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23 Ottobre 2022
18:00

Vittoria per l’ICE “Stop Finning EU”: superato il milione di firme per fermare il massacro degli squali

L’iniziativa dei cittadini europei per proibire nel territorio dell’Unione il commercio di pinne di squalo è arrivata al traguardo: è stato raccolto più di un milione di firme valide, con quasi tutti i paesi che hanno raggiunto la soglia minima fissata.

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Sono state ultimate le verifiche sulla validità delle firme raccolte in tutta Europa ed è ormai certo che l’iniziativa dei cittadini europei per proibire nel territorio dell’Unione il commercio di pinne di squalo sia arrivata al traguardo.

I requisiti richiesti dalla Comunità Europea per convalidare l’ICE prevedono che i proponenti raggiungano due condizioni: la raccolta di un milione di firme valide in tutto il territorio comunitario e il superamento della soglia minima di richiedenti in almeno sette Stati dell’Unione.

Il numero complessivo è stato raggiunto, essendo stato superato il milione di sottoscrizioni con la raccolta di 1.204.722 firme totali. Le firme raccolte, certificate come valide, sono state 1.119.996, con quasi tutti i paesi che hanno raggiunto la soglia minima fissata. Ora la Commissione Europea dovrà tenere presente le richieste avanzate dal comitato promotore dell’iniziativa che chiede all’Europa di impegnarsi attivamente per impedire che gli stati membri possano commercializzare pinne di squalo.

All’interno dei confini della Comunità Europeo lo spinning o "spinnamento" è proibito e gli squali pescati, appartenenti alle specie consentite, devono obbligatoriamente essere sbarcati con le pinne ancora attaccate al corpo. Questa misura, adottata nel 2013, è stata voluta proprio per evitare la pratica che consiste nel taglio delle pinne dagli squali appena pescati, che quasi sempre vengono poi rigettati in mare, dove annegano fra atroci sofferenze non potendo nuotare.

La ragione di questa pratica crudele sta nel voler impedire in caso di controllo il riconoscimento delle specie oggetto di pesca. Una pinna senza il suo "legittimo proprietario" diventa infatti difficile da identificare, impedendo così tutte le verifiche del caso, che potrebbero essere, a questo punto, eseguite solo attraverso le analisi del DNA, lunghe e costose.

Per questo con il Regolamento 605/2013 la UE ha dichiarato illegale lo spinnamento praticato nelle acque di pesca comunitarie, riconoscendo la necessità di tutelare gli squali che sono una componente importantissima, come superpredatori, per mantenere gli equilibri degli ecosistemi marini.

Nonostante regolamenti e divieti l’Unione Europea rappresenta comunque il principale polo commerciale della vendita di pinne di squalo e di razze pescate anche con metodi illegali nella Comunità ma importate lecitamente per essere commerciate.

L’iniziativa dei cittadini europei  chiede dunque alla Commissione il divieto assoluto di importazione, commercializzazione e esportazione delle pinne di squalo verso paesi extra comunitari che rappresentano i principali mercati per le pinne di squalo, molto richieste nella cucina e anche nella medicina orientale. Un fatto che unito alle altre situazioni di sovrapesca  sta conducendo gli squali sulla strada dell’estinzione. Se questo mai dovesse accadere significherebbe il completo stravolgimento degli equilibri marini, così importanti per la vita sul nostro pianeta, ma non altrettanto valorizzati quanto quelli terrestri.

Secondo il comitato organizzatore di Stop Finning «solo nel 2016, la Spagna ha ufficialmente sbarcato 53.000 tonnellate di verdesca, pari a circa 1,75 milioni di animali. Nonostante la crescente minaccia, ad esempio, la cattura totale di verdesche nell’Atlantico si è quasi raddoppiata dall’inizio del millennio. Inoltre, altre specie di squali, alcune delle quali sono più minacciate, come lo squalo mako a pinna corta e lo smeriglio, vengono cacciate in Europa».

Il valore delle verdesche pescate non è legato, come fattore principale, al profitto ricavato dalla vendita della carne ma a quello delle pinne. Se venisse vietata l’esportazione di pinne di squalo verso i paesi orientali, la pesca di molte specie diventerebbe così antieconomica e questo porterebbe ad una minor pressione sugli squali.

Solo il divieto generalizzato può agevolare i controlli, consentendo, proprio come è avvenuto per l’avorio, di creare reti efficaci per il contrasto al commercio illegale. Bisogna infatti considerare che i controlli effettuati in mare aperto sono davvero sporadici e la maggior parte delle verifiche avviene nei porti di sbarco. In questo modo si agevola la pesca illegale e il trasbordo delle pinne fra pescherecci in alto mare, che battendo bandiere di paesi estranei alla Comunità possono poi commercializzare legalmente le pinne all’interno della Comunità.  Pochi Stati, infatti, hanno adottato una legislazione basata sul principio Fins Naturally Attached (ad esempio USA, Canada, India, Sudafrica), imponendo che lo sbarco delle pinne di squalo possa avvenire solo se si trovano ancora attaccate al corpo.

Per questo la vittoria ottenuta dal Comitato che ha proposto questa ICE diventa particolarmente importante, considerando anche che gli squali hanno molti meno difensori di altre specie animali, considerate più iconiche ma con altrettanta importanza per la biodiversità dei grandi predatori marini.

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Ermanno Giudici
Esperto in diritti degli animali
Mi occupo di animali da sempre, ricoprendo per oltre trent’anni diversi ruoli direttivi in ENPA a livello locale e nazionale, conducendo e collaborando a importanti indagini. Autore, formatore per le Forze di Polizia sui temi dei diritti degli animali e sulla normativa che li tutela, collaboro con giornali, televisioni e organizzazioni anche internazionali.
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