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23 Gennaio 2024
16:58

Visoni invasivi catturati con trappole che non li uccidono: il progetto in Inghilterra

Dopo diversi tentativi, i biologi della conservazione hanno trovato un metodo che permette di catturare i visoni invasivi dalle comunità naturali.

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I visoni americani (Neogale vison) sono stati introdotti in tutto il mondo per l'elevato valore delle loro pellicce e per il loro impiego nell'industria tessile. Dopo essere però sfuggiti dagli allevamenti e aver procurato diversi danni ambientali, sono nati diversi progetti di contenimento allo scopo di eradicare la specie dai luoghi che non facevano parte del suo areale naturale. Fra queste territori c'era l'Anglia orientale, una delle più importanti regioni storiche dell'Inghilterra, che tramite l'impiego di alcune trappole è riuscita a liberarsi di questa specie aliena in maniera efficace e senza provocare la morte agli esemplari catturati.

Il modo con cui i biologi del Waterlife Recovery Trust – l'associazione ambientalista che si è impegnata nell'opera di controllo della specie –  sono riusciti a liberarsi di questi animali, senza procurargli nessun danno, è abbastanza semplice e intuitivo. Insieme ad alcuni volontari, hanno cominciato a produrre in serie delle trappole speciali, che disponevano di un dispositivo che inviava un messaggio SMS ai ricercatori ogni qual volta la trappola scattava. Queste trappole inviavano persino il battito cardiaco dell'animale, così da confermare che l'esemplare non fosse sfuggito in attesa dell'arrivo dei soccorritori. Per catturare esclusivamente i visoni e limitare il numero di "viaggi a vuoto" dei volontari, le trappole potevano essere inoltre controllate anche a distanza e sono state anche fornite di particolari odori che respingevano tutte le altre specie.

Questi odori venivano prelevati direttamente dalle ghiandole anali dai visoni di sesso maschile e permettevano ad altri esemplari di finire intrappolati. I maschi entravano nella gabbia andando alla ricerca del potenziale competitor, per affrontarlo, mentre le femmine si avvicinavano incuriosite, per il forte odore di natura sessuale.

«Fino a qualche tempo fa non pensavo fosse possibile limitare i danni dei visoni da nessuna parte nel mondo – ha dichiarato Tony Martin, presidente del Waterlife Recovery Trust – Poi ho trovato un rapporto di una piccola isola al largo dell’Estonia, in cui alcuni biologi erano riusciti a "sbarazzarsi" di questi animali tramite questo metodo. Nessuno era però riuscito a compiere la nostra impresa: eliminare del tutto il visone da un'intera regione».

Nel 2020, gli scienziati avevano posto circa 500 trappole in un’area di 6000 chilometri quadrati, non immaginando che avrebbero da subito cominciato a funzionare a pieno ritmo. Il mese scorso, per concludere l'opera di controllo, le trappole sono state invece collocate al confine di quei 6000 chilometri,  nei territorio in cui erano presenti gli ultimi visoni rimasti della regione. Il 15 gennaio scorso il Waterlife Recovery Trust ha infine annunciato di aver concluso il progetto di recupero dei visoni dall'Anglia orientale, proponendosi di continuare il loro progetto in altri regioni della Gran Bretagna.

A seguito infatti di questi risultati, l'agenzia governativa britannica Natural England ha deciso collaborare con il Waterlife Recovery Trust in altre operazioni, con l'obiettivo di liberare l'intera isola dalla presenza di questa specie. «Ora sappiamo che è possibile farlo, se ci mettiamo d'impegno» ha dichiarato Martin, che in precedenza aveva guidato anche lo sforzo di controllo dei ratti dall’isola della Georgia del Sud. Come hanno fatto però i visoni americani a diffondersi così diffusamente e a divenire una vera e propria minaccia per la biodiversità?

Secondo Martin, a causare questa ampia distribuzione del visone americano in Europa e in altre parti del mondo, come il Sud America, sarebbe stato il crollo globale delle vendite delle pellicce. Diversi allevamenti che un tempo infatti esportavano questi prodotti in tutto il mondo cominciarono a liberare questi animali in natura a partire dagli anni Novanta, consapevoli così che avrebbero dovuto pagare costi inferiori al momento di chiudere. Già in tempi non sospetti, tuttavia, i visoni riuscivano a scappare da queste strutture, andando a rifugiarsi in quei luoghi per loro adatti, in cui vivevano delle specie autoctone, come il visone europeo (Mustela lutreola).

Col tempo il visone americano si è dimostrato più resistente e competitivo delle altre specie, andando a causare gravi danni ecologici in tutta Europa e nel Sud America. L'introduzione però di queste trappole, capaci di catturare l'animale in maniera del tutto indolore, sta cambiando completamente la prospettiva del futuro di questa specie. Inoltre ora i biologi sono più consapevoli di poter limitare l'espansione di questo mustelide, senza comprendere per forza l'abbattimento.

Per limitare infatti il ritorno di questi animali nelle aree naturali britanniche e i danni che procurano alla biodiversità locale, gli scienziati del Waterlife Recovery Trust hanno deciso di portare i visoni catturati in varie strutture di captivazione, sparsi per il paese, dove verranno sterilizzati in attesa di essere trasportati in alcune aree naturali recintate o nel loro luogo d'origine: l'America Settentrionale. Il Waterlife Recovery Trust ha optato per questa scelta perché considerata più etica dell'abbattimento e perché ha anche l'intenzione di rendere i futuri recinti completante visitabili dalla popolazione, così da produrre un'economia virtuosa basata sul recupero delle specie aliene.

Tuttavia, qualora per alcuni esemplari non sia invece possibile immaginare un futuro nei recinti o nei centri di recupero, per l'eventuale presenza di malattie o di altre complicazioni gravi, che ne pregiudicano la convivenza con gli altri esemplari, il progetto prevede anche come estrema ratio l'abbattimento, adottando tecniche volte a ridurre al minimo qualsiasi dolore all'animale. I visoni possono infatti anche trasmettere malattie alle specie locali e fungere da vettore per dell'epidemie che colpiscono la fauna selvatica. Considerando questo rischio, gli animalisti del Waterlife Recovery Trust si vogliono tutelare da eventuali polemiche.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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