.

Nel nostro Paese è l'Enci (Ente nazionale cinofilia Italiana) l'unico ente abilitato per legge a emettere  pedigree legittimi, e solo il pedigree Enci in Italia può certificare il cane come di razza; nessun altro ente o associazione può rilasciare in Italia pedigree aventi valore legale.

I cuccioli venduti in questo caso appartenevano per lo più a una inesistente «variante esotica» costituita da colorazioni del manto grigio, blu, lilac, pubblicizzata per attrarre l’ignara clientela: colorazioni che non sono ammesse dallo standard di razza fissato dalla Federazione Cinologica Internazionale e per le quali sarebbe stato impossibile ottenere un qualunque pedigree legittimo in ambito comunitario. Inoltre, alcune colorazioni del mantello determinano anche malattie genetiche nei piccoli Bouledogue, e per questo sono escluse dallo standard.

Per fare apparire i cuccioli come di razza e invogliare gli acquirenti, in Campania era stata creata una «associazione illegale», scrivono i Carabinieri, che si proponeva come parallela all’Enci, e che forniva certificati di “pedigree ICBD – Club Italiano Cani di Razza”, privi di qualunque valore legale. Si pubblicizzavano inoltre come parte del “Kennel Club WDF”, un'associazione anche questa inesistente. Venivano rilasciati attestati autoprodotti che promettevano agli acquirenti dei cuccioli la falsa garanzia del riconoscimento della razza, nonché la possibilità di partecipare a manifestazioni di livello mondiale, alimentando il mercato illegale dei cuccioli e «ingannando platealmente, ma senza indugio alcuno, una schiera infinita di clienti, anelli finali di una lunga filiera che fa dell’animale una merce… non solo, ancora, ambendo a proporsi quale alternativa ai canali ufficiali della cinofilia… confondendo per anni il mercato», si legge nell'ordinanza del Gip.

Ancora il Gip nell’ordinanza evidenzia i problemi in termini di benessere animale legati al commercio di «cuccioli piccolissimi, sottratti anzitempo alle fattrici». I piccoli infatti non potrebbero essere separati dalla madre, tanto mento affrontare un viaggio impegnativo come quello tra Slovacchia e Italia, eppure lo facevano grazie a un «veterinario slovacco che illecitamente consegnava i passaporti in bianco e i microchip irregolari privi della indicazione effettiva dello Stato di origine,  la compilazione dei passaporti, recanti date e nomi falsi di fantasia,… l’ indicazione di vaccinazioni antirabbica fatte il giorno prima della partenza», con conseguente possibile e pericolosa importazione intracomunitaria di cani  sforniti della obbligatoria copertura antirabbica.

Quello del traffico di cuccioli provenienti dai Paesi dell'Est Europa è un business criminale che si intensifica nelle settimane che precedono il Natale, quando migliaia di cagnolini si preparano a diventare delle vere «bombe a orologeria sotto l'albero», come raccontiamo nella video-inchiesta di Kodami.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
Sfondo autopromo
Segui Kodami sui canali social
api url views